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la rosa dei venti

Creato il 16 settembre 2010 da Vivianascarinci

 la rosa dei venti

1. il giusto nel suo mondo 
2. un metodo disegoico 

3. Nel caso dell’opera di Simone Pellegrini, l’importanza che assume il supporto è evidente quando alle immagini digitali si sovrappone l’opera vista dal vivo. Nel suo emergere dalla materia si percepisce l’asperità che ha condotto il trattamento dell’artista alla reazione che la porosità della carta esprime. A contato con la matrice oliata l’immagine dilaga un’aura imponderabile altrettanto dicente che un’intenzione della materia, ora non più del tutto occultata dal suo presunto silenzio. È una particolarità che colpisce, questo rapporto di fedeltà dell’artista con il mezzo chiamato a fare da tramite e a cui Pellegrini si è votato fin dal principio con massima coerenza: la carta. Come se l’unicità di prerogative, possibilità, incerti che ogni materiale offre alla creazione ulteriore sia con Pellegrini in un rapporto misterioso e in un divenire che è curato secondo un rito i cui sviluppi non siano affidati alla mutevolezza dei materiali ma ai vincoli e ai movimenti  che la dimestichezza con un stesso elemento fomenta nel tempo in un ambito sempre più profondo anziché mitigato nel desiderio di interagirvi. In questo senso è Pellegrini stesso che esprime il secondo desiderio di resistere. Il primo risale al rispetto letterale di quanto quel linguaggio, di cui la sua opera è studio, preesiste l’artista e che l’opera stessa in seconda istanza dovrà solo esprime a segni. Il secondo desiderio di resistenza riguarda la tentazione di addentrare le sue infiorescenze innaturali nell’ambito delle possibilità date da un nuovo supporto. Come se cedere alla tentazione che riguarda entrambi questi desideri, comportasse la decadenza dell’intera rosa dei venti che regge gli equilibri vitali delle sue singolari atmosfere.  

continua…


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