La ripresa è iniziata ma è ancora lunga, attenzione alla Francia…

Creato il 14 novembre 2013 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Dalla nascita di questo sito collaboriamo in maniera estremamente proficua con Maurizio Mazziero, direttore e fondatore della società di ricerca ed analisi indipendente MazzieroResearch.

In vista del prossimo Osservatorio del MazzieroResearch sullo stato di salute dell’economia italiana, abbiamo colto l’occasione per fare qualche domanda al dott. Mazziero sulla crescita dell’Italia prevista per il 2014, sulle politicheintraprese dalla BCE e sul recente taglio del rating francese.

- Dott. Mazziero, da settimane ormai i media nazionali riportano le previsioni ottimistiche di svariati membri del governo Letta, in vista di una ripresa economica del Paese nel 2014. Si tratta di slogan o stiamo davvero invertendo la tendenza?

- I cenni di ripresa vi sono già in Europa, tenga conto che la ripresa viene misurata dal segno del Pil trimestrale, se negativo rispetto al trimestre precedente si parla di rallentamento, se positivo si parla di crescita. Ora è abbastanza naturale che dopo mesi di discesa, questa riduca il suo ritmo, poi si arresti e poi tenda a mostrare dei timidi segni di recupero. Questo in Europa si è già visto, in Italia no, ma è abbastanza plausibile che prossimamente, se non già domani quando verranno rese note da Istat le stime preliminari del Pil del III trim, si potrà vedere un segno più.

- Quindi ci siamo, abbiamo svoltato l’angolo ed imboccato finalmente la strada della ripresa?

Grafico 1

- Non esattamente. Potrà ben comprendere che però un conto è vedere il segno più nell’istogramma e ben altro è recuperare l’ampio terreno perduto dato dalla linea rossa (grafico 1), che con base 100 nel 2005 cumula perdite/guadagni percentuali trimestrali e che a metà 2013 vedeva un arretramento del 4% dal 2005 e un -8,5% dal 1 trim. 2008. In ogni caso anche per l’Italia viene previsto un recupero e lo si vede anche dai leading indicators dell’Ocse (grafico 2). Il problema per il nostro Paese è: “sarà davvero ripresa, stabile e duratura, o ci troveremo a galleggiare con alcuni trimestri positivi e altri negativi con un Pil che potrà segnare se va bene un +1% per il 2014?”

Grafico 2

E questa è la vera sfida, anche perché i Governi Europei stanno aspettando una ripresa per il miglioramento del rapporto del debito/Pil, piuttosto che agire mediante il taglio della spesa e del debito. La risposta per l’Italia è ardua in quanto vi sono dei problemi strutturali che restano irrisolti: efficienza della PA, elevata tassazione, rigidità del mondo del lavoro, eccessiva burocratizzazione, lunghezza dei procedimenti giudiziali.

- Suona abbastanza strano, in vista di questa futura crescita dell’economia, il comportamento della BCE che ha abbassato ancora i tassi d’interesse. Come mai secondo Lei?

- Senz’altro se l’economia fosse in via di guarigione non vi sarebbe stato bisogno di tagliare il tasso di rifinanziamento; ma purtroppo la situazione è talmente complessa che vi sono una serie di fattori che sicuramente hanno guidato la BCE in questa mossa:

  1. Come dicevamo una ripresa ancora poco solida e soprattutto non generalizzata fra i membri europei.
  2. La forza dell’euro rispetto al dollaro, che mina indirettamente la ripresa.
  3. La necessità di finanziare le banche a basso costo; il tasso di rifinanziamento agisce proprio su questo ed è come dare ad ogni banca la possibilità di fruire di un nuovo LTRO senza dichiararlo
  4. Un’inflazione che si avvicina troppo allo zero diventa una iattura per gli stati estremamente indebitati che si trovano costretti a restituire il finanziamento ricevuto attraverso le emissioni di titoli di Stato con una moneta che ha perso poco del suo potere di acquisto. Per questo gli Stati, oltre a certe altre amenità che si vanno dicendo come lo stimolo a comprare oggi qualcosa che domani costerà di più, vedono come il fumo negli occhi la deflazione e sono invece favorevoli all’inflazione, che di fatto sottrae ricchezza a chi presta per favorire chi prende a prestito.

- Quindi una maggiore inflazione non porterà benefici immediati, né maggiori consumi?

- Il problema per l’inflazione, che è stato l’argomento su cui Draghi ha insistito di più, è che non si muove in base alle manovre sui tassi, ma in base alle aspettative economiche delle famiglie. Le famiglie oggi non spendono perché vedono in modo incerto le prospettive economiche e cercano di accantonare denaro nell’incertezza che il Governo tassi maggiormente. Quindi difficilmente un taglio dello 0,25% potrà tradursi in maggiori consumi.

- Come ha sottolineato Lei la crescita in Europa non è omogenea. In tal proposito, pochi giorni fa, l’Agenzia di rating Standard and Poor’s ha declassato il rating sul debito francese, portandolo da AA+ ad AA. Questo ha scatenato varie reazioni, dalla risposta indignata del governo francese che lo ha definito un “Giudizio inesatto”, fino a Paul Krugman che ha addirittura indicato la decisione come un complotto contro le politiche di Hollande. Sono posizioni estremamente opposte, quanto c’è di vero?

-Le devo confessare che Krugman non è fra gli economisti che mi entusiasmano, la parte che maggiormente condivido sull’articolo è quella relativa all’andamento delle nascite, che porterà la Francia ad essere fra le nazioni con un maggior sviluppo economico; ma non ora.. tra 20 o 25 anni.

A mio modo di vedere, la Francia ha tre principali problemi:

  1. Un apparato burocratico eccessivamente ampio e costoso.
  2. Un sistema di Welfare troppo generoso, rispetto alle risorse.
  3. Una tassazione già elevata, che limita spazi di manovra ulteriori.

Il punto 2 è ovviamente quello che scardina tutto l’equilibrio e che impedisce poi manovre sui punti 1 e 3. Hollande ha scelto la strada di aumentare la tassazione e si trova a un anno e mezzo dalle elezioni ad essere il presidente francese con il minor consenso mai raggiunto, se non ricordo male si parla del 9% dei consensi.

- Nel frattempo le elezioni europee si avvicinano e in molti vedono il voto francese come possibile sorpresa.

- Stranamente i francesi non sono scesi in piazza con l’intensità con cui l’hanno fatto in passato; però stanno voltando le spalle alla “Gauche” virando verso la “Droite” nei movimenti meno europeisti (Le Pen). Tenga conto che i francesi, hanno sempre mostrato un nazionalismo spiccato; pensando di non aver bisogno degli altri Stati, possedendo un territorio vasto nel centro Europa. Messi alle strette, possono anche mettere in atto uno strappo che sinora pensavamo potesse venire dalla Germania. In passato De Gaulle non ha esitato nel tirare uno schiaffo agli Stati Uniti; in futuro la Francia potrebbe ancora tirare fuori gli artigli.


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