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La risposta educativa alle prepotenze tra alunni

Creato il 14 dicembre 2010 da Liz1968
Interventi sul bullismo in classedi Simona Caravitafonte:INDIRE
 
La risposta educativa alle prepotenze tra alunniLa Corte di Cassazione ha indicato di custodire in carcere e non in comunità gli adolescenti autori di gravi e reiterati episodi di prevaricazione e teppismo. Se di fronte a eventi di particolare gravità e a comportamenti prepotenti che si configurano come apertamente delinquenziali il ricorso all’autorità giudiziaria e a severe misure repressive risultano necessari, è vero che il fenomeno del bullismo a scuola richiede primariamente la messa in atto di risposte educative da parte del contesto scolastico che ne è palcoscenico.

Muovendosi in questa direzione, la ricerca scientifica nazionale (Fonzi, 1997, 1999; Menesini, 2000, 2003 etc.) ed internazionale (Olweus, 1993; Sharp e Smith, 1995, etc.) ha elaborato e sperimentato diverse metodologie e programmi di intervento con l’intento di prevenire e contrastare il diffondersi delle prevaricazioni tra alunni di scuola primaria e secondaria di primo e secondo livello.La scelta e l’adattamento flessibile alla realtà scolastica della proposta di intervento che si desidera applicare, tuttavia, possono essere operati solo dopo avere approfondito alcune dimensioni che contraddistinguono il problema del bullismo.La risposta educativa alle prepotenze tra alunniA questo riguardo la letteratura (Olweus, 1993; Fonzi, 1997; Menesini, 2003; Caravita, 2004; Gini, 2005 etc.) concorda nell’individuare nell’intenzionalità delle molestie, nella reiterazione delle prepotenze e nell’asimmetria di potere interna alla relazione bullo-vittima gli aspetti più caratteristici di questo fenomeno e che lo distinguono dai comportamenti genericamente aggressivi messi in atto da singoli bambini o ragazzi. In particolare, la reiterazione delle prepotenze e lo squilibrio nella forza tra il prepotente ed il suo bersaglio costituiscono fattori che ben sottolineano la natura relazionale del bullismo: il bullismo è un problema che interessa il rapporto tra un alunno prevaricatore e un alunno prevaricato, rapporto in cui i ruoli di bullo e vittima tendono a cristallizzarsi nel tempo e che giunge a coinvolgere tutti gli allievi della classe, seppure con i ruoli differenti di bullo, aiutante del bullo, sostenitore del bullo, difensore della vittima, vittima ed esterno (Salmivalli et al., 1996).Questa specificità del bullismo come problema che interessa i sistemi relazionali del gruppo-classe e della scuola non è stata trascurata dagli esperti che nelle tecniche di intervento predisposte richiedono generalmente di non focalizzare l’attenzione esclusivamente sui giovani che subiscono le prepotenze e sui ragazzi problematici ma di rivolgersi all’intero gruppo classe e al complesso del contesto scolastico.Le metodologie e i programmi di interventoIn questa prospettiva, particolarmente efficaci sono risultati gli approcci ecologici e sistemici al problema, come il programma strutturato da Olweus (1993) e quello elaborato da Sharp e Smith (1995), che richiedono attività a diverso livello (di scuola, di classe e sui singoli individui) e che coinvolgono l’intero sistema scolastico (dirigenza, docenti, personale non-docente, alunni, famiglie e agenzie correlate alla scuola) con l’intento di attivare un cambiamento del clima, delle norme e dei valori propri dell’istituzione educativa e un mutamento nei soggetti a rischio.Uno strumento particolarmente utile per tali finalità, e previsto dai programmi di intervento strutturato, è la predisposizione di una politica di prevenzione e contrasto del bullismo, ossia una dichiarazione di intenti che diriga l’azione e l’organizzazione interne alla scuola, declinata in una serie di obiettivi concordati dalle diverse componenti della struttura scolastica e redatta in un documento che la ufficializzi. Una simile procedura tende a creare nell’istituzione una comunanza di principi di azione tali da rendere coerenti, nel tempo e tra persone, i singoli interventi educativi realizzati per contrastare le prepotenze.I diversi programmi, poi, si differenziano per le tipologie di attività proposte ai tre livelli di scuola, classe e individuo ma questa impostazione mirata a dare unitarietà all’opera educativa della scuola appare vincente.Una diversa impostazione è assunta dalle proposte incentrate sul supporto tra compagni come il modello di intervento dell’Operatore amico (Menesini, 2003), che richiedono comunque di coinvolgere nell’azione di prevenzione e contrasto delle prepotenze tutti gli alunni della classe. Nel caso dell’Operatore amico, ad esempio, tutti gli allievi del gruppo a rotazione partecipano a un training mirato a potenziare le loro naturali capacità di sostegno agli altri, così da esplicare poi il loro compito di supporto ai compagni in difficoltà nella quotidianità della vita scolastica.Modalità meno strutturate di intervento, inoltre, si avvalgono efficacemente delle possibilità offerte dall’attività didattica. La visione di film, la lettura e la discussione con la classe di testi letterari che affrontano il tema delle prevaricazioni e delle relazioni tra compagni, il role-playing e la scrittura creativa sono strumenti didattici che possono essere impiegati per sensibilizzare gli alunni al problema e accrescerne la sensibilità verso le vittime, purchè impiegati all’interno di un percorso articolato di riflessione sul bullismo e sulla necessità di combatterlo.Se in classe ci sono alunni prepotentiPur nella varietà delle singole modalità operative rapidamente delineate in questa breve panoramica, dalla letteratura provengono alcune indicazioni generali per l’impostazione dell’azione educativa quando in classe si verificano episodi di prevaricazione tra coetanei.La prima efficace risposta risiede nella coerenza e costanza dell’operatività educativa degli adulti. I docenti devono coordinarsi tra loro e, auspicabilmente, con le famiglie per intervenire con la medesima fermezza di fronte alle grandi e piccole prepotenze, sanzionando tali condotte ma senza etichettare gli autori come “prepotenti”, così da evitare che si adeguino a tale ruolo. In positivo, inoltre, i comportamenti di sostegno e aiuto tra gli alunni vanno incentivati ed esplicitamente approvati, soprattutto se posti in essere da giovani che si sono dimostrati prepotenti in passato.La complessa natura relazionale del bullismo, da ultimo, come accennato richiede di non incentrare l’intervento solo sui ragazzi a rischio di divenire bulli o vittime bensì di rivolgersi a tutto il gruppo al cui interno nascono, si diffondono e trovano supporto le molestie tra compagni. In specifico, gli alunni neutrali che cercano di non farsi coinvolgere nelle dinamiche delle prepotenze devono essere sospinti a intervenire a difesa e tutela delle vittime, mentre i compagni che sostengono la prevaricazione con la loro tacita approvazione devono essere sensibilizzati alla sofferenza fisica e psicologica di chi è oggetto di prepotenze. Solo attivando l’impegno di tutti i docenti e di tutti gli allievi, può essere prevenuto e contrastato il bullismo.

Riferimenti bibliograficiCARAVITA S. (2004), L’alunno prepotente. Conoscere e contrastare il bullismo nella scuola, Brescia: La scuola.FONZI A. (1997), Il bullismo in Italia. Il fenomeno delle prepotenze a scuola, dal Piemonte alla Sicilia. Ricerche e prospettive d’intervento, Firenze: Giunti.FONZI A. (1999), Il gioco crudele. Studi e ricerche sui correlati psicologici del bullismo, Firenze: Giunti.GINI G. (2005), Il bullismo. Le regole della prepotenza tra caratteristiche individuali e potere nel gruppo, Roma: Edizioni Carlo Amore.MENESINI E. (2000), Bullismo che fare?Prevenzione e strategie d’intervento nella scuola, Firenze: Giunti.MENESINI E. (2003), Bullismo: Le azioni efficaci della scuola. Percorsi italiani alla prevenzione e all’intervento, Trento: Erickson.OLWEUS D. (1979), Stability of Aggressive Reaction Patterns in Males: A Review, in “Psychological Bullettin”, 86, 4, 852-875.OLWEUS D.(1993), Bullismo a scuola, Firenze: Giunti, 1996.SALMIVALLI C., LAGERSPETZ K.M.J., BJORKQVIST K. (1996), “Bullying as a group process: Participant Roles and Their Relations to Social Status Within the Group”, in Aggressive Behavior, 22, 1-15.SHARP S., SMITH P.K. (1995), Bulli e prepotenti nella scuola. Prevenzione e tecniche educative, Trento: Erickson.Simona Caravita è ricercatrice dell'Università Cattolica del Sacro Cuore presso il Centro di Ricerca delle Tecnologie dell’Istruzione.

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