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La relazione educatore-bambino

Creato il 26 maggio 2011 da Piercesare
La relazione educatore-bambinoSono reduce da una bella mattinata. Con Susanna Mantovani abbiamo tenuto le due relazioni-guida di una giornata di formazione per le insegnanti di scuola dell'infanzia e le educatrici di nido del Comune di Milano,  nell'ambito di un più articolato progetto formativo. Il tema della giornata era la relazione tra educatore e bambino. Susanna lo ha affrontato occupandosi del "dentro" (la sezione, la classe). Lo ha fatto con la proverbiale efficacia comunicativa, la passione che le brilla negli occhi quando si parla di bambini, la smisurata competenza che ne fa su questo tema uno dei massimi esperti a livello internazionale. Io mi sono inserito provando a costruire un quadro complementare a quello della sua analisi. Partendo dalla sua affermazione secondo cui nelle relazioni esistono delle costanti (e delle variabili) culturali ho cercato di restituire un punto di vista interpretativo su quelle tra queste costanti che caratterizzano l'oggi, disegnando un quadro di quel che rispetto alla sezione e alla classe è il "fuori".
Il mio punto di partenza è (stato) un dato, evidente a chiunque si occupi di educazione: sembra che i bambini (ma anche gli adolescenti, i giovani) di oggi siano in qualche modo diversi da come eravamo noi (o anche solo i loro predecessori di 5/10 anni orsono). Più svegli? Più distratti? Più intelligenti? Meno profondi? Meno creativi? Meno obbedienti? Più irrequieti?
Ma è vero? In che misura? E su che base?
Provo a rispondere in tre passaggi:
- una tesi;
- alcune linee di analisi;
- delle piste operative.
1. La tesi
Non sono diversi i bambini, è diversa la società, ma i sistemi formativi sono sempre gli stessi.
Da questa tesi derivano alcune conseguenze:
a) fissarsi sulla "loro" diversità è un alibi per la "nostra" incapacità (come sempre capita quando si gioca il gioco del "noi e loro");
b) fissarsi sulla "loro" diversità innesca meccanismi nostalgici di ritorno a presunte età dell'oro dell'educazione ("non ci sono più i bambini di una volta", "eh, la scuola di una volta sì...");
c) fissarsi sulla "loro" diversità non consente di accettare e vivere il cambiamento.
2. Linee di analisi
Ma dove passa il cambiamento? Quali sono gli elementi che alimentano la percezione di diversità dei bambini di oggi? Ne individuo tre (potrebbero essere di più).
a) La precocità. Va addebitata alla società degli adulti, al venir meno della strada e del cortile (percepiti come poco sicuri e la percezione è spesso sproporzionata rispetto alla sicurezza reale), al fatto che i bambini si interfacciano soprattutto con gli adulti, ne assumono i comportamenti, ne prendono a modello gli stili. Il risultato è l'adultizzazione precoce, il furto dell'infanzia perpetrato ai danni del bambino, che ce se ne renda conto o meno. Ne è immagine eloquente Little Miss America, il programma della televisione americana che nelle ultime settimane mantiene il primo posto nella classifica di Striscia dedicata ai nuovi mostri.
b) La familiarità con i dispositivi tecnologici. I bambini - senza riaddentrarci nella questione dei "nativi digitali" - vivono nella società dell'informazione, una società in cui la diffusione, la naturalizzazione e l'indossabilità dei media li rende sempre più integrati con le pratiche dei soggetti.
Da questa familiarità dipendono altri aspetti della "nuova infanzia":
- velocità esecutiva;
- attenzione distribuita;
- multitasking.
c) La difficoltà a gestire la frustrazione. La nostra è una società dell'abbondanza in cui il disagio è spesso legato all'avere troppo. I bambini di oggi sono vittime del surriscaldamento affettivo (Meirieu) di cui i genitori li circondano, ovvero: iperaccudimento, protezione, difesa d'ufficio, assecondamento. La troppogenitorialità di cui parla Anna Mariani in un suo libro.
3. Proposte educative
Come costruire la relazione di fronte a queste istanze? La risposta passa per la lettura di questi elementi e la individuazione dei bisogni che ne derivano. In sintesi:
a) compensare, disadultizzare, proporre attività e stili di relazione a misura di bambino;
b) garantire continuità (i media devono essere anche in classe, in sezione) ma allo stesso tempo bilanciare, mediare i media, favorire esperienze dirette e outdoor, lavorare sulla natura tattile dei media, un aspetto ch essi condividono con le altre esperienze del bambino;
c) sdrammatizzare, contenere, chiedere al genitore atteggiamenti più equilibrati. Qui incomincia veramente il difficile.

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