Guardiamo alla Francia con spirito di ammirazione ed un pizzico di sana invidia, sperando che anche qui da noi qualcosa possa finalmente cambiare! I tempi per una rivoluzione culturale, democratica e pacifica, che crei quel sano e giusto ricambio generazionale della classe dirigente nostrana, sono ormai maturi!
Non è più tempo di ghigliottine, forconi e teste mozzate. E il messaggio ci arriva forte e chiaro dalla nuova Francia di Francois Hollande! Un paese che in fatto di rivoluzioni non deve certo prendere lezioni da nessuno! Ma nel Belpaese un italiano su tre è di avviso contrario:
Quel che serve in Italia per cambiare davvero il Paese è la “rivoluzione”! E’ il risultato di un sondaggio commissionato dalle Acli - Associazioni cristiane dei lavoratori italiani - in collaborazione con Iref, dal titolo:
''Come e quando usciremo dalla crisi economica?''.
Anche se poi questi signori che dichiarano di volere "la Rivoluzione"
dovrebbero spiegarci chi e come scenderebbe per le strade a farla questa benedetta "Rivoluzione"! La Rivoluzione - intesa come cambiamento improvviso e violento per sovvertire un ordine precedente e instaurarne uno nuovo -
è figlia della fame, della disperazione e delle dittature, non certo dei nostri tempi in cui tuttalpiù si può parlare di indignazione, che seppur portata ai limiti estremi dell'esasperazionetà non partorirà mai nulla di più che un corteo, una manifestazione o al massimo la nascita di qualche movimento! La stragrande maggioranza degli italiani "sta bene", ha di che vivere, perchè giusto tanto gli viene dato per tenerla a bada, per non farla "rivoltare contro" e quindi... Comunque, tornando al sondaggio emerge che una spesa imprevista di 100 euro manderebbe in crisi il bilancio familiare per sei italiani su 10. Più preoccupati sono i cittadini del Sud, le donne e i giovani. Quasi la metà degli intervistati (47,5%) ha iniziato a percepire in concreto nella vita quotidiana gli effetti della crisi economica tra il 2010 e il 2011; il 14,8% era già in una situazione di sofferenza economica prima del 2008. La grande maggioranza degli italiani (72,4%) non riesce a leggere in questa crisi un'occasione di progresso o cambiamento. Per uscire dalla crisi, secondo gli italiani non si può non puntare su una maggiore equità (24,9%) e moralità (22,8%) generale da un lato e dall'altro occorre far leva sulla competenza (18,5%) delle classi dirigenti e sull'innovazione (12,7%). La richiesta di una maggiore equità sociale emerge anche in relazione all'opinione degli italiani su chi deve pagare la crisi: il 74,8% infatti ritiene che siano i cittadini più facoltosi a dover sopportare il carico maggiore della crisi. Chi ci toglierà dalla crisi? Non importa che sia uomo o donna, sposato o cattolico: il leader futuro sarà giovane (53%) e con competenze professionali all'altezza delle sfide attuali, laureato (49%), se necessario docente universitario (37%). Sul fronte degli interventi da effettuare, per la grande maggioranza degli italiani deve occuparsi prima delle famiglie e poi dei conti dello Stato e tenere conto delle indicazioni delle istituzioni internazionali.
Per cambiare il Paese, per la maggioranza (50,9%) la strada da seguire è quella riformista, con interventi graduali e condivisi ma anche impopolari. Ma la crisi porta con sé anche atteggiamenti radicali: quasi
un terzo del campione (32,%) vede la "rivoluzione" come unico mezzo per trasformare l'Italia. Per il 17,2% degli intervistati "questo Paese non cambierà mai!". Per il presidente delle Acli "il Paese ha bisogno di ripartire ricostruendo il rapporto di fiducia con i cittadini e rianimando il sentimento di speranza, offrendo un modello e un progetto credibile di sviluppo. Il risanamento dei conti non basta. Gli italiani mostrano di aver ben chiare le priorità:
lavoro, giustizia e onestà. La strada da percorrere é quella delle riforme, per cambiare in meglio questo Paese, senza lasciare altro pericoloso spazio ad astensionismo e antipolitica". Per concludere. Certo, i sondaggi rivelano tutto ed il contrario
di tutto. Però fotografano, comunque, uno stato d’animo. E lo stato d’animo degli italiani è a dir poco "indignato", perché sono stati illusi, traditi e spremuti da chi quella "rivoluzione" l’aveva promessa senza arrivare a nulla che non fosse la conservazione dello stato attuale delle cose.
Forse per questo la domanda di Rivoluzione resta alta. Se chi rappresenta lo Stato pretende il rispetto dai cittadini, è bene che lo Stato sia leale con i cittadini. Le tasse non servono per far quadrare i "loro" conti. Le tasse si pagano, tutti, per ricevere in cambio servizi pubblici efficienti. La qual cosa non accade. Tant’è che basta un Grillo qualsiasi per far gridare alla...
Rivoluzione. Una Rivoluzione che a parole tutti dicono di volere, ma che nessuno farà mai!