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La resistenza savonese e le missioni alleate. Un’analisi attenta

Creato il 17 aprile 2012 da Yellowflate @yellowflate

 

partigiani
La storiografia resistenziale savonese ha sempre trascurato il contributo delle missioni alleate britanniche nel nostro territorio occupato dai tedeschi. Le informazioni pubblicate sono molto scarse ed erronee, basate per lo più sui ricordi dei partigiani, un fatto certo è che un contatto c’era stato ma in un clima di grande diffidenza.

Quando? Nel febbraio 1945 nei pressi di Montenotte, nella zona del colle di Cadibona. Lo scopo di questo incontro sarebbe stato l’organizzazione dei rifornimenti avio-lanciati. Chi aveva raccolto queste informazioni lacunose non poteva sapere e forse non aveva tanto interesse ad approfondire la questione.

Sarebbe dovuto andare a Londra (Kew) agli National Archives per scoprire la verità su quell’incontro, ma i documenti del SOE (Special Operations Executive) sono stati desecretati nel 1997, però altri documenti erano già disponibili ma in generale è prevalsa la “leggenda” che gli Alleati non avevano intenzione aiutare i resistenti savonesi perché “garibaldini”, comunisti e avevano privilegiato gli “autonomi” di Mauri, per lo più ex militari, monarchici, della confinante zona piemontese, sotto la quale ricadevano anche i partigiani azzurri della “Fumagalli”. Niente di più falso, perché sulle Langhe, dove operava Mauri, erano presenti due Divisioni garibaldine che ricevano gli aviolanci.
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Dall’analisi svolta su tutti i documenti si evidenzia con chiarezza quanto il SOE garantisse il suo aiuto militare a tutti quei gruppi che avessero dato maggiori garanzie di uccidere il maggior numero di tedeschi. Se i resistenti savonesi non hanno ricevuto gli aiuti sperati è perché non era facile farglieli pervenire a causa della scarsità di zone idonee. La situazione nelle Langhe era molto diversa: Mauri riuscì a far costruire una pista di atterraggio nella zona di Vesime dove giunse addirittura un reparto di SAS alla vigilia della liberazione, ricordiamo che i SAS (Special Air Service) furono creati nel 1941 in Nord Africa per effettuare raid contro le linee dell’Asse ed sono oggi un modello per molte altre forze speciali nel mondo.
Un tentativo di incontro da parte degli uomini del SOE c’era stato nel febbraio 1945 ma era andato male per la scarsa organizzazione dei nostri resistenti e il capitano Irving-Bell era stato catturato in un rastrellamento da parte del S.Marco. Per riprendere in mano la situazione il ten.col. McMullen, comandante della main mission CLOVER, per la Liguria, aveva ricevuto il 23 marzo un nuovo team sul monte Antola. La sub-mission, denominata INDELIBLE, era comandata dal maggiore Johnston e si sarebbe stabilita nella zona di Savona e si sarebbe collegata con altre sub-mission già presenti: SAKI, comandata dal capitano Bentley, nella provincia di Imperia, e la missione CORONA comandata dal Maggiore Ballard, nelle Langhe. Johnston avrebbe recuperato i superstiti della missione di Irving-Bell, presenti presso la brigata Viganò nella zona tra Savona ed Acqui, avrebbe organizzato ed eseguito sabotaggi, svolto attività di intelligence, sui movimenti del nemico, e in particolare raccolto informazioni per l’anti-scorch (anti sabotaggio), al momento della ritirata i tedeschi avrebbero distrutto tutte le infrastrutture portuali, le industrie, le strade.
L’incontro con i capi della Brigata Sambolino, che dipendeva dalla Divisione Bevilacqua ma che era isolata, avvenne il 7 aprile 1945, diciotto giorni prima della liberazione, e subito iniziarono le incomprensioni, nel suo rapporto Johnston critica il comportamento del commissario politico e la scarsa capacità del comandante, succube del commissario. Non riesce ad entrare in contatto col CLN di Savona, ritorna nella zona della Viganò. Johnston è deluso perché ha una grande esperienza nelle missioni oltre le linee, ha conosciuto altre formazioni partigiane, ha solo 24 anni ed è già maggiore, è stato decorato della Military Cross dopo aver comandato la missione ENVELOPE sull’appennino reggiano, e prima di essere stato inviato in Italia era stato paracadutato nell’isole dell’Egeo. Era nato in Egitto, sua madre era maltese e aveva una buona conoscenza della lingua italiana, il suo aspetto fisico, simile a quello di un italiano del sud, lo predisponeva a questo tipo di missioni.
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Nei giorni successivi riesce ad avere un nuovo incontro e il 16 aprile nella zona delle Tagliate avviene finalmente col comandante della Divisione, Hermann Wygoda, ex ufficiale polacco, catturato nel 1939 che essendo ingegnere era stato arruolato nella TODT, si trovava nel 1944 a Celle Ligure, era fuggito con la speranza di andare in Corsica, ma ricercato si era unito ai partigiani. Nel suo rapporto finale redatto il 9 giugno 1945 dopo lo scioglimento della Indelible del 20 maggio, Johnston racconta:
“Wygoda operava in un territorio molto difficile circondato da strade, ma con una copertura di vegetazione eccellente durante la primavera e l’estate. I loro problemi principali erano la scarsità di cibo, perché quella parte di Liguria è eccezionalmente povera, i mezzi finanziari e la carenza di aviolanci. I primi problemi sono stati risolti importando i prodotti alimentari dalle Langhe, un procedimento lungo e difficile, che non è stato agevolato a causa della aperta ostilità che esisteva fra Enrico e Mauri. Enrico e tutta la sua divisione erano decisamente comunisti e le loro relazioni con Mauri sono state sempre molto tese. Sebbene la Div. “Bevilacqua” fosse unanimemente riconosciuta come una buona formazione combattente, non era molto popolare con la popolazione locale a causa della sua crudeltà nei confronti delle spie o delle persone sospettate di appartenere ad un diverso colore politico, le sue requisizioni arbitrarie e le sue estorsioni di denaro per finanziare la divisione. Durante le prime conversazioni con Enrico, Johnston discusse di queste accuse, ma lui si difese dicendo che la divisione doveva vivere per continuare la lotta contro il nemico, e siccome lui non otteneva alcun rifornimento da parte degli Alleati era costretto ad arrangiarsi nel miglior modo possibile. Le operazioni offensive di maggior successo contro il nemico furono l’annientamento di circa 200 Alpini a Calizzano [in realtà furono 60 gli alpini della Div. Monterosa annientati il 25 novembre 1944] e di 70 Brigate Nere a Millesimo. La Divisione è responsabile di oltre 500 morti e 1.500 feriti. Il loro armamento consisteva prima di febbraio di armi nemiche catturate, in particolare fucili tedeschi e mitragliatrici leggere. All’inizio di febbraio, attraverso il Comitato Regionale di Genova, ottennero tre buoni aviolanci che fornirono circa 50 Brens e 150 Sten. Furono nuovamente accusati di aver rubato questi aviolanci predisponendo un diverso sistema di segnali luminosi ogni notte e sperando per il meglio.
Durante la visita Johnston e i suoi uomini furono molto impressionati dal loro costante stato di allerta e vigilanza e dalle numerose posizioni di mitragliatrici, che difendevano tutti gli accessi ai loro accampamenti. Il viaggio della missione alleata sarebbe stato impossibile, se una delle loro guide non fosse stato con loro e se non avessero, tramite del Comitato di Savona, avvertito Enrico del loro arrivo. La divisione aveva anche un servizio di staffette molto efficiente che li teneva in contatto costante con la Divisione “Bonfante”, le formazioni del Cap. Bentley, le Langhe, il C.L.N. di Savona e la Brg. “Sambolino”. Gli uomini di Enrico, a differenza di altre formazioni partigiane, vissero sempre in accampamenti sui monti.”

Nell’incontro vengono pianificate le azioni in vista dell’insurrezione del 25 aprile, ma i dati che il CLN di Savona sull’attività di anti-sabotaggio non arriveranno mai. Gli eventi successivi precipitano: il 25 aprile le truppe tedesche e italiane lasciano Savona verso Acqui e Alessandria, contemporaneamente le brigate della Divisione Bevilacqua scendono e trovano la città senza alcuna resistenza degna di nota, solo qualche cecchino che dalle soffitte spara. In quelle ore Johnston e gli uomini di INDELIBLE sono ad Acqui, seguono l’evacuazione delle nemico che si arrenderà a Valenza, sul Po. Il 26 aprile incontra il gen.Farina, comandante della Div.S.Marco, e gli chiede la resa inutilmente, ha dato la sua parola all’alleato germanico e per di più non crede che il giorno prima il gen. Meinhold si è arreso a Genova con tutta la sua guarnigione.
Il rapporto sulla INDELIBLE termina con alcune considerazioni su quanto sarà il futuro della situazione. Secondo il Maggiore Johnston “il movimento partigiano nel Nord Italia stava pagando i suoi dividendi, e il risultato poteva essere giudicato guardando a ciò che venne salvato dalla distruzione nelle aree dove il nemico era molto più forte e meglio armato rispetto a ciascuna delle bande partigiane. Durante la lotta di liberazione, il partigiano medio non si era interessato alla politica: era eccitato per la vita avventurosa e non era interessato dai discorsi politici pronunciati dal Commissario politico. Dopo i primi giorni della liberazione, dopo le parate e le celebrazioni, la disoccupazione forzata lo avrebbe orientato verso la politica e la mancanza di denaro gli avrebbe fatto scegliere il partito più ricco, che in quel momento era il Partito Comunista. Questo cambiamento improvviso dalla vita anormale alle condizioni del tempo di pace sconvolgeva questi giovani uomini, che trovavano molto difficile ricollocarsi. In un certo senso avevano, fino a quel momento, ottenuto quello che volevano con la forza delle armi. Avevano avuto un Comando Divisionale che si occupava della loro alimentazione, e che gli forniva le sigarette. Ora erano nelle mani della burocrazia la quale li irritava per la sua lentezza e le sue migliaia di moduli da compilare. Coloro che desiderano tornare a casa sono bloccati, attendevano in una città estranea, in un mediocre centro di riabilitazione partigiano. Se non sarebbero state prese rapidamente misure per la collocazione di questi giovani, ad un certo momento sarebbero sorti problemi, se non nel futuro immediato.”

Antonio Martino

Per ulteriori approfondimenti si consiglia il link del sito di Antonio Martino


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