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La rete telematica e la crisi dello Stato moderno

Creato il 05 luglio 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
La rete telematica e la crisi dello Stato moderno
Introduzione

Nell’anno 2001, Natalino Irti pubblicava il suo saggio Norma e luoghi. Problemi di geo-diritto1 mettendo in luce le relazioni che intercorrono fra la norma giuridica e lo spazio. Si tratta di un illuminante saggio che anticipava, in un certo senso, l’attuale crisi dello Stato. In che modo la rete telematica mette a repentaglio le fondamenta dello Stato? A questa domanda, cercheremo di dare una risposta.

Stato-comunità e Stato-apparato

Il rapporto degli esseri umani con il mondo è divenuto sempre meno tangibile e sempre più virtuale grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie. Inoltre, il progresso tecnologico ha seriamente compromesso due dei presupposti costitutivi dello Stato: la sovranità e il territorio. Come noto, si possono associare allo Stato due concetti: lo Stato-comunità e lo Stato-apparato. Il primo vuole indicare un popolo stanziato in un determinato territorio organizzato attorno ad un potere centrale. Il secondo, identifica un potere sovrano e centrale di natura impersonale. In un caso o nell’altro, lo Stato si riserva il monopolio della forza sia essa interna, esplicato attraverso le forze di polizia, sia esterna attraverso l’impiego delle proprie forze armate.

Territorio, Stato e potere sovrano

Il territorio, oltre ad essere un elemento costitutivo dello Stato-comunità ne legittima la sua esistenza. Nel momento in cui tale presupposto viene a mancare, anche lo Stato-apparato va in crisi. La storia insegna che quando si verifica una alterazione nel rapporto possessorio dello Stato con il suo territorio o quando la matrice che legittima tale potere sovrano si affievolisce, le potestà sovrane dello Stato vengono disattese o, peggio ancora, ignorate. Purtroppo in questa sede dobbiamo tralasciare le vicende relative alla legittimazione del potere in quanto fenomeno-processo dell’accettazione – consensuale o meno – del potere2, limitandoci però a ricordare che sovranità, libertà e diritti conoscono una sola dimensione: quella socioeconomica. Infatti quando libertà e diritti vengono potenziati, la sovranità dello Stato resta fuori discussione. Contrariamente, quando libertà e diritti vengono ristretti, tale sovranità verrà messa in stato di accusa.

Stato e territorio sono, pertanto, intrinsecamente legati da un rapporto di potere-soggezione esercitato coattivamente dallo Stato-apparato. La coercizione statale, concepita come una azione volta a recare un danno, durante il corso della storia, ha trovato le più svariate giustificazioni. A seguito della rivendicazione del potere sovrano, lo Stato ha delegato l’esercizio materiale della forza ai suoi corpi armati. Si è voluto così garantire un ordine sociale che, nella maggior parte dei casi, fu accettato dalla popolazione stanziata in un determinato territorio per consuetudine o per tradizione. L’alba delle nuove tecnologie pone seri interrogativi relativi a quest’ultimo assunto: l’ordine sociale.

La rete telematica, il cyberpazio e l’ordine sociale

Il potere sovrano ed il territorio che, come abbiamo poc’anzi evidenziato, costituiscono le fondamenta dello Stato moderno sono attualmente in crisi a causa dell’avvento della rete telematica e del cyberspazio. Ciò che è ovunque – leggasi internet – in realtà non è in nessun luogo. Detto in altre parole, le odierne minacce cibernetiche, in quanto virtuali e del tutto impersonali, stanno esautorando questo sistema auto-poietico ed auto-referenziale di matrice territoriale che detiene il monopolio della forza. Il “non-luogo” sta, inesorabilmente, compromettendo non solo il potere statale ma anche la sua struttura verticistica raffigurata in maniera piramidale. Il vertice – che rappresenta l’autorità centrale – dirama i suoi spettri di potere sovrano verso i gradini più bassi della piramide fino ad arrivare alle base della stessa. Orbene, la rete telematica ha sovvertito questa allegoria. Gli internauti si coalizzano. Il vero potere della rete o, meglio, il vero potere degli utenti, risiede nella loro spiccata capacità di organizzare la “base” per colpire un determinato “vertice”.

Due esempi possono perfettamente rappresentare come gli effetti nocivi della rete telematica si possono ripercuotere sulla sovranità statale: il primo, riguarda le proteste scoppiate a seguito della diffusione in rete di un qualunque tipo di proclama politico, ideologico o religioso. In questo caso vediamo come internet si sia completamente sostituito ai luoghi d’incontro presenti all’interno dello Stato-comunità. Il secondo esempio riguarda i danni estesi ed indiscriminati provocati dagli attacchi cibernetici contro le infrastrutture critiche di un determinato Paese. In quest’ultimo caso, il cyberspazio si trasforma in luogo di scontro e la rete telematica diventa il vettore indispensabile per mettere a repentaglio la sicurezza dello Stato-apparato.

Il luogo d’incontro e gli apparati ideologici di Stato

I tradizionali luoghi comuni quali la piazza, il bar, il circolo, eccetera sono ormai in via di estinzione. Non sono più considerati luoghi “comuni” ma vengono declassati a meri spazi “condivisi”. Il mondo telematico ha creato “dal” nulla e “nel” nulla nuovi punti d’incontro e di aggregazione sociale che sono, naturalmente, del tutto virtuali. Nascono comunità d’internauti, apparentemente uniti ma che alla fine restano separati, fisicamente, dallo schermo. Il fenomeno tuttavia non va sottovalutato: i social network, i blog, insomma i post in generale permettono al singolo utente, personalmente, collettivamente oppure anonimamente, di riversare sulla rete telematica non solo il proprio disappunto nei confronti dello Stato, ma anche di scagliarsi contro i suoi rappresentanti. La frustrazione degli internauti per la mancanza di futuro, prospettive o davanti all’eventualità di una imminente rinuncia alla disponibilità dei diritti socioeconomici previamente acquisiti, condiziona e non di poco i discorsi dominanti che si diffondono in rete così come la percezione che le persone avranno della stessa realtà. Non dimentichiamo che internet, in alcuni paesi, è diventato il vettore delle rivendicazioni sociali ma anche il catalizzatore delle proteste nonché il “capitalizzatore” delle violenze.

Dall’altro canto assistiamo a un fenomeno molto interessante. Molti apparati ideologici di Stato, soprattutto quelli religiosi, mass media e politici, stanno rafforzando il proprio legame con le comunità di credenti, lettori ed elettori grazie alla rete telematica. Anche le scuole, ma soprattutto le università, si sono adeguate ai tempi, legittimando, anzi, imponendo la propria virtualità nell’offerta didattica. Il mondo virtuale si colloca così in una nuova dimensione. Quella che consente alle singole persone di mettere a punto strategie e sinergie comuni ma anche quella che permette ai gruppi sociali e alle istituzioni private di perpetuare la propria ideologia in rete.

Il diritto e la crisi “sistemica” dello Stato italiano

Alla crisi dello Stato odierno si ricollega il dilemma dei sistemi giuridici tradizionali i quali non offrono riparo alcuno dalle continue sollecitazioni provenienti dalla rete telematica. Per quanto gli esperti cerchino di adeguare le norme del diritto internazionale per contrastare il cyber crime e la guerra cibernetica, non esiste e – secondo il modesto parere dello scrivente – non esisterà mai un sistema normativo efficace capace di proteggere da tutti i mali provenienti dal web. Lo Stato italiano, per far fronte alla sua crisi sistemica, ha preferito delegare la difesa cibernetica alla NATO3 ed affidare la sua sicurezza all’Unione Europea. Infatti, entrambe le organizzazioni stanno monitorando il cyber crime e la guerra cibernetica al fine di preservare non tanto lo Stato italiano in sé, quanto per mantenere indenne da queste minacce l’intero sistema europeo delle relazioni di produzione.

La storia insegna che l’unico metodo efficace – e collaudato – per garantire un determinato “sistema” è mantenere l’ordine monopolizzando l’utilizzo della forza. L’Unione Europea lo farà, nel prossimo futuro, attraverso la EUROGENDFOR. In definitiva lo Stato italiano, oltre ad aver già rinnegato una lunga serie di prerogative e potestà sovrane, inclusa quella monetaria, ora si appresta a rinnegare, in maniera graduale, la sua arma più importante: la repressione.

Conclusione

Il territorio non è solo un oggetto di dominio per lo Stato. E’ anche uno strumento di legittimazione, il che ne spiega il suo carattere sacrale. Perciò si rende particolarmente difficile legittimare la sovranità dello Stato in uno spazio virtuale come il world wide web. Il potere statale, come noto, è fortemente limitato e paradossalmente confinato al solo “dominio” punto it. Detto in parole molto semplici basterebbe digitare, sulla propria tastiera, qualche dominio non registrato in Italia, del tipo punto com o punto net, per non subire alcuna interferenza da parte dello Stato e basterebbe “craccare” il proprio Internet Protocol address per restare fuori dalla sua sfera di controllo. Nonostante la crisi attuale, alcuni studiosi considerano che tanto la rete telematica come la guerra cibernetica non possono essere marginalizzate dalla “Grande Strategia” di uno Stato o di un grande attore non statale4. Altri autori, invece, basandosi sulla dottrina della “guerra preventiva” e l’unilateralismo americano del presidente George W. Bush, hanno cercato di fornire una interpretazione molto suggestiva del fenomeno. Si tratterebbe, tutto al più, dell’ultima “strenua difesa dello Stato-apparato nel voler esercitare la sua sovranità ad ogni costo”5.

La capillare diffusione della rete telematica ha messo in evidenza le criticità dello Stato-apparato il quale, delegando le sue prerogative sovrane ha voluto cercare, in extremis, di garantire la sua sopravvivenza. Insomma, l’odierno Stato italiano somiglia più ad un ente territoriale, sia per dimensioni che per le funzioni non delegate, ovviamente superiore alla Regione, ma non certamente più paragonabile ad uno Stato pienamente indipendente e sovrano. E’, dunque, difficile immaginare la fine dello Stato-apparato, anche perché, come abbiamo detto, il ruolo dell’apparato repressivo dello Stato consiste, essenzialmente, nell’assicurare attraverso l’utilizzo della forza, le condizioni propizie affinché si possano riprodurre le relazioni di produzione. Forse sarebbe anche il caso di ragionare in termini di entità sovranazionali al posto delle realtà territoriali.

Dato che la rete telematica è dominata sia dagli apparati ideologici di Stato che dalle imprese, a questo punto, converrebbe allo Stato italiano, anziché delegare la difesa cibernetica alla NATO, iniziare a parlare di “leale collaborazione” con il settore privato, magari, coinvolgendo costoro nelle sue strategie future al fine di preservare quel poco di autonomia che gli resta. Nessuno è indenne dai rischi provenienti sia dal cyber crime che della guerra cibernetica. Perciò la leale collaborazione pubblico-privata nell’ambito della cyber security si prospetterebbe come l’unica carta vincente rimasta in mano allo Stato-apparato da giocare, forse, in un futuro non molto lontano. Una carta vincente che comporterà, per quest’ultimo, una ulteriore rinuncia: spogliarsi dalla sua posizione di supremazia e cominciare a negoziare col settore privato in un piano di sostanziale parità d’intenti, compromessi e, naturalmente, d’interessi.


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