La religiosità atea è forse la via spirituale di questo millennio?

Creato il 20 maggio 2013 da Sulromanzo

Riflessioni sugli scritti di Raimon Panikkar. Prima parte

Le paure, i desideri dell’uomo del terzo millennio non sono diversi da quelli di secoli fa: la paura della miseria, la paura delle malattie, la paura del diverso e dello straniero, la paura della violenza e dei cataclismi sono gli aspetti mutanti di un malessere che nella sua sostanza non cambia e perdura nel tempo.

Come nel passato, anche adesso, l’uomo cerca con inquietudine qualcosa che vada oltre i limiti della sua esistenza materiale. Forse, il materialismo e l’ateismo hanno fallito? Oppure, questi sono ancora capaci di dare una qualche risposta? E oggi a quale spiritualità miriamo? Cerchiamo un Dio? Una salvezza ultra-mondana? Una profonda armonia con la Natura?

Questa ricerca che l’uomo contemporaneo compie all’interno e fuori di sé è comunque il chiaro segno di un desiderio di rinnovamento spirituale.
Scriveva il filosofo francese Jean-Paul Sartre «L’ateismo è un’impresa crudele e che costa portare a termine; io credo di averla condotta fino alla fine.»
L’ateismo di Sartre si trova al termine di un viaggio interiore lungo e difficoltoso; si potrebbe dire che è stato un cammino religioso suo e di buona parte dell’Occidente. È un cammino in fondo al quale l’Occidente incontra un ateismo che a ben guardare assomiglia a quello religioso che il Buddha poneva all’inizio del suo cambiamento spirituale. Il Buddha è un uomo che ha sviluppato una profonda saggezza introspettiva e ha compreso l'eterna verità insita nella vita con i soli mezzi umani, senza l'ausilio di testi rivelatori, com'è la Bibbia per esempio. L'intuizione del Buddha non nega o esclude a priori il concetto di Dio, in quanto questo concetto appartiene a una categoria filosofica diversa.
Le opere di Raimon Panikkar possono illuminare la nostra ricerca religiosa. Panikkar era uno studioso delle religioni, che, pur restando un sacerdote cattolico, si riteneva un devoto dell’induismo e del buddismo. La linea guida del suo pensiero poggia sul modo di conoscere la realtà esterna e perciò egli si chiedeva se fosse lecito vedere la molteplicità della realtà attraverso una sola prospettiva.

Anche Panikkar, come molti altri, narra l’aneddoto della freccia per spiegare in che cosa consista l’ateismo buddista.
Un giorno il Buddha Shakyamuni stava passeggiando in un parco e vide due uomini ricurvi su una gazzella ferita da una freccia. Gli uomini con preoccupazione si chiedevano l’un l’altro
«Sarà avvelenata la punta della freccia?»
«Bisogna sapere chi l’ha scoccata.»
«Dovrebbe essere arrivata da quella direzione e quindi…»
Il Buddha si avvicinò all’animale ed estrasse la freccia, poi guardando i due uomini disse:
«Il tempo è breve non bisogna attardarsi in filosofie.»

La ricerca buddista è rivolta all’immanente. Ma prima di analizzare il concetto di ateismo buddista come lo affronta Panikkar con un metodo che oltrepassa le regole della logica dell’essere, narro un altro aneddoto della vita del Buddha per riflettere sul modo e sul tipo di cammino spirituale non chiuso in una dottrina.

«Se un uomo nel suo cammino – chiede ai monaci il Buddha – incontra un ampio fiume e vede che la riva che sta percorrendo è pericolosa e fa paura e che l’altra sponda è tranquilla e non fa paura, ma non c’è né una barca né un ponte per passare da una riva all’altra. E se, dopo aver raccolto dell’erba, dei pali, dei rami e delle foglie e aver costruito una zattera riuscisse ad attraversare il fiume e giungere all’altra sponda? E l’uomo consapevole che la zattera gli è stata molto utile, come dovrebbe comportarsi, forse caricandosi la zattera sulla testa o sulle spalle dovrebbe continuare il suo cammino? Come deve comportarsi quell’uomo per fare della zattera ciò che è bene fare? E se ora, dopo aver lasciato la zattera sulla terra ferma o averla affondata nell’acqua, l’uomo proseguisse secondo il suo desiderio? Agendo così, o monaci, quell’uomo farebbe della zattera ciò che è bene fare. E così bisogna fare con il Dharma che io vi ho insegnato: è per attraversare, non per conservare.»

Forse Panikkar ci consiglia di superare la figura di Cristo e il Vangelo? No, tutt’altro! Il suo è solo un diverso modo di concepire l'essere come categoria ontologica. Dio può esistere e non essere. Questo suo metodo epistemologico non è una mera speculazione filosofica fine a se stessa, è piuttosto un modo per spingere la mente oltre l'ovvietà a cui siamo soggetti. Da queste categorie logiche nasce il concetto di ateismo religioso che approfondiremo la prossima volta.

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