Può capitare e - vi assicuro - capita, che i fidanzati si lascino; capita che quando si lascino litighino; capita che quando litigano non trovino un accordo per “regolare” i propri rapporti giuridici ed economici e, quindi, uno di loro - o entrambi - si rivolgano al tribunale.
Cosa dirà loro il tribunale non è dato saperlo, perché ogni caso richiede una valutazione a sé stante.
Può però essere utile conoscere quali sono i principi, le linee guida che verranno applicate nel decidere il litigio.
Il codice civile dedica alla promessa di matrimonio appena tre articoli -79, 80 e 81-, che risalgono al 1939 e che la riforma del diritto di famiglia del 1975 non ha toccato.
Il primo articolo garantisce la libertà matrimoniale
art. 79: “la promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento”
Il secondo articolo prevede la restituzione dei doni fatti quando la promessa di matrimonio è rotta
art. 80: “Il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto. La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno in cui s’é avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti.”
E’ bene sapere che per la “promessa di matrimonio” non è richiesta una particolare forma o una particolare pubblicità. Non è neppure necessario essere maggiorenni. L’essenziale è che i doni siano stati fatti “a causa della promessa di matrimonio” e l’obbligo alla restituzione si giustifica per il solo fatto che tra i due è intercorsa una promessa o fidanzamento, per cui non troverebbero alcuna plausibile giustificazione al di fuori del fidanzamento. Non mi risulta che tra i doni da restituire ci sia la corrispondenza (checché ne dica il galateo); vi rientrano invece le fotografie che i fidanzati si sono scambiati.
E l’art. 81 del codice civile? Si riferisce ad una caso regolato più severamente, quello del fidanzamento solenne, in cui la promessa di matrimonio viene fatta con atto pubblico o scrittura privata (è sufficiente uno scambio di lettere, basta che la promessa risulta chiara, seria e precisa, in maniera da dare affidamento a effettuare spese e a contrarre obblighi in vista del futuro matrimonio).
Un tempo in tribunale potevano finire i casi in cui l’uomo prometteva solennemente il matrimonio per -usando un brutto gergo forense- “ottenere la dedizione sessuale della donna” (!)
Oggi è più probabile che la promessa solenne tuteli chi assume importanti obblighi in vista del matrimonio (si pensi alle spese di cerimonia, al mutuo per l’acquisto dell’alloggio, all’acquisto del mobilio o del viaggio di nozze).
In questo caso alla “rottura” del fidanzamento consegue l’obbligo al risarcimento dei danni per le spese e le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Il danno non è risarcibile illimitatamente, ma solo nei limiti in cui le spese e le obbligazioni assunte corrispondono alle condizioni delle parti: se il fidanzato si è obbligato per somme che esorbitano dalle condizione economiche sue e della promessa sposa, non potrà pretendere, se questa rompe il fidanzamento, di essere risarcito integralmente. La “rottura” può avvenire con o senza giusto motivo: nel primo caso obbligato al risarcimento dei danni sarà chi ha sciolto il fidanzamento, nel secondo caso lo sarà chi lo scioglimento lo ha provocato. Anche in questo caso la domanda di risarcimento andrà proposta entro un anno dalla data del rifiuto.
Avv. Paolo Dogliotti