Una volta, anni ’70 del secolo appena trascorso, “vacanze intelligenti” era lo slogan per l’estate, esibito da chi non volesse scegliere vacanze di massa allo scopo di potersi differenziare dai tanti comuni mortali. Oggi che gli italiani (intelligenti e no) è già tanto se, in questi mesi estivi, sono arrivati a potersi concedere un paio di giorni di stacco dalla consueta routine del lavoro e della casa, c’è una lettura, che è utile, in situazione, e che consiglierei, nei momenti di pausa, al posto della visione della trita, melensa e soporifera tv.
Mi riferisco alla vicenda storica dell’Amistad, la nave negriera nella quale gli schiavi destinati al Nuovo Mondo, nel lontano ‘800 si ribellarono, ammutinandosi agli schiavisti, per conquistare la propria personale libertà.
Un’attenta lettura dell’episodio storico e dei suoi protagonisti può insegnarci, probabilmente, ancora qualcosa.
E questo giacché esistono anche oggi, molto vicine a noi, forme di asservimento ad un sistema politico-sociale, che ci fa navigare da troppo tempo in “zona” grigia senza mai intravedere approdo.
E sarebbe ora, io dico, di smetterla con la passività.
Per accertarsene basta chiedere un po’ in giro ai giovani trentenni (e magari a qualcuno anche con qualche anno di più) con tanto laurea in tasca, ben conseguita ma senza l’ombra di uno straccio di lavoro.
E , poi, come se non bastasse, c’è persino il furbastro o i furbastri di turno, che speculano sulle povertà emergenti, che non sono poche. Questi attizzano il fuoco, a ogni pié sospinto, e mettono,se i grulli ci cascano, italiani e immigrati gli uni contro gli altri con tendenziose e allarmistiche notizie.
Ma ritornando al libro di Markus Redker, edito che è pochi mesi dalla Feltrinelli, esso, un po’ romanzo e un po’ saggio, ci conduce, indietro nel tempo, a una notte senza luna del lontano giugno 1839, quando l’equipaggio della goletta “Amistad”,tutti africani venduti e destinati alle piantagioni d’America, si ammutina e prende interamente il controllo dell’imbarcazione.
Questi stessi uomini,centrato l’obiettivo, credendosi nell’immediato liberi, cercano poi un porto sicuro.
Invece finiscono prigionieri nel Connecticut, catturati dalla marina statunitense. Il positivo della storia è che grazie ad una lunghissima ed estenuante battaglia legale, essi riescono ad ottenere in seguito la libertà tanto agognata e, per giunta, grazie a una sentenza della Corte Suprema, che farà epoca.
E, da quel momento in avanti, ci sarà per molti di loro anche il ritorno in Africa.
Non occorre qui dilungarsi sulla disumanità della tratta degli schiavi e del commercio triangolare (Africa-Europa-Americhe),tutti aspetti che in qualche modo conosciamo per averne letto sui manuali scolastici, semmai c’è da apprezzare la ricerca storiografica di Redker, l’autore, relativa alle fonti africane. Essa ci consente di sapere parecchio di quale pasta d’uomo fossero questi ribelli e di che valenza fosse il loro coraggio per essere usciti vincitori da una disputa giuridica , impensabile per i tempi.
Tempra e coraggio di questi uomini è quanto occorrerebbe anche a noi, politicamente oggi, per provare a uscire da una certa forma di apatia rassegnata, che non fa bene proprio a nessuno. Né ai giovani e giovanissimi, né a quelli che non lo sono più e che trascinano un’esistenza da sconfitti senza aver cercato di usare le armi. Quelle dell’intelligenza, almeno.
Buona lettura e, soprattutto, a lettura ultimata, buoni propositi.
Leggere è sempre un “crescere”.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)