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La rivoluzione ucraina tra spiragli di luce e nuove ombre

Creato il 26 febbraio 2014 da Ilnazionale @ilNazionale

ucraina26 FEBBRAIO – Non si placano i timori per il futuro dell’Ucraina, nonostante la fuga dell’ex presidente Janukovich e la liberazione della leader della Rivoluzione arancione, Julija Timoschenko. Chi pensava che le violenze si fossero placate, o che fossero quantomeno in via di risoluzione, è destinato a rimanere deluso, dal momento che i media ucraini hanno segnalato la presenza di alcuni mezzi blindati russi, arrivati nel centro di Sebastopoli, in Crimea.

La Crimea, piccola penisola sul Mar Nero, non ha mai nascosto la sua ostilità verso la “madrepatria” ucraina, preferendo la secessione o, secondo altri, l’annessione alla Russia. Molti manifestanti hanno dunque partecipato alle rivolte chiedendo l’intervento dell’esercito russo al grido di «Russia, noi siamo tuoi figli!». In queste ore è stata annunciata una riunione straordinaria del Parlamento, fissata per domani, mentre il leader dei cosacchi russi Aleksandr Tseriuta, secondo notizie divulgate dalla testata Lifenew.ru, avrebbe già confermato la disponibilità dei suoi uomini ad «assicurare la pace nella zona». Si stima che oltre mille militanti si sarebbero attivati, proprio in queste ore, per spostarsi in Crimea e sostenere la causa secessionista.

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In tutto questo, la città di Sebastopoli gioca un ruolo chiave, essendo un porto strategico sia per gli interessi russi che per quelli ucraini. Fin dal mese di marzo 2011, è balzata agli onori delle cronache in relazione alla guerra civile siriana, dato che proprio a Sebastopoli i Russi coordinavano le operazioni militari verso il Paese, dirigendo in particolare le mosse della base navale di Tartus.

Nel frattempo, altro elemento critico è dato dalla situazione degli istituti di credito. L’agenzia di rating Fitch stima che i prestiti concessi dalle banche russe agli enti pubblici ucraini siano pari ad almeno 28 miliardi di dollari ed è quindi alta la probabilità che la crisi ucraina si ripercuota sul sistema bancario russo, con conseguenze nefaste. Serghiei Storach, viceministro delle Finanze a Mosca, ha fatto sapere che la Russia non si ritiene comunque tenuta a versare, nelle casse ucraine, la parte restante delle risorse promesse –circa 12 miliardi di dollari-, data l’instabilità dell’attuale situazione politica.

Viktor Yanukovich
Ripercorrendo gli ultimi giorni della crisi, lo scorso 18 febbraio una ventina di manifestanti è stata assassinata in piazza Indipendenza, mentre le forze dell’ordine la accerchiavano per tenere in scacco i circa 25mila partecipanti alla rivolta. Due giorni dopo; le vittime accertate erano quasi cento e alcuni gruppi di cecchini sarebbero stati assoldati dal governo per sparare alla folla. Il 21 febbraio scorso; Viktor Janukovich ha firmato un patto con l’opposizione per creare un governo di unità nazionale ed indire elezioni anticipate, fissate poi dal Parlamento per il prossimo 25 maggio. L’indomani, i manifestanti hanno occupato il palazzo del governo e il Presidente si è dato alla fuga denunciando il «colpo di stato» ai danni della sua maggioranza. Con tutta probabilità, secondo i bene informati, si è diretto verso il nord del Paese. Sempre il 22 febbraio, è stata liberata la leader dell’opposizione Julija Timoschenko, condannata nel 2011 a sette anni di reclusione per abuso d’ufficio. Infine, il 24 febbraio, il ministro dell’interno Avakov ha reso noto che è stato emesso un mandato di cattura contro Janukovich ed i suoi “fedelissimi”. L’ex presidente, sottoposto ad una procedura di impeachment di aver violato i diritti umani, è accusato di aver commesso una strage di cittadini innocenti.

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Nei giorni scorsi Julija Timoschenko è apparsa in piazza Maidan su una sedia a rotelle, fortemente provata ma desiderosa di riabbracciare la folla e di commemorare le vittime della rivoluzione. «È caduta una dittatura –ha spiegato la 53enne leader dell’opposizione- La dittatura è caduta non grazie ai politici e ai diplomatici, ma grazie a coloro che sono scesi in strada per proteggere le loro famiglie e il loro Paese. Ora dobbiamo fare di tutto per assicurarci che i manifestanti non siano morti invano (…) Gli eroi non muoiono mai, sarete la nostra ispirazione!».

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Nel frattempo, i manifestanti sperano in una rapida cattura dell’ex presidente Janukovich, e nel giudizio da parte di un Tribunale penale ad hoc, come quello che giudicò il caso Milosevich. Dall’irruzione nella villa, blindatissima, di Janukovich sono emersi più di duecento documenti, molti dei quali in parte rovinati dall’acqua perché gettati nel laghetto privato della residenza nel tentativo di distruggerli. Tra i dossier scomodi emergono liste di soggetti dissidenti, sui quali era necessario acquisire informazioni, ma anche le prove dei costi esorbitanti sostenuti dal presidenti per la costruzione del palazzo di Mezhihirya. Dato che lo stipendio ufficiale dell’ex presidente era pari a soli 70.000 euro l’anno, non ci si spiega a quali fondi egli abbia attinto per sostenere costi da oltre 40 milioni di dollari. Molti di questi documenti sono già reperibili on-line, a disposizione di giornalisti e cittadini.

Silvia Dal Maso

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