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La riforma del Senato e le tecniche di disinformazione
Creato il 23 giugno 2014 da Veritaedemocraziauna legge elettorale (l'Italicum) che consegna al leader del primo partito classificato alle elezioni (anche se costituisce, in termini assoluti e percentuali di voti, una minoranza del Paese) tutti i poteri istituzionali (Governo, Parlamento e conseguentemente un peso determinante nella scelta del Presidente della Repubblica e dei membri della Corte Costituzionale e del CSM di nomina parlamentare) oltre a cancellare le minoranze e a mantenere l'impossibilità per i cittadini di scegliere i propri rappresentanti (liste bloccate); di fatto, tanto più con le segreterie di partito a nominare i parlamentari, un semipresidenzialismo senza contrappesi; una riforma costituzionale che elimina la garanzia del bicameralismo perfetto (la doppia lettura per l'approvazione delle leggi) rendendo il Senato una consesso di dopolavoristi nominati dai partiti dominanti e non un autonomo e indipendente Organo di garanzia (potere di indagine e di controllo, partecipazione rilevante nella nomina degli organi costituzionali ed in caso di riscrittura delle norme costituzionali) che solo un'elezione a suffragio universale con proporzionale senza soglie di sbarramento avrebbe la forza di legittimare; l'assunzione di un potere costituente da parte di un Parlamento eletto attraverso una legge elettorale costituzionalmente illegittima; l'accordo che sta alla base delle 'riforme' e del 'cambiamento', fatto con forze politiche e personaggi (Berlusconi, Forza Italia, la Lega) che non hanno alcun titolo morale e politico per riscrivere la Carta Fondamentale del Paese; il disegno strategico che è a fondamento del 'cambiamento' di Renzi: la piena attuazione delle politiche liberiste (austerità, precariato, liberalizzazioni e privatizzazioni) eliminando gli impacci costituzionali, nel solco di quanto esplicitato da JP Morgan, insieme alle pur ormai flebili e residue opposizioni politiche e sindacali; eppure anche i più ottusi tifosi di Renzi dovrebbero porsi il problema di cosa succederebbe se le elezioni fossero vinte un domani da un nuovo Hitler o Mussolini o quantomeno da un nuovo Berlusconi una volta smantellate tutte le garanzie costituzionali e delegittimate tutte le forme di resistenza sociale, di quali e quanti poteri sarebbero accentrati 'legalmente' nelle mani di un solo uomo.
E' dunque un fatale errore politico, anche da parte di Grillo che dimostra ancora una volta la propria miopia politica, quello di considerare la vittoria di Renzi alle europee il via libera da parte degli italiani alle 'riforme': un conto sono le elezioni europee, un conto sono le elezioni politiche, un conto sono le elezioni per un'assemblea costituente. Se possiamo realisticamente attribuire alle ultime elezioni europee il valore di un megasondaggio d'opinione emerge certo che Renzi è in questo momento il politico più popolare del Paese ma si tratta di un politico che in termini assoluti raccoglie la fiducia di poco più del 20 per cento dei cittadini. E questo non gli concede alcun mandato popolare a scardinare la carta fondamentale della Repubblica. Di tutto questo, di questo indegno progetto in corso tutto ciò che oggi l'informazione mette in evidenza, con la Repubblica e Il Fatto in testa, è unicamente la questione dell'immunità dall'arresto e dalle intercettazioni dei membri del nuovo Senato. Cioè si dà in pasto al popolino l'ennesima manifestazione della lotta alla casta per far dimenticare la complessiva natura antidemocratica, oligarchica, piduista delle 'riforme' renziane. E magari per poter cantare vittoria, pur dentro una svolta autoritaria, se verranno meno le immunità per i senatori come se le garanzie per i membri del Parlamento da ingiuste intromissioni del potere esecutivo non fossero state da sempre la condizione indispensabile e irrinunciabile sulla quale sono stati fondati i Parlamenti e le Costituzioni. Tanto più di fronte ad una maggioranza politica e ad un Esecutivo che si vogliono onnipotenti. Immunità che è evidentemente cosa ben diversa dall'impunità per i politici per i reati comuni ma questa non dipende da norme astratte ma dalla forza con cui l'opinione pubblica e gli elettori esprimono la propria condanna morale nei confronti dei comportanti moralmente e penalmente devianti di chi è chiamato a ricoprire cariche pubbliche.
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