«Oggi il Natale è diventato una festa dei negozi, il cui luccichio abbagliante nasconde il mistero dell’umiltà di Dio, la quale ci invita all’umiltà e alla semplicità»Ed è vero, ma è vero da quasi sempre. Non che in questo essere vero si racchiuda solo e sempre un comportamento disdicevole. La festa è donare, altrimenti non rimane niente. Che festa sarebbe quella in cui non si prepara niente di speciale a tavola, si lavora come al solito, non ci si fa gli auguri e non si riceve nessun regalo? Una non-festa. Il papa deve sapere, perchè è una strategia che utilizza anche la religione, che il momento che deve essere bello deve essere accompagnato da qualcosa di gioioso: per molti questa gioiosità è legata al consumismo, ma non possiamo fargliene una colpa assoluta. E' nella nostra natura di umani. Da sempre, i momenti cosiddetti ricordevoli, si devono accompagnare a qualcosa che dà gioia, altrimenti il ricordo e l'aspettativa di quell'evento svaniscono.Anche la chiesa, per raccogliere l'adesione dei fedeli, deve legare l'evento a qualcosa di piacevole: non potendolo che fornire in via temporanea in questo mondo, nei momenti di festa, deve per forza crearne un altro in un altro mondo, instillando l'aspettativa di questa ricompensa di lungo periodo come una premiazione solo dilazionata ma certa. E infatti non promette mica le fiamme dell'inferno a chi si comporta cristianamente, ma la beatitudine del paradiso.E allora, caro papa, è vero che un eccesso di materialismo desensibilizza ma, in chi sia naturalmente dotato di poca spiritualità, in momenti come questi, dove si restringono le possibilità di premiarsi, criticare anche quel poco che ci si permette la considero un'operazione crudele. Tutta la nostra vita è basata sullo stare bene: da quel paradiso evocato dai preti alla tavola imbandita, dal tepore del focolare alla carezza dell'amante. Non possiamo fare a meno di quelle vetrine luccicanti a meno che non aumenti il nostro livello di spiritualità e non aumenterà finchè sarà rinfocolato dal materialismo dell'ingiustizia.L'asceta, l'uomo spirituale, il pensatore, magari sanno rinunciare a qualcosa o a tutto delle gioie terrene, ma solo perchè le sostituiscono con gioie ultraterrene: non si può sostituire il terreno con il niente.In questo ha ragione Benedetto XVI.Ma perchè ho la sensazione che parli sempre per noi? Per noi che non decidiamo mai niente, voglio dire. Come facciamo noi a riacquistare, se mai l'abbiamo posseduta, la fiducia in colui che regola il mondo o nel mondo in genere, se questo colui o questo mondo sono tutto fuorchè giusti? Non è a noi e alle nostre piccole debolezze che deve indirizzare il suo richiamo, noi siamo piccoli in tutto. E' a chi siede nelle stanze dei bottoni, a chi ha creato e ha mantenuto le diseguaglianze, a chi ha tolto al povero per dare al ricco, a chi è responsabile dell'incrudelimento, della rabbia, è a costoro che deve essere indirizzato il suo messaggio, caro papa, e lo deve essere in maniera chiara, sfidando il potere terreno a viso aperto, senza nascondersi dietro il paravento della diplomazia.Sia coraggioso una buona volta, come lo erano gli antichi cristiani di fronte ai loro aguzzini: sfidi l'autorità costituita che non se ne vuole andare, si batta apertamente per quella poca giustizia che si può ottenere sulla terra e avrà proseliti anche per l'altra giustizia, molto più giusta, nei cieli. Osservare le diseguaglianze in atto è la peggiore medicina per diventare spirituali: noi non possiamo diventare spirituali mentre i governanti e i ricchi ingrassano a spese nostre. Sia gli uni che gli altri, con tutta probabilità, sono riusciti ad ottenere tutto ciò che hanno grazie a quell'unico merito, quello di cui dicevamo all'inizio, che non si sa se mettere o meno tra le cose meritevoli, tra gli effetti della meritocrazia.Questo è il Natale, allora. Una via di mezzo tra una consolazione gastrica e un brivido alla messa cantata di mezzanotte, tra un appagamento visuo-olfatto-gustativo e una lettura meditata. Non ci si può chiedere di rinunciare a tutto il terreno per pascerci solo dello spirituale, non almeno finchè i nostri occhi potranno vedere l'imperante ingiustizia. Un solo giorno di un dirigente pubblico -pagato da noi- vale quanto un anno di stipendio di uno di noi. A che serve che costui sia, a parole, così devoto e pio, quando non lo è negli atti. Può la chiesa accontentarsi dell'apparenza? Perchè in quel caso, con un Dio del genere, la faremmo franca in molti.Dunque, io rivendico la futilità e le vetrine luccicanti che ci sono a Natale, perchè il viatico verso una santità che non dovrebbe esserci richiesta lo compiamo ogni giorno, per esempio non eliminando questa casta e tutti i disgustosi privilegi di cui si circonda. Quanto al resto, non siamo certo noi i Bush della situazione che vogliono andare alla guerra: ci è sufficiente uno spiraglio per continuare a sperare.Lasciateci almeno l'aspetto commerciale del Natale. (E comunque, buon Natale a tutti).
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