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La Rete guarda la televisione

Creato il 15 giugno 2011 da Antonio Maccioni

La Rete guarda la televisionePoi la Rete racconta. Ma in che senso avrebbe vinto sulla “televisione di regime”? L’esempio del momento – dalla vittoria dei quattro sì al referendum – è praticamente quello della politica. Non so nemmeno in quanti siano tornati sull’argomento ma sono sicuro che da qualche parte c’è qualcuno che ha già trovato e conosce una soluzione per tutto. Forse ha ragione Vittorio Zambardino: non basta scoprire la Rete e usarla un po’, magari come se fosse una stazione tv o l’ufficio propaganda di un movimento, per “sapere come si usa la rete”, perché la Rete è cultura e non andrebbe solamente pensata ma vissuta. Perché se non sei la Rete non sai usarla, e anche quando credi di esserlo o persino lo sei puoi continuare comunque a sbagliare. Oppure Zambardino non ha ragione. Forse tutto è pianificato a tavolino dalle “aziende” che lavorano sul web e hanno magari i loro spazi – direttamente o indirettamente – anche dentro i confini del “regime telecratico”. C’è dietro una strategia dell’accerchiamento? È così?

Chi “produce” comunicazione – come risulta evidente dal contesto digitale – può valutare e persino conoscere chi verrà esposto alla stessa comunicazione. Però “cosa succeda nella mente di chi riceve/fruisce la comunicazione – lo dice Enrico Sola di Suzukimaruti – è materia per psicologi di massa, ricerche di mercato, analisi qualitative, focus group, cartomanti, aruspici, medium”: se la Rete non sposta i voti, vuol dire che la Rete li crea, e che però la misura dell’efficacia di un contenuto non può più essere basata sul numero delle visulizzazioni. Avrà ragione la “fisica” quando mette l’accento sulla differenza tra i nodi che rientrano all’interno dei “superatissimi” sei gradi di separazione?

In riferimento al Medio Oriente, a New York si è parlato di narrativa della rivoluzione, di condivisione emotiva, di empatia davanti alla sofferenza di un ragazzo che potrebbe assomigliarmi. La Rete si muove e interviene nello spazio-tempo delle regioni, e il contributo della politica nel superamento delle leggi che ne limitano l’accesso è davvero fondamentale.

L’esperienza della connessione quindi “è legata ai luoghi che abitiamo”. Il consumo di Internet – lo dice Giovanni Boccia Artieri – sta passando da una condizione di staticità (ovvero una connessione tra computer di tipo fisso) a una connessione “in transito”, che passa ad esempio attraverso i comunissimi dispositivi cellulari. La recente crescita di un social network come Twitter sarebbe in gran parte determinata proprio da queste dinamiche.

Dunque la Rete – che bisogna vivere per saper fare e che non è solo quantità ma qualità e psicologia – è davvero in movimento. È per questo che a dire che non si ferma a guardare la televisione non ci riesco.

Credits foto: io non guardo la tv

La Rete guarda la televisione


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