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La rivolta di sabbia

Creato il 23 febbraio 2011 da Angel

L’ onda lunga delle rivolta che, nel corso di queste settimane, ha interessato tutta l’ Africa settentrionale ( salvo il solo Marocco), ha palesato l’ inadeguatezza degli organi politici per quel che riguarda la gestione diplomatica della tensione innescatasi nel mediterraneo. La corsa agli appelli di pace e alla non belligeranza, che si sono rincorsi in queste ore, rivelano un fondo di sottile ipocrisia. Infatti è dal dopoguerra e, quindi, dalla decolonizzazione che paesi come l’ Algeria, la Libia, l’ Egitto, non hanno mia avviato processi di democratizzazione delle proprie isituzioni politiche e di modernizzazione dei settori strategici della società civile ( infrastrutture, servizi, tecnologie, scuole, strutture sanitarie). Un immobilismo da imputare all’ integralismo e al fanatismo politico – religioso dei paesi arabi. Certamente. Ma anche agli appetiti egoistici e irrefrenabili delle grandi multinazionali europee in campo energetico, minerario, tecnologico. Sono loro le reali forze dominanti in tutta l’ Africa. Sono sempre loro a disporre, per conto dei governi europei, americani ed asiatici, l’ assetto politico ed economico dei paesi africani. Con la connivenza, naturalamente, della casta politica locale. Ed è all’ interno di questa logica che possiamo comprendere il perchè delle enormi ricchezze accumulate da leaders come Gheddafi o Moubarak. Una ricchezza sulla quale, come una macchia opprimente, grava l’ insaziabile fame del capitalismo europeo e mondiale. Povertà, fame, anafalbetismo, strutture socio – economiche obsolete ed oscurantismo culturale e religioso costituiscono la ricetta esplosiva deflagrata nella violenza, negli scontri e in una sanguinosa guerra civile che si sta per consumare in Libia. Le masse popolari, riversatesi nelle piazze, ci informano che è in atto un processo al quale, credo, mai prima di oggi si era assistito all’ interno del mondo islamico. La folla rivoltosa ha un’ indentità ben precisa: ed è quella di un popolo che chiede pane, riforme, stabilità. Chiede qualcosa che gli attuali regimi africani, fondati sull’ autocrazia politica e religuiosa non sono mai riusciti a garantire. Insomma è una società, quella islamica, che con  disperazione sta tentando di divincolarsi dalle maglie ingarbugliate di assetti politici che da decenni non hanno offerto che paura, integralismo, lassismo istituzionale e burocratico. Ciò di cui siamo testimoni potrebbe apparire come uno dei cambiamenti più profondi ed epocali per la storia del mondo islamico: il rovesciamento di un intero universo nel quale ci si è identificati per generazioni. Ma su queste rivolte incombe un’ inquietante riflessione: la mancanza in questi moti rivoltosi di una forma di organizzazione, seppur primitiva. Di un gruppo intellettuale in grado di orchestrarle e di dare loro forza ed incisività. Si rischia, in ultima analisi, di seppellire con sabbia rovente la neonata lotta delle nuove generazioni arabe contro quel mondo ereditato dai loro padri.



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