Se in Grecia la seppur timida ripresa dell'occupazione con l'incremento dei lavori stagionali viene considerata un segnale positivo, foriero, si spera, di una condizione economica più sostenibile, in Italia e in Spagna i dati sulla “disoccupazione estiva” confermano il trend osservato di recente. Il salto temporale – oggi è 15 ottobre e i dati sulla disoccupazione nei mesi di luglio e agosto sono stati ampiamente analizzati – è necessario per comprendere meglio l'andamento del mercato del lavoro. Nel Paese iberico, per fare un esempio, i dati di agosto e luglio sono per lo più i medesimi così come in Italia, ma è su base annua che le cifre destano maggiore preoccupazione. Da agosto 2011 ad agosto 2013 il tasso di disoccupazione è cresciuto di anno in anno di quasi due punti percentuali raggiungendo quota 12,2% (+1,5 – ad essere precisi – tra l'estate del 2012 e quella appena passata). L'anno scorso, nel periodo di riferimento, il tasso di disoccupazione era pari al 10,7%, stabile rispetto al mese precedente e in aumento di 2,3 punti percentuali nei dodici mesi. Nel 2011, invece, si attestava al 7,9%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto a luglio e di 0,3 punti ancora su base annua. Nel 2010, infatti, il tasso di disoccupazione si collocava all'8,2%. Si tratta per lo più di dati destagionalizzati – è bene precisare –, ma a ridosso dell'estate i numeri possono essere in qualche modo “drogati” dall'incremento di nuove assunzioni. Che a ben vedere, però, risultano al ribasso. Le assunzioni per lavori stagionali sono state all'incirca 196 mila, ma più in generale, a fronte di una previsione di 750 mila nuovi posti di lavoro, il saldo rispetto al 2012 è negativo (-112 mila). La riduzione dell’occupazione, considerando sia il lavoro dipendente che le altre tipologie, interessa soprattutto il settore dei servizi (-127 mila il saldo previsto da Unioncamere e ministero del Lavoro tra entrate e uscite). All’interno del settore dei servizi, la maggior perdita di posti di lavoro colpisce il commercio al dettaglio (-24.500), i servizi di alloggio e ristorazione (-25.600), quelli di trasporto e logistica (-14.700), di supporto alle imprese e alle persone (-16.300) e i servizi culturali e sportivi (-8.800). Non confondano perciò, in termini assoluti, i 20 punti di differenza tra il primo e il secondo trimestre del 2013, dovuto ad ogni modo all'avvicinarsi della bella stagione. Quello del turismo è comunque un settore in calo. Secondo i dati raccolti da Unioncamere-Isnart a programmare una vacanza per il trimestre luglio-settembre sono stati 23,4 milioni di italiani, vale a dire quattro milioni in meno rispetto al 2012. La crisi porta in dote una notevole contrazione dei consumi e una domanda interna debole – compensata solo in parte dalla presenza di stranieri – diminuisce le capacità attrattive di nuovi impieghi nei servizi. Un po' come in Grecia, con le dovute proporzioni, quando nel 2009 il settore del turismo aveva registrato un calo del 15%.Ancora una volta sono i numeri a confermare. La diminuzione della domanda di lavoro da parte delle imprese dell'industria e dei servizi tra il 2012 e il 2013, secondo il sistema informativo Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro, contempla gran parte delle tipologie contrattuali. Il calo maggiore - è la previsione - si registra (guarda caso) nelle assunzioni stagionali e non stagionali (563.400 quest'anno, 67.900 in meno rispetto al 2012), mentre i contratti atipici (quindi interinali, co.co.pro. e altri lavoratori non alle dipendenze) dovrebbero essere 44 mila in meno rispetto allo scorso anno.
(anche su T-Mag)
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