Lungo quanto basta per non essere definito un romanzo breve, La ricerca dell’assoluto venne dato alle stampe nel 1834 da Honoré de Balzac, inizialmente come terzo volume delle Scene della vita privata, nella sezione Studi dei costumi del titanico piano d’opera della Commedia umana, e successivamente inserito nella sezione Studi filosofici. Diversamente dai suoi tipici affreschi sociologici, in questo lavoro Balzac si impegna in un ritratto d’interno di una buona famiglia di nobile discendenza, nel momento in cui la tranquilla e agiata esistenza nella cittadina di Douai, nelle Fiandre francesi, viene turbata dalla ricomparsa virulenta del demone della ricerca scientifica nel patriarca Balthazar Claes, ex allievo di Lavoisier a Parigi, poi marito e padre esemplare che, intestarditosi nella convinzione di poter trovare la pietra filosofale, progressivamente si lascia assorbire dai suoi esperimenti, finendo col tralasciare completamente gli affetti e la mondanità e col dilapidare ingenti patrimoni per finanziare le sue ricerche. Solo al suo fedele maggiordomo Lemulquinier, divenuto assistente negli esperimenti, è concesso di condividere il mondo parallelo in cui è stato risucchiato Balthazar. Per la famiglia e per la società cittadina di cui era un eminente e rispettato rappresentante, l’aspirante scienziato è ormai divenuto un corpo estraneo, in completa balia del proprio demone. La moglie, discendente della Casa Real spagnola, asseconda il marito in tutto, pur presagendo gli esiti nefasti sulla famiglia delle sue ricerche; sacrifica persino la propria vita alla febbre visionaria del marito, fedele ai propri doveri coniugali e al ricordo dei bei tempi andati; solo in punto di morte mette Claes davanti alla realtà dei fatti, facendosi promettere comunque dalla figlia maggiore di continuare ad assecondare il padre, qualora questi volesse perseverare nei suoi esperimenti. Margherite, la figlia, cerca in tutti i modi di coniugare il rispetto del volere materno e la tenuta economica della famiglia e, grazie all’aiuto del suo sposo, riesce a non farla naufragare completamente. Ma Balthazar rimane posseduto fino alla fine. Ormai consumato dal suo demone, ha la forza di gridare un’ultima volta “Eureka!”, prima di raggiungere l’assoluto, l’unica risoluzione definitiva che si può trovare nel mondo dei vivi.
Romanzo fluido e compatto, raccolto attorno a un nucleo ben preciso, La ricerca dell’assoluto è un lavoro del genio turennese non adeguatamente considerato. Eppure, l’apertura a diverse prospettive di riflessione, accomunate da un carattere decisamente contemporaneo, ne fanno un’opera estremamente complessa e sperimentale, sotto le mentite spoglie del racconto chiuso e lineare. In primo luogo, Balzac medita su come, anche quando si è mossi dalle migliori intenzioni e si seguono le proprie libere inclinazioni, il demone possa portare alla rovina il genio di cui si è impossessato e il mondo che a lui fa riferimento. E’ il contrasto insanabile tra le esigenze della quotidianità e la volontà di andare fino in fondo nella ricerca dell’affermazione della straordinarietà della vita individuale. Ma anche quello tra l’organizzazione razionale della società e la necessità dell’intuito e della follia per perseguire il progresso della civiltà. A prescindere dal fallimento degli esperimenti di Balthazar, la società emargina chiunque venga meno all’osservanza delle convenzioni della convivenza civile, senza indagare sulla natura benigna o maligna delle intenzioni, limitandosi alla glorificazione post mortem, nel caso le ricerche portino a dei risultati ad essa funzionali. Ma c’è soprattutto, nel romanzo di Balzac, la presa di coscienza del fallimento di ogni ipotesi di possibile definitiva risoluzione dei problemi dell’umanità. Dietro al fallimento del chimico, fa capolino un inedito relativismo tutto contemporaneo, uno scetticismo profondo verso ogni pretesa d’assoluto, il malinconico tramonto dell’idea prometeica e romantica del genio, schiacciata dalla possente avanzata del materialismo e del razionalismo. Anche e soprattutto quando questa pretesa d’assoluto viene dal progresso scientifico, da cui non ci si può aspettare la risoluzione definitiva di tutti i problemi, perché i problemi sono il vero motore del progresso.