La saga dei marmi del Partenone, la contesa senza fine tra Grecia-Inghilterra

Creato il 16 maggio 2015 da Marianocervone @marianocervone
Se l’Italia di Renzi spera di rimpolpare le finanze riportando in patria i tesoretti all’estero degli italiani e costringendo gli stessi a tirar fuori denaro dai loro libretti postali, la Grecia invece, sull’orlo della bancarotta, spera probabilmente di fare altrettanto riportando in patria i marmi del Partenone. Il governo di Alexis Tsipras infatti ha comunicato che non adirà a vie legali per riportare ad Atene le straordinarie sculture di Fidia del V secolo a.C., conservate da quasi due secoli al British Museum di Londra, ma sceglie invece l’offensiva diplomatica, sperando così di ottenere la restituzione dei fregi originariamente collocati sui frontoni e campi metopali del Partenone, tempio posto sull’acropoli che sovrasta la capitale greca. Lo ha affermato il vice ministro della cultura Nikos Xydakis, che ritiene che il solo modo perché ciò avvenga è attraverso diplomazia e politica. Ma come ha avuto inizio questa contesa? Tutto è partito nel 1798, quando Thomas Bruce, meglio noto come Lord Elgin, viene nominato “Ambasciatore Straordinario e Ministro Plenipotenziario di Sua Maestà Britannica alla Sublime Porta di Selim III, sultano dell'Impero Ottomano”, di cui all’epoca la Grecia faceva parte. Prima di imbarcarsi per la Grecia, il conte inglese aveva chiesto al governo britannico di assumere degli artisti per eseguire dei calchi e dei disegni delle figure scultoree che adornavano i frontoni e i campi metopali dell’Antico tempio greco, ma pare che la risposta del governo sia stata negativa. Elgin decide così di partire ugualmente, assumendo a proprie spese degli artisti per i lavori e i disegni, che avrebbero eseguito sotto la supervisione del pittore napoletano Giovanni Lusieri. Confrontando questi nuovi disegni con uno studio precedente, Elgin si accorge che mancano alcune sculture, e scopre che altre che sono cadute, sono state poi distrutte per farne della calce. Dinanzi ad una simile considerazione dinanzi a quelle che sono delle vere e proprie opere d’arte uniche al mondo, Elgin decise di farli rimuovere, sempre sotto la supervisione di Lusieri, con un’operazione completamente portata a termine solo nel 1812 e un costo totale di 70.000 sterline. Una volta in Inghilterra, Elgin decise di vendere l’intero gruppo scultoreo al governo britannico, affinché le esponesse all’interno del British Museum, che li pagò molto meno del costo dell’intera operazione, rifiutandone l’acquisto di potenziali acquirenti tra cui Napoleone. I marmi del Partenone, tempio greco dedicato ad Atena Partenos, Atena Vergine, sono in purissimo marmo pentelico, tipologia di marmo a grana fine e bianchissima, e sono considerati il capolavoro assoluto dello scultore Fidia, il quale riuscì completamente a superare la difficoltà di decorare un campo “scomodo”, quale il frontone triangolare, con i lati schiacciati, di un tempio, e lo fa collocando ai lati delle figure distese, che avessero così pose non troppo forzate o innaturali rispetto ad altre decorazioni analoghe in templi a lui contemporanei. Disposto su asse nord-sud, il Partenone vede nel suo frontone orientale, dove sorge il sole, la nascita di Atena dal cranio di Zeus, con il mito della raffigurazione centrale oggi completamente perduto. Il frontone occidentale invece vede la lotta tra Atena e Poseidone per il possesso dell’Attica, vinto dalla dea con il suo dono dell’olivo. Se è pur vero che i marmi dovrebbero, di diritto, risiedere in Grecia, è altrettanto vero che si tratta, da parte del governo inglese, di una acquisizione legale, fatta con consapevolezza da parte dei soprintendenti greci del XIX secolo. Se a questo si aggiunge anche la cura del British e la suggestiva esposizione nelle ampie sale del museo inglese, è più giusto ritenere che stiano oltremanica, piuttosto che patire la crisi greca, per la quale servirebbe più del ritorno a casa dell’arte di Fidia.

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