Non sempre l’obiettivo più evidente è quello realmente perseguito, poiché gli Usa, potenza tutt’altro che in declino, sono più preoccupati dell’eventuale scivolamento dell’Europa fuori dalla propria orbita egemonica, anche come iniziale tentazione di qualche suo componente alla ricerca di una ricollocazione geopolitica, che delle manovre di Mosca sulle quali non possono incidere direttamente esponendosi ad uno scontro che porterebbe il mondo sull’orlo di una guerra totale. Ma questo scenario è remotissimo, almeno per il momento e chi dice che ci siamo vicini è un pessimo profeta di sventure.
Gli americani giocano molto d’azzardo con la loro strategia del caos che produce conseguenze non sempre gestibili, ma non sono dei dilettanti allo sbaraglio o dei sognatori convinti di poter riportare indietro le lancette del tempo, ai giorni del loro unipolarismo assoluto. Comprendono benissimo che ci sono dei limiti che non possono essere varcati nelle relazioni con la Russia o con la Cina. Ad ogni modo questi limiti possono essere giocati a proprio vantaggio senza rischiare una pericolosa deflagrazione mondiale, operando preventivamente sul contesto che attornia i suoi competitori per la predominanza geopolitica, sbarrando loro la strada e lo spazio per intese intersecanti il proprio campo di pertinenza che, dal punto di vista di Washington, sarebbero rovinose.
Il golpe in Ucraina e l’insediamento di un governo fantoccio alle porte dell’Europa, con la prospettiva poco allettante di associare degli autentici criminali all’Ue, è servito agli Stati Uniti per creare un problema in più a Mosca ma, soprattutto, a Bruxelles. Kiev è diventata una patata bollente nelle relazioni tra il Cremlino e l’Europa, un fattore che ha destabilizzato gli affari e gli accordi politici che ormai filavano fin troppi lisci per i gusti yankees. I russi hanno trovato la maniera di rimediare a questo inghippo volgendosi verso est, ma non è una scelta che li alletta perché adesso devono vedersela con i cinesi, i quali non hanno nell’affidabilità la loro migliore qualità e sono anche più scaltri degli americani nel perseguire i propri interessi. I cinesi non rinunciano a certe prerogative che considerano assolute per la loro esistenza e possono snervare il più paziente dei gruppi dirigenti coi loro tempi lunghi per ogni scelta, in una fase in cui le decisioni strategiche corrono velocemente. La Cina ha le sue motivazioni storiche, culturali e politiche per agire così, ma i russi temono di restare irretiti e schiacciati dall’elefantiasi dell’impero di mezzo, il quale, inoltre, non nasconde pretese in aree che considera ancora contendibili, come il Caucaso e l’Asia centrale, dove si incrociano le istanze di entrambi gli alleati. E’ un bel grattacapo che non si risolverà rapidamente e forse, alla lunga, il dialogo nemmeno funzionerà. Per ora Mosca ha trovato un escamotage per non cedere alle pressioni americane e non è poco. Ma l’Europa? Quest’ultima ha subito il vero contraccolpo delle mosse americane e si rallegra pure per lo schiaffo ricevuto. Partecipa alle sanzioni contro il Cremlino, sprofonda nella decadenza economica e blatera di democrazia e di diritti civili per mancanza di iniziative più intelligenti. Bruxelles vive la sua libertà condizionata, sotto il tutoraggio di Washington, come se fosse l’ideale per il suo sviluppo, la sua crescita e la sua incisività geostrategica. Non è così e lo riscontriamo in tutti i suoi problemi interni ed esterni. All’interno si sta scollando, economicamente e politicamente, facendo aumentare la diffidenza dei suoi cittadini, all’esterno nessuno la prende sul serio, soprattutto quando agisce congiuntamente. L’Ue è un paradiso di burocrati senza potere e di finanzieri arraffatori che per milioni di europei si sta trasformando in un inferno di indigenza e di inconsistenza storica. Vorrebbero distrarci col rublo mentre ci rubano il futuro, non ci cascate perchè cantano vittoria per coprire disprezzabili e dolorose sconfitte.