Ho letto che Saviano ha scritto agli studenti, invitandoli a non commettere l’errore di diventare un movimento violento. Chi più, chi meno, tutti hanno condannato la violenza del 14 dicembre: sindacati, partiti, giornali, intellettuali. Si è parlato di black block, di infiltrati, di poliziotti in borghese. Si è cercato di circoscrivere il fenomeno violenza a poche persone, quando invece a me è sembrato che il disagio sociale sia esploso anche in senso fisico, e abbia coinvolto centinaia di studenti e non soltanto pochi black block. Che il disagio sociale sia esploso anche in senso fisico non è necessariamente una cattiva notizia. Però vediamo di essere molto chiari su questi temi.
Io vorrei dire delle cose terra-terra.
La prima: la violenza, da che mondo è mondo, è una delle possibili armi con cui è possibile fare politica. Se non erro, fu von Clausewitz a dire “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”. Ma senza andare indietro fino al generale asburgico prussiano in epoche in cui si esporta la democrazia con la guerra penso siamo tutti d’accordo nel poter ammettere che la violenza (e la guerra) sono – purtroppo – armi politiche usatissime. Anche dalle democrazie, sissignori. Ci piace che sia così? Non ci piace? Non ha alcuna rilevanza. E’ così, vale per tutti: stati, democrazie, regimi, cittadini, studenti.
La seconda: un movimento di cittadini che sceglie di usare la violenza per farsi sentire, “visto che in altri modi non sono riusciti a ottenere attenzione dal governo”, come ho sentito dire da studentesse e studenti in televisione, deve rendersi conto del fatto che quando i cittadini usano la violenza ci sono solo due strade possibili: o la via dell’insurrezione, normalmente repressa nel sangue di chi insorge, o la via della rivoluzione.
Nel caso in cui gli studenti non siano disposti a farsi letteralmente ammazzare di botte dalle forze dell’ordine (che in epoca democratica, badano a contenere e a picchiare q.b., ma in epoche autocratiche o dittatoriali, ammazzano senza rimorsi anche migliaia di cittadini, e i fatti di Genova 2001 penso che abbiano dato un assaggio di ciò, che tutti dovrebbero ricordare), e dunque se volessero passare dall’insurrezione tentata alla tentata rivoluzione (e magari riuscita, cosa che in Italia s’è vista rarissimo) l’unica strada è quella di allearsi politicamente con le forze dell’ordine. Cioè: se poliziotti & co. manifestano contro il governo per via dei tagli nel loro settore, gli studenti (e tutte le altre categorie scontente del governo) dovrebbero manifestare con i poliziotti. Lo so che sembra impossibile questa alleanza. Ma ricordatevi, cari studenti: se volete metterla sulla base di chi usa meglio la violenza, alla fine chi ha le pistole alla cintola sono le guardie, non voi. Ed è perfettamente inutile passare dal lancio di sanpietrini agli spari amatoriali, stile ’77, perché dall’altra parte ci sono degli eserciti allenati a fare la guerra e, perché no, a reprimere la guerriglia fatta dagli sparatori amatoriali.
Quindi, delle due l’una: o gli studenti tornano pacifici, o, se decidono di diventare violenti, si alleano con chi è armato ed è in uniforme, e insieme a questi, cerca di rovesciare il governo.
Naturalmente, se mai un’alleanza forze dell’ordine-studenti si dovesse creare, sarebbe contrastata da altre forze dell’ordine che non sarebbero disposte al rovesciamento del governo. Sarebbe una piccola guerra civile, in tal caso. Ma non so chi la vincerebbe, vista l’impopolarità dell’attuale classe dirigente. In ogni caso, chi decide di usare la violenza non può stupirsi se poi la repressione da parte dello Stato è violenta. Infatti, se non so chi vincerebbe questa guerra civile, so chi la perderebbe: i morti sul selciato.