Intervista con il responsabile del tavolo di lavoro sull'e-commerce. "Le Pmi che vendono online esportano di più. Ma è importante promuovere l'aggregazione delle piccole imprese in reti e marketplace"
Portare online le Pmi italiane. Questa la mission di Giuseppe Tripoli, che nell’ambito della cabina di regia per l’Agenda Digitale è responsabile di un tavolo strategico, quello dell’e-commerce. Tripoli è a capo del Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico, che non a caso dal 2011 ricopre anche il ruolo di Mister Pmi.Per promuovere l’e-commerce italiano, Netcomm, l’associazione confindustriale del commercio elettronico, propone la defiscalizzazione dell’export online e la creazione di un’Ice digitale. Cosa ne pensa?
Le Pmi che vendono online esportano più facilmente, tanto che l’incidenza media delle esportazioni sul fatturato è più che doppia rispetto alle imprese che non utilizzano il canale e-commerce. Il tema della defiscalizzazione dei ricavi, anche parziale, delle piccole imprese derivanti dal transato online è una misura su cui stiamo riflettendo ma che necessita di verifiche in termini di tracciabilità e impatto reale in termini di incoraggiamento al going digital.
Il commissario europeo Neelie Kroes, responsabile per l’Agenda Digitale, dice che l’Italia è indietro, fanalino di coda nell’Ue, nell’e-commerce cross border. E’ vero? Ci sono misure specifiche in campo per superare questo gap?
Le ottime performance del nostro export attraverso i canali tradizionali devono essere trasposte nel mercato telematico, che sconta un ritardo generalizzato lungo tutto il comparto della digitalizzazione. I dati sulla crescita dell’e-commerce B2C mostrano una crescita del 20% nel 2011 e del 32% delle vendite all’estero dei siti di ecommerce italiani, sebbene il saldo sia ancora negativo. Per riportare l’ago della bilancia verso il centro, sono diversi i fattori da tener conto: nuovi mercati di sbocco (nel 2011 sono rimasti principalmente l’Ue, gli Stati Uniti e il Giappone), laddove ci sono mercati che mostrano forte propensione verso i prodotti del made in Italy e hanno un bacino potenziali di consumatori enorme. Basti pensare alla Cina, con circa 157 milioni di compratori online.
E sul fronte normativo quali sono le priorità?
La definizione di un quadro normativo condiviso a livello dell’Unione europea, che tuteli la proprietà intellettuale delle nostre imprese e che rimuova ostacoli di ordine burocratico con attenzione soprattutto alle nostre piccole imprese che hanno difficoltà ad avviare un processo di riorganizzazione in chiave digitale lungo tutta la filiera aziendale. E’ importante poi promuovere l’aggregazione delle piccole imprese in reti o forme consortili in piattaforme di vendita online; promuovere la familiarizzazione delle piccole imprese con i processi di vendita online attraverso marketplace, facilitando e incentivando il loro accesso a quelle piattaforme di vendita internazionali che offrono elevati standard di sicurezza ed efficienza logistica.
Nel documento recentemente presentato da Confindustria Digitale per quanto riguarda l’e-commerce si chiede la riduzione dell’Iva sulle vendite di prodotti al consumatore finale fissando un massimo del 10% (stessa proposta della proposta di legge in materia firmata da Gentiloni e Rao). E’ un provvedimento fattibile?
L’analisi dello scenario dimostra che le transazioni nell’ambiente digitale sono ancora troppo complesse e emerge la necessità di armonizzazione delle regole. Oggi gli Stati membri applicano norme in modo disomogeneo, nonostante il corpus legislativo fondamentale che regola il mercato unico. Il comparto dell’editoria digitale, ad esempio, soffre della diversa applicazione dell’aliquota Iva rispetto all’editoria tradizionale cartacea, cui viene applicata un’Iva ridotta del 4%. A questo riguardo si deve agire in termini di negoziazione nelle opportune sedi comunitarie.
Nel documento programmatico che la cabina di regia dell’Agenda Digitale ha presentato in Senato si parla anche della promozione della moneta elettronica per incentivare lo sviluppo dell’e-commerce. Ci sono delle misure concrete allo studio per promuovere la moneta vrtuale?
La diffusione dei pagamenti elettronici è un fattore abilitante per l’e-commerce. Il 60% di chi non acquista online indica la preoccupazione sul fronte della sicurezza tra le cause principali, nonostante le frodi incidano solo per lo 0,12% e le carte di credito abbiamo altissimi standard di sicurezza e garanzie anche in termini di rimborsi. Un’azione mirata di comunicazione in tal senso può contribuire ad abbattere tale percezione negativa da parte dei consumatori. Dal lato dell’offerta, è necessario incentivare l’utilizzo degli strumenti elettronici, diffondendo i POS tra gli esercenti e definendo regole generali finalizzate alla riduzione delle commissioni bancarie. In questo senso l’art. 12, comma 9, del Decreto SalvaItalia, come modificato dall’art. 27, comma 1, del Decreto Liberalizzazione, già prevede un confronto tra i soggetti interessati che si muova in tale direzione.