La restaurazione dolce.

Da Femminileplurale

Fra poche ore, alle 11.30, il Governo Letta-Alfano (che il presidente del Consiglio ha annunciato ieri pomeriggio, leggendo ai giornalisti la lista dei ministri) giurerà al Quirinale.

Un governo di unità nazionale reso possibile dalla collaborazione fra Pd, Pdl e Scelta Civica e che include anche profili tecnici. Un governo che Napolitano ha tenuto a rimarcare come «politico, nato nella cornice istituzionale e secondo la prassi delle nostra democrazia, e l’unico possibile».

Una squadra senza “impresentabili” con meno “personalità divisive” di quanto inizialmente prospettato, e sul quale l’ombra lunga degli onorevoli eccellenti, a partire da Berlusconi, dà l’illusione di rimanere sullo sfondo, offuscata da un team la cui età media si aggira attorno ai 53 anni (11 in meno del Governo Monti) e che costringe il lettore a cercare sul web le biografie di molti dei suoi sconosciuti componenti. Ma ancora una volta sono le donne il “vero asso nella manica”, questa volta lettiana, sfoderato per segnare la presunta discontinuità rispetto al passato del nuovo Governo: con l’eccezione della profonda gratitudine per la fiducia accordatagli dal Presidente della Repubblica e della «sobria soddisfazione espressa per la squadra messa insieme», le pochissime parole di Letta ieri pomeriggio sono state infatti, non a caso, riservate al «record della presenza femminile» e al «ringiovanimento complessivo» della compagine.

Vendola, se da una parte ha confermato l’impegno ad agire un’opposizione responsabile, dall’altra ha anche riconosciuto all’avversario alcuni elementi di innovatività, sentenziando: «un’intelligente opera di restaurazione».

Un’espressione perfetta anche per sintetizzare quest’ultima vicenda elettorale sotto il profilo delle questioni di genere: l’ennesimo appuntamento mancato per aprire finalmente un serio dibattito in Italia.

Un’urgenza messa in secondo piano da tutti, incluso il Movimento Cinque Stelle che pure si è fatto portavoce praticamente di qualsiasi altra battaglia esistente.

Risultato: oggi abbiamo un unico ministero-calderone che riunisce pari opportunità assieme a gioventù e sport, ed è affidato alla canoista di fama mondiale Josefa Idem perché conosce il sacrificio, il lavoro duro e l’abnegazione.

D’altronde, come si fa a parlare di restaurazione se un terzo dei ministri, in Italia, appartiene oggi al gentil sesso e l’intero mondo si complimenta per ciò?

La restaurazione è più dolce se il primo ministro di colore nella storia della nostra Repubblica è una donna, Cécile Kyenge Kashetu (cooperazione internazionale e integrazione).

È più dolce se Nunzia De Girolamo, classe 1975, è il più giovane ministro del neogoverno Letta (politiche agricole).

Così, intelligentemente, gli esteri vengono riposti nelle mani di Emma Bonino come se, per quanto ottima, la Bonino fosse sufficiente a bilanciare la stragrande maggioranza di cattolici che detengono i ministeri “in patria”.

Se i detti del Nuovo Testamento non li consideriamo come comandamenti ma come espressione di una straordinaria, profondissima conoscenza dei misteri dell’animo umano, la cosa più saggia che sia mai stata detta, il breve compendio di tutta l’arte di vivere ed essere felici, è la frase «ama il prossimo tuo come te stesso», che del resto si trova già nell’Antico Testamento. Il prossimo lo si può amare meno di noi stessi: e allora si è l’egoista, l’arraffone, il capitalista, il borghese, è si possono accumulare quattrini e potenza ma è impossibile avere un cuore veramente lieto, e ci restano precluse le più delicate e squisite gioie dell’anima. Oppure si può amare il prossimo più di se stessi: e allora si è un povero diavolo, pieno di sensi d’inferiorità, pieno di desiderio d’amare tutto, eppure colmo di rancore e di crudeltà verso se stesso e si vive in un inferno che ci si apparecchia ogni giorno da sé. Di contro a ciò: l’equilibrio dell’amore, la possibilità di amare senza restare in debito ora in questo, ora in quello, un amore per gli altri che però non diminuisce né violenta il nostro io! Il segreto di tutta la felicità, di tutta la beatitudine è racchiuso in questa parola. E se si vuole, la si può rigirare anche alla maniera indiana e darle il significato di: ama il prossimo tuo, perché sei tu stesso!, una traduzione cristiana del «tat twam asi». Oh, l’intera saggezza è così semplice, ed è stata enunciata e formulata da tanto mai tempo e con così indubitabile precisione! Perché dunque ci appartiene solo a momenti, nelle giornate buone, e non sempre?”.

Così scriveva Hermann Hesse nel libro “La cura”. Era il 1925.

Il giorno del giuramento del nuovo Governo questa è la pratica politica, che spero appartenga sempre più, giorno dopo giorno, alle donne d’Italia, questo il mio augurio laico: amare se stesse, e il prossimo non più di se stesse. Ovunque si trovino. Qualunque cosa stiano facendo. Qualsiasi situazione stiano vivendo.

La mia preoccupazione e la mia speranza è in particolar modo per le moltissime donne italiane, che, per dirla alla Robin Norwood, ancora “amano troppo”, a quante cioè vivono “un attaccamento ossessivo a un uomo, che finisce per dominare sentimenti e azioni e che, pur riconoscendo che sta influenzando negativamente salute e benessere, non riescono a liberarsene”.

Il giorno del giuramento del nuovo Governo il mio pensiero va a loro, perché trovino gli strumenti per cambiare la propria vita, per appropriarsene smettendo di pensare male di loro stesse, di vedersi inferiori, mancanti, paurose, fragili, deboli e soprattutto bisognose di guida e protezione. Il cambiamento, politico, che mi auguro, è che rompendo questa spirale smettano, una dopo l’altra, di vivere per alleviare il dolore altrui, per soccorrere e curare i propri uomini. Perché si ritrovino e vivano per se stesse, liberando quell’immensa mole di energie e sentimenti oggi malriposti e che ben indirizzati potrebbero finalmente fare la differenza, per la loro vita, in questo Paese. 


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