Dopo aver perso tutti i suoi soldi in una partita di poker giocata 18 anni fa, Franco Mattioli (Diego Abatantuono) si è risollevato diventando proprietario di molti cinema della Lombardia. Decide di tornare a Bologna per rivedere l’amico Gabriele Bagnoli (Alessandro Haber) dopo aver scoperto la sua malattia a uno stadio terminale. In realtà il grave stato di salute del Bagnoli è l’occasione per incontrare Ugo Cavara (Gianni Cavina) e Stefano Bertoni (George Eastman) e spingere l’avvocato Santelia (Carlo Delle Piane) a tornare al tavolo verde per una rivincita il giorno di Natale …
Seguito del film Regalo di Natale girato nel 1986, La rivincita di Natale riunisce il cast della precedente pellicola con delle aggiunte (il cardiochirurgo Renato Delai e sua moglie Elisa, per fare un esempio, sono tra i nuovi personaggi e anzi hanno un ruolo fondamentale).
Il centro del film è ovviamente la partita di poker che il Mattioli vuole a tutti i costi rigiocare. Come sottolineato in più momenti il pensiero della passata sconfitta non lo ha mai abbandonato, imprimendosi nella sua mente e spingendolo ad aspettare il momento giusto per organizzare la cosa. Abatantuono diventa in un certo senso un moderno Amleto nel tessere una rete d’inganni necessaria a conquistare la sua vendetta contro l’avvocato Santaelia, l’uomo che lo aveva ingannato 18 anni prima con l’aiuta del Cavara. Il film sembra quindi svilupparsi come una girandola di alleanze e tradimenti, nessuno è chi sembra essere in realtà e tutti risultano avere un patto col diavolo sulla propria coscienza: il Mattioli fa squadra con il Cavara e il Bagnoli, Bertoni è amico del Mattioli e cerca di farlo desistere mentre viene fuori che è in contatto con l’avvocato Santaelia, il Cavara tenta di screditare il Bagnoli agli occhi del Mattioli accusandolo di essere in complicità con il Santaelia …
Tutti sembrano contro tutti alla fine, non è dato sapere chi è amico fraterno e chi nasconde un pugnale pronto a colpire. Dall’idea che la vendetta sia sempre necessaria, nonostante il passare degli anni, il film si evolve mostrando come il Cavara e il Bagnoli si siano uniti per rovinare il Mattioli e batterlo al tavolo verde. L’amicizia che l’imprenditore pensava di avere con l’amico malato è solo un castello di sabbia spazzato via dalle onde degli anni passati, l’amore che sembrava essere nato con la giovane moglie del medico (che in realtà è un boss criminale che fornisce ai due i soldi per la partita) un’illusione e nulla più: tutto è stato predisposto contro di lui come un gioco di specchi destinato a distruggerlo nuovamente. E quindi Avati dal desiderio di soddisfazione passa a concentrarsi sull’amicizia e su come questa possa marcire completamente.
Ma la realtà è mutevole e menzoniera. Il principe danese di Avati finge di essere pazzo quando in realtà la sua mente è lucida e ferma, capisce il tranello in cui cercano di spingerlo e conquista la vittoria sul campo grazie all’ultimo degli alleati: causa di un tormento radicato nel suo cuore, l’avvocato Santaelia diventa una sorta di Orazio che appoggia l’eroe durante la battaglia e gli fornisce il punto necessario a battere il Cavara e il Bagnoli nell’ultima mano.
Nonostante la vittoria del protagonista, il film è intriso di una malinconia tipica dello stile di Avati. Il Mattioli è tornato a Bologna per avere la sua rivincita e non per la malattia del Bagnoli, avrebbe aspettato se non lo avesse saputo morente. La partita è l’unico suo pensiero, la giovane donna che lo seduce (una prostituta probabilmente) solo un lieto passatempo fra i propositi di rivalsa. Ma forse un po’ di amore per quella ragazza esisteva nel Mattioli, perché tornare altrimenti nella pensione in cui l’aveva lasciata, la mattina dopo, nonostante sapesse che lo aveva ingannato?
Alla fine Amleto ha vinto, i traditori sono stati puniti e l’onore ristabilito … ma forse non è stato conquistato alcunché, forse tutto questo non è servito a niente.