Da ateo, razionalista e transumanista, mi spiace dirlo, ma la religione è molto più avanti di noi.
Noi amiamo la tecnologia e la scienza, siamo lucidi, non condizionati dai pregiudizi e dalle fumisterie della superstizione... in quel "trans" di transumanista c'è tutto il nostro amore per il cambiamento, la trasfigurazione, per un tumultuoso e radioso divenire hegeliano nel quale nutriamo una robusta fiducia.
Peccato, però, che abbiamo dimenticato il suffisso "umanista". Di umano nella nostra filosofia c'è ben poco, anzi nulla.
Il transumanesimo parla ad esseri astratti che non hanno paura delle sofferenze e della morte, che non hanno persone care, che non hanno dubbi e tormenti. Insomma, non parla agli uomini.
La religione si.
La religione parla all'uomo nelle sue debolezze e paure, speranze e fragilità, desideri e rancori.
Quando la religione blatera di un aldilà, prende in giro dei gonzi, ma al contempo ha dimostrato di aver inquadrato perfettamente come il più abile dei fotografi, l'animale uomo, nella sua intera, ambigua complessità.
I nostri progetti transumanisti sono ombre di premi di consolazione, che nulla tolgono alle nostre paure più profonde, corrusche ed ancestrali. La paura della morte. La paura di perdere le persone care. La paura del nulla. La paura di scoprirci marionette senza alcun valore che possono essere sbudellate dagli eventi senza che a nessuno importi... così, per caso o per scherzo.
Feuerbach era uno dei più grandi e raffinati critici della religione, ma non era un critico ingenuo:
"Lo scopo di Feuerbach nell'"Essenza del cristianesimo" (1841) non è di condurre una critica al cristianesimo di stampo illuministico, inteso come antireligioso o anticlericale, ossia di ridurlo a un cumulo di menzogne, falsificazioni, errori e superstizioni. Egli invece ritiene che la religione, in particolare quella cristiana, abbia un contenuto positivo che consente di scoprire quale sia l'essenza dell'uomo. Dalle tesi di Schleiermacher, secondo cui la religione consiste nel sentimento dell'infinito, egli trae la conclusione che tale infinito non esprime altro che l'essenza dell'uomo. Nessun individuo singolo contiene in sé quest'essenza nella sua compiutezza, ma ogni uomo ha il sentimento dell'infinità del genere umano. La religione ha un'origine pratica: l'uomo avverte la propria insicurezza e cerca la salvezza in un essere personale, infinito, immortale e beato, cioè in Dio." (fonte: Wikipedia)
Credo che da ciò abbiamo molto da imparare, o che comunque non possiamo ignorarlo. Proprio non possiamo come uomini.
Quando discutiamo ore su ciò che dice De Grey, o sull'ultima scoperta sulle staminali o sulla telomerasi, siamo convinti che stiamo giungendo a grandi passi verso l'immortalità oppure ad una vita immensamente lunga (500-1000 anni).
Ma è semplicemente un monstrum logico, contrapporre una soluzione relativa ad un problema assoluto.
Non si può aprire un ombrello per proteggersi da uno tsunami o riempirsi i polmoni d'aria per fare un'immersione di 5 ore.
Cosa accade, se appena usciti dalla nostra clinica hi-tech che ci ha infuso le staminali ci investe un camion o ci viene un infarto o scivoliamo mentre facciamo una scalata o ci cade il fohn in una vasca e non scatta il salvavita? Ogni anno le auto uccidono più persone delle guerre. E miliardi di sventurati lottano quotidianamente contro la fame... a loro delle scoperte di De Grey non interessa molto.
Una paura assoluta si combatte con progetti assoluti oppure, tanto vale gettare la spugna.
Possiamo illuderci che le staminali scaccino la paura della morte, ma così non è. E della zoppia della nostra consolazione di plastica ce ne accorgiamo ad ogni persona cara che perdiamo per strada.
La religione è più avanti di noi, perchè almeno ha identificato l'istanza, anche se poi prende in giro sulla soluzione. Noi demistifichiamo l'illusorietà della soluzione, ma dimostriamo di non aver capito nemmeno l'istanza.
Il transumanesimo resterà qualcosa di essenzialmente inutile finché non troverà il coraggio di affrontare i Grandi Problemi e la pianterà di limitarsi a trovare soluzioni ingegnose a quelli piccoli.
Noi dobbiamo iniziare a ragionare su un aldilà reale creato con la tecnologia.
Lo so, sembra folle, ma proprio nella misura in cui sembra folle dimostra che guardiamo indietro, che siamo senza prospettive.
Un'immensa macchina che possa tornare indietro nel tempo e trasferire la mente di chi sta per spirare in un immenso hard disk e che faccia questo per tutti gli uomini vissuti in tutte le epoche è certamente un'ipotesi talmente lontana dalla tecnologia attuale da non sembrare in alcun modo seria. Ma già oggi delle particelle subatomiche vengono mandate di pochi istanti indietro nel tempo... certo è poco... pochissimo... ma la tecnologia c'è. Un secolo e mezzo fa l'informazione veniva scambiata via filo a distanze relative in codice morse ad una lentezza estenuante. Se qualcuno avesse pronosticato l'invio di terabyte di dati via etere scambiati da satelliti in orbita attorno alla terra solo 150 anni dopo, sarebbe stato rinchiuso in un manicomio.
Come mi rammenta il caro Fabio, nel variegato mondo del transumanesimo idee e prospettive radicali non mancano. Vediamone alcune:
Paradise-engineering: poco si discosta da una vita lisergica all' estremo; una vita da drogati (ma anche estremamente lucidi) perenni che tuttavia non si rovinano la salute (opinione personale: mi piacerebbe provare, ma non sposta di una virgola i termini del problema).
"Forever for all": un testo interessante e ricco di spunti.
Singolarità: in estrema sintesi è la convinzione che lo sviluppo tecnologico andrà molto più avanti di ogni nostra più sfrenata attesa... molto bello: Kurtzweil ha più fede di chi scrive, ma probabilmente questo processo va anche un pò aiutato: almeno cominciare a ragionarci e non semplicemente sperare che accada. E' sicuramente apprezzabile l'idea della singolarità: probabilmente non si sbaglierebbe di molto se si sostenesse che è la conseguenza obbligatoria dell'idealismo hegeliano, ma forse sarebbe auspicabile dare una mano agli eventi, anche perchè se la singolarità "avrà un cervello" non è detto che i suoi interessi ed i nostri coincideranno, così come i nostri non coincidono con quelli dei primati da cui discendiamo (e dei quali magari, senza curarcene troppo, causiamo l'estinzione). Se la transizione verso il mondo post singolarità dovesse essere traumatica per noi (esso presuppone la nostra fine, oppure semplicemente ci ignora) dovremmo far valere i nostri diritti di creatori e lottare per avere anche noi qualche beneficio... in pratica dovremmo mettere le tre leggi della robotica di Asimov a tutta la realtà! Il concetto di singolarità può davvero essere promosso sul campo ad autentica fede laica e razionalista se lo mettiamo a sistema con la rivoluzionaria tesi di Robert Wright, esposta nel 2000 nel suo fondamentale libro “Nonzero”. La tesi in questione si sostanzia nella constatazione che la crescita della complessità è disordinata ma assolutamente inevitabile poiché ogni sistema complesso ha un vantaggio su quello che lo è meno e ciò vale per qualsiasi tipo di contesto e di sistema. Ecco come il pervenire all'aumento della complessità e dunque alla singolarità, può essere considerato come implicito nella struttura stessa della realtà e non un fortuito auspicabile accidente.
La tecnologia può spiazzarci, a patto che non siamo proprio noi "mentalmente aperti" per definizione a non crederci.
Il transumanesimo può essere compatibile, anzi il presupposto irrinunciabile, di un misticismo vero e profondo che contempli un aldilà ed una fede credibile. Di più, laddove rinunciasse a questi obiettivi assoluti, si autoimporrebbe un limite arbitrario che costituirebbe una incomprensibile perversione della sua essenza.
Per accedere all'aldilà ci vuole la fede, ma anche le opere di bene.
S. D.
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