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La riserva - Editoriale di critica sportiva

Creato il 04 settembre 2013 da Luciomormile @parla_di_calcio
La riserva – Editoriale di critica sportiva - Il mercato è finito, insolitamente alle 23 del 2 settembre. Anche quest’anno il carrozzone dei presidenti senza un euro, dei procuratori trafelati in giro per ristoranti e dei giocatori ignari sulle spiagge di mezzo mondo chiude i battenti per lasciare spazio al campo, giudice supremo di oltre due mesi di forsennate trattative. Quello del 2013 non può essere ricordato come il mercato della rinascita, perché per arrivare a giocatori importanti come, in ordine sparso, Mario Gomez, Higuaìn, Tevez e Kakà le nostre squadre hanno dovuto necessariamente vendere pezzi, più o meno pregiati. Allora via all’estero i vari Cavani, Jovetic, Lamela e Osvaldo. Se non altro, è possibile affermare che quest’anno si sia fermata l’emorragia di campioni, i quali da qualche anno a questa parte senza soluzione di continuità andavano via per non tornare più. Parliamocidicalcio, in proposito, è spietato, e vi propone il pagellone dei 20 club di massima serie, che nei box dell’Ata Hotel Executive di Milano si sono sfidati a colpi di penna, carta e computer portatili. Il voto espresso per ciascuna società, beninteso, è riferito al mercato, non alle ambizioni della singola squadra, che sono trattate invece per esteso nel giudizio. Atalanta: voto 6,5. Quella vecchia volpe di Pierpaolo Marino ancora si frega le mani per aver dato, a gennaio, Schelotto all’Inter in cambio di Livaja e conguaglio. Quest’estate sono arrivati anni di esperienza, quelli di Yepes e Migliaccio, per far crescere adeguatamente i nerazzurri del futuro, su tutti il terzino Nica. E Colantuono, zitto zitto, nel frattempo cambia modulo e reinventa Livaja punta esterna alla Eto’o, al fianco di Bonaventura e alle spalle di Denis: divertimento allo stato puro! Bologna: voto 6. Senza infamia e senza lode. Gilardino è stato sostituito da Rolando Bianchi, il non più giovane Cech può rappresentare una buona alternativa a Morleo sulla corsia di sinistra, mentre in mediana la dirigenza ha preferito dare fiducia a Krhin e Della Rocca, sacrificando Taider. La nota positiva è rappresentata da Diamanti, che recentemente ha dichiarato di voler prolungare il suo rapporto con i rossoblù. Nel complesso bene, ma non benissimo. Cagliari: voto 6,5. Due scommesse quest’anno: il giovanissimo difensore greco Oikonomou e l’attaccante macedone Agim Ibraimi. Per il resto, più nulla. Il vero capolavoro del presidente Cellino, tuttavia, è l’aver saputo trattenere i pezzi pregiati della sua gioielleria. Nainggolan, Astori, ma anche Agazzi, Sau e Pinilla, i quali si candidano sempre più al ruolo di bandiere di questa squadra. L’unico neo è la gestione della faccenda stadio, ma questo con il mercato c’entra poco. I tifosi del Cagliari non meritano di vivere una situazione come quella che da quasi due anni vede contrapposti, con riflessi talvolta più che grotteschi, la dirigenza del club e l’amministrazione locale. Catania: voto 6,5. Mezzo voto in più il presidente Pulvirenti e il suo nuovo collaboratore Pablo Cosentino lo meritano per essere riusciti a farsi prendere dal rimorso, troncando la trattativa già conclusa che avrebbe portato anche Barrientos via da Catania (e dall’Italia) per pochi spiccioli. Dopo el papu Gomez e Lodi, perdere anche l’ex San Lorenzo avrebbe rappresentato un ulteriore salto nel vuoto. Ottimi gli acquisti di Plasil e Tachtsidis, da verificare invece Monzon e Leto, altri due argentini che si inseriranno presto nella foltissima colonia agli ordini di Maran. Chievo: voto 6. La favola Chievo non esiste più, e con essa è da tempo svanito il sogno di vedere una piazza cosiddetta di provincia crescere giovani campioni in grado poi di misurarsi su palcoscenici più importanti. Il Chievo di oggi è un buon insieme di giocatori che non faticano a raggiungere l’obiettivo salvezza, ma che di prospettico hanno poco o niente. Elementi come Thereau, Paloschi, Hetemaj e Dramè sembrano aver definitivamente perso il treno che porta nelle grandi piazze del calcio. Oltre all’eterna promessa atalantina Ardemagni, il mercato ha regalato Acosty e Radovanovic, che vanno a rinforzare chirurgicamente la linea mediana, ma che sicuramente non spostano gli equilibri. Fiorentina: voto 7. Una delle regine dell’estate. Chi l’ha detto che solo Corvino era in grado di fare buone operazioni di mercato? In due anni la Viola è stata rivoltata come un calzino dalla coppia Pradè-Montella, che hanno regalato giocatori e gioco ad una piazza già calda, che ora inizia a sognare in grande. Il sacrificio di Jovetic e Ljajic, campioncini svezzati e poi volati altrove, porta a Firenze Giuseppe Rossi e Mario Gomez, per un attacco forse con meno fantasia, ma con un livello di concretezza e una dote realizzativa che non ha margine di paragone rispetto al passato. La definitiva consacrazione di Rodriguez e Cuadrado, oltre al consolidamento nelle rispettive posizioni di Aquilani e Borja Valero, sono fattori che permettono di non porre limiti alla fantasia dei tifosi. Genoa: voto 5. Errare è umano, perseverare è diabolico. Il presidente Preziosi, come al solito, fa e disfa a suo piacimento. Acquisti e cessioni degni di maniaci di shopping compulsivo, ormai, si ripetono a ritmi vertiginosi ad ogni sessione di mercato. Il tutto, purtroppo, sembra non avere un senso, il rispetto di un’idea di fondo. All’arrivo dei pur discreti Lodi, Santana e Biondini fanno da contraltare le cessioni di Immobile, Bovo e Cassani. Dare le chiavi della panchina con un contratto di quattro anni a Liverani, tecnico alla prima esperienza da professionista, inoltre, potrebbe presto diventare un problema, soprattutto alla luce dei primi risultati del campo, non proprio incoraggianti per il Grifone. La domanda che sorge spontanea è: perché? Inter: voto 6,5. Un solo acquisto vero: Walter Mazzarri. Il tecnico ex Napoli è stato chiamato per fare ciò in cui riesce meglio, ossia ottimizzare ciò che c’è. Il materiale a sua disposizione, ci mancherebbe altro, non è di cattiva qualità, basti pensare ad Alvarez, a Ranocchia, a Juan Jesus e a Palacio, solo che negli ultimi tempi era stato lavorato decisamente male. In un’annata caratterizzata dalla mancata qualificazione europea, dal mercato non poteva arrivare molto più di Belfodil, Taider, Icardi e lo svincolato Campagnaro. Ma Mazzarri è stato preso per ottimizzare, in attesa dell’acquisto più importante, proveniente dall’Indonesia. Juventus: voto 7,5. Serviva un giocatore di nome: è stato preso Tevez. Serviva un’alternativa in avanti, un centravanti di peso: ecco Llorente. Serviva un difensore in grado di rappresentare la prima scelta dopo Chiellini e Bonucci: arriva Ogbonna. Dire, come ha fatto Conte, che la squadra si è indebolita a seguito delle cessioni di Matri e Giaccherini, onestamente, sa molto di pretattica. La Juve è la squadra più forte degli ultimi due anni, lo dice il campo, e rinforzare la squadra più forte è quanto di più difficile si possa immaginare. Diciamo, allora, che Marotta ha imbastito un mercato per avvicinarsi alle grandi d’Europa. Lazio: voto 6. Ha speso tanto, Lotito. Ha speso più di tutti perché è l’unico che non ha ceduto nessuno. Ha speso bene in alcuni casi, decisamente male in altri. Un plauso gli va dato, perché ha resistito alle sirene per Hernanes e Candreva, ma rinforzare ulteriormente il centrocampo con Biglia e Felipe Anderson, in un reparto che ha già almeno tre elementi di spessore, sembra eccessivo. Ciò a fronte di una difesa che deve vincere la scommessa Novaretti. Petkovic avrà tanto lavoro da fare quest’anno, non sarà facile bissare la straordinaria annata appena andata in archivio. Livorno: voto 4,5. Si prenda quanto detto per il Chievo e lo si capovolga completamente. Bardi, Valentini, Siligardi, Emeghara e Paulinho, benchè non giovanissimi, sono giocatori troppo inesperti da lanciare tutti insieme in serie A. Mancano uomini d’esperienza, fatta eccezione per il solo Biangianti, in grado di trascinare i meno esperti sull’onda dell’entusiasmo tipico delle neo-promosse. Sarà davvero dura per Nicola lottare per la salvezza. Milan: voto 7,5. Due mesi di nulla, Poli a parte. Poi, l’apoteosi. Galliani riesce in un colpo solo a prendere Matri dalla Juve e a far ritornare Kakà da Madrid, con un’operazione che molti hanno definito “ingegneristica”. Cartellino rilevato gratuitamente, ingaggio perfino inferiore rispetto a quello che il brasiliano percepiva a suo tempo a Milano e la promessa di portarlo dove lui vuole, a Los Angeles, tra due anni. Se a tutto ciò si aggiunge che il Milan ancora incassa dal Real le rate di quei 65 milioni garantiti da Florentino Perez, viene spontaneo alzarsi per applaudire. Servirà Kakà alla causa milanista? Sicuramente molto di più di quanto potesse servire Honda, con tutto il rispetto. Napoli: voto 7. Via Cavani, dentro Higuaìn. L’operazione, oltre che frantumare e ricostruire il cuore dei tifosi nel breve volgere di poche settimane, ha fruttato circa 25 milioni da reinvestire subito. Non ci sono stati fuochi d’artificio, sia chiaro, ma il mercato è stato condotto in maniera intelligente e funzionale sotto l’occhio vigile di Benitez, forse lui il vero botto di mercato. Callejon, Mertens, Raul Albiol, Reina in porta che servirà a far crescere Rafael: tutti acquisti che mettono in pratica l’idea di calcio del tecnico spagnolo. E poi gli esuberi, da Dossena a Calaiò, da Donadel a Gargano, tutti sapientemente smaltiti da Riccardo Bigon. La rosa non pare completa al 100%, ma per riparare c’è sempre gennaio, parola di Aurelio De Laurentiis. Parma: voto 6,5. La cessione di Belfodil ha finanziato interamente il mercato ducale. Il presidente Ghirardi, con i dieci milioni incassati dall’Inter per la metà dell’attaccante, è andato a prendere Felipe, Cassani, Gargano e Obi. La ciliegina sulla torta, ovviamente, è rappresentata dal resto dell’operazione Belfodil, quell’Antonio Cassano che garantirà classe sconfinata, in aggiunta alla potenza di Amauri e alla velocità di Biabiany. Si può senz’altro dire che, insieme all’Atalanta, il Parma sia la società che sul mercato si è mossa meglio tra le squadre in lotta per non retrocedere. Roma: voto 7. Il giorno dopo l’addio di Baldini, gli americani sono stati chiari con il nuovo plenipotenziario giallorosso Sabatini: senza qualificazione in Europa è necessario fare un mercato di plusvalenze. Sotto questo punto di vista, si può dire che il dirigente giallorosso abbia compiuto più di mezzo miracolo. L’offerta che non si può rifiutare è arrivata per Marquinhos, portando nelle casse più di 30 milioni. Poi sono arrivati i sacrifici di Osvaldo e Lamela, da mesi lontani con la testa dalla capitale. Con tale cospicuo tesoretto è stato possibile portare a Trigoria De Sanctis, Benatia, Maicon, Strootman, Ljajic e Gervinho, riuscendo a chiudere il bilancio in attivo e tenendo duro per De Rossi e Pjanic. Nelle condizioni economiche e ambientali in cui versavano la società e la squadra all’indomani del derby-finale di Coppa Italia, è davvero difficile immaginare impresa migliore. Sampdoria: voto 6,5. Finalmente la strada imboccata sembra essere definitivamente quella, un po’ alla Udinese dell’era pozzo, della crescita graduale dei giovani, al fianco di autentiche colonne della squadra in grado di far sì che migliorino nelle migliori condizioni. Vanno letti in questo senso gli ingaggi di Regini, Petagna e Gabbiadini, uniti alla speranza di definitiva consacrazione dei vari Romero, Obiang e Krsticic. Grande importanza avranno, come detto, i grandi vecchi dello spogliatoio, da Palombo a Gastaldello, passando per De Silvestri. Delio Rossi non può che essere contento dell’operato della dirigenza. Sassuolo: voto 5. L’entusiasmo della matricola, per la prima volta in serie A, un sistema di gioco ormai assimilato e qualche acquisto degno della massima serie, talvolta possono non bastare. Pegolo, Rossini, Ziegler, Kurtic e Floro Flores sembrano perfetti per il Sassuolo del patron Squinzi, il quale si avvale della collaborazione dell’ottimo Nereo Bonato. Tuttavia, i primi risultati sembrano dare torto all’operato della società emiliana sul mercato. Il campionato è solo all’inizio, ma per dimostrare la bontà degli acquisti fatti è ora di iniziare a mettere fieno in cascina, lo sa bene Di Francesco. Torino: voto 5,5. Nessuno ha ben capito i motivi del mancato rinnovo a Rolando Bianchi, l’unica cosa certa è che il capitano è andato via a parametro zero. Via alla rivoluzione, dunque, non solo di uomini ma anche di modulo. Il vecchio 4-2-4 fa spazio al 3-5-2, più congeniale ai nuovi arrivi Moretti, El Kaddouri e Farneroud. A tutta fascia potrebbero guadagnarci i laterali D’Ambrosio e Darmian, mentre già dalle prime uscite è stato chiaro che in avanti è fondamentale la presenza di un attaccante, nello specifico Ciro Immobile, in grado di svariare su tutto il fronte. Per il momento sembra non essere tutto rose e fiori, ma Ventura è allenatore esperto, saprà trovare la quadratura in tempi brevi. Udinese: voto 6. A Udine partono sempre in sordina, magari cedendo qualche pezzo pregiato in cambio di frotte di giocatori dai nomi esotici, che puntualmente si trasformano negli Inler, Sanchez, Asamoah e Isla di turno. Quest’anno, l’unica cessione eccellente è stata quella di Benatia alla Roma, mentre sono arrivati una decina di soliti sconosciuti. Su tutti, per il momento, spicca Kelava, portiere croato reduce da buone stagioni alla Dinamo Zagabria. Riuscirà Guidolin nell’impresa di trasformare onesti giovanotti in nuovi campioni, degni di quelli che in epoca recente hanno fatto la fortuna delle casse di Pozzo? Vedremo. Verona: voto 6. Gli scaligeri del presidente Setti, gestiti per quel che concerne il mercato da Sean Sogliano, tornano in serie A dopo 11 anni. La rosa è cambiata in modo quasi radicale, il che non sempre è sintomo di organizzazione e idee chiare. La sufficienza è meritata perché in estate la dirigenza gialloblu non ha dato mai l’idea di puntare su calciatori che poco hanno a che fare con la massima serie. Ecco che sono arrivati Donati, Cirigliano, Jankovic, Romulo e, scusate se è poco, un redivivo Luca Toni, che da subito con la doppietta al Milan ha fatto capire di non essere andato a Verona in vacanza. Mandorlini può dormire tra due guanciali.   Paolo Esposito

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