Gli Hobbit sono ormai personaggi universalmente noti di J.R.R. Tolkien. Soprattutto adesso che sta arrivando nelle sale il primo atto della trilogia filmica di Peter Jackson ispirata al romanzo Lo Hobbit del Professore di Oxford.
Ma c’è anche un’altra opera, un saggio di grande bellezza e profondità, che riguarda l’argomento. L’autore, americano, è Noble Smith, scrittore e drammaturgo oltre che produttore cinematografico. Da poco uscito in Italia, il suo libro è La saggezza della Contea (ed. Sperling & Kupfer), dedicato alle lezioni di semplice filosofia della vita che ci vengono proprio dagli Hobbit. Noble mi ha gentilmente concesso un’intervista.
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Giovanni: Ciao, Noble, siamo felici di averti qui sul nostro blog! Per me è stato un lavoro piacevolissimo tradurre il tuo libro The Wisdom of the Shire (La saggezza della Contea) in italiano per Sperling & Kupfer, e specchiarmi nella tua esperienza del mondo fantastico di Tolkien. La mia prima domanda è: quando e perché hai deciso di scrivere questo saggio?
Noble: Ciao, Giovanni! È fantastico poter rilasciare un’intervista al traduttore italiano del mio libro! Sono elettrizzato all’idea che ci sia una versione italiana di The Wisdom of the Shire. Amo l’Italia, dove ho fatto uno dei miei viaggi più belli. Per rispondere in breve alla tua domanda, l’idea di scrivere un libro sugli Hobbit mi è venuta mentre guidavo verso casa sull’autostrada dopo un lungo colloquio presso i Microsoft Studios. Ero di cattivo umore, e mi facevo delle domande sul mio posto nel mondo. Avevo l’impressione che mi stessi vendendo, cercando di ottenere un lavoro con quell’impresa così grande e insensibile. E mi chiesi, “Che cosa ti ispira?” e “Come vuoi veramente passare il resto della tua vita?”. Le risposte mi colpirono come se fossi stato percosso in testa dal bastone di uno Stregone: “Tolkien mi rende felice; e, per quanto posso, voglio cercare di vivere come un Hobbit.” Andai a casa, scrissi la proposta e nel giro di sei settimane il mio agente l’aveva piazzata a New York e a Londra. E adesso stanno traducendo il libro in otto lingue. E tutto questo è successo in meno di un anno. Che strana è la vita!
Giovanni: Mi piace il modo in cui hai strutturato la sequenza dei capitoli, imperniati su diversi personaggi, luoghi e oggetti della Terra di Mezzo (è stato il mio stesso approccio, nel saggio Tolkien e Bach), per ricollegarli a diversi aspetti della tua vita quotidiana (come l’amicizia, l’amore, il mangiare e il dormire, per esempio). Hai scelto di fare così intenzionalmente, o la processo ti si è rivelato via via che andavi avanti?
Noble Smith (da lasaggezzadellacontea.com)
Noble: Il primo capitolo che ho scritto de La saggezza della Contea è in effetti il primo che compare nel libro: “Quanto è comodo il tuo buco Hobbit?”. Gli altri mi sono semplicemente sgorgati da dentro. La prima idea, in effetti, risale a oltre trent’anni fa, quando stavo leggendo Il Tao di Winnie Puh. Dissi a un mio amico: “Qualcuno dovrebbe scrivere un libro come questo, ma sugli Hobbit. Lo si potrebbe chiamare Il Tao degli Hobbit”! Ma non fu fino a quel tragitto in quel traffico tremendo (oltre trent’anni dopo), che ebbi l’illuminazione. Insomma, voglio dire che ho pensato a questa cosa per la gran parte della mia vita. I capitoli del libro – e la sua struttura – non hanno fatto che portarmi a dare un assetto coerente a tutto ciò che avevo imparato da Tolkien.
Giovanni: Ricordo un particolare significativo nel capitolo “Dormi come un Hobbit”: un sogno in cui Gandalf stesso ti suggeriva come articolare il capitolo sugli Istari (gli Stregoni della Terra di Mezzo, come Gandalf e Saruman). Credi si sia trattato di una tua percezione dell’Inconscio Collettivo?
Noble: Sì, certamente. Ho letto molte opere di Jung e Joseph Campbell, e credo veramente nell’Inconscio Collettivo. E quei personaggi del mondo di Tolkien (oltre a quelli realizzati in forma cinematografica da Peter Jackson e dai suoi collaboratori) sono diventati parte dell’immaginario mondiale. È significativo come la Terra di Mezzo sia stata inventata da un uomo e sia esistita così vividamente nella sua immaginazione, per poi, lentamente, espandersi fino a riempire l’immaginario di centinaia di milioni di persone. Che magia poderosa! E a te è mai venuta in sogno l’idea per una storia?
Giovanni: Assolutamente sì, Noble, certo! Spesso ho tratto l’ispirazione dai miei sogni per i miei personaggi… Credo che arriverò a essere uno scrittore veramente bravo il giorno in cui riuscirò a riprodurre su carta (o quello che è) le sensazioni che provo nei miei sogni.
Noble: Sì! Questo è un modo di vedere la cosa. Perché i sogni hanno una natura intangibile che è così difficile da descrivere. Penso che pittori surrealisti come De Chirico e scrittori come Borges vi si siano avvicinati. La prima riga de Lo Hobbit venne in mente a Tolkien in una specie di sogno: un sogno ad occhi aperti. Io credo nelle Muse nel senso greco antico della parola – l’ispirazione che viene dagli dèi. Quando scrivo (e qui sto parlando della narrativa), ho la sensazione che la storia mi stia venendo raccontata.
Giovanni: A proposito, nel tuo libro fai riferimento ad alcuni momenti difficili della tua vita (come quando rischiasti di morire sott’acqua, perché eri rimasto incastrato in un tunnel lavico nel corso di un’immersione). Pensi che la nostra vena interiore hobbitesca emerga proprio quando impariamo ad affrontare l’Ombra della Paura?
Noble: Penso che gli Hobbit abbiano la capacità di restare calmi quando sono sotto pressione, il che è una qualità di pregio. Affrontano paure e nemici incredibili nelle loro avventure, e sanno quando temporeggiare e quando agire. L’intero capitolo “Il coraggio di un Mezzuomo” s’impernia sull’attraversare una prova o una traversia e sull’imparare da questa la lezione più importante. Ma bada, io ricordo come la persona più coraggiosa che conosco sia mia moglie, che ha dato alla luce i nostri due figli a casa nostra e senza ricorrere ad alcun analgesico! Lei è una vera Amazzone!
Giovanni: Qual è, a tuo avviso, il contributo più importante che la filosofia Hobbit può dare al mondo di oggi e all’approccio alla vita delle persone?
Noble: Ah, Giovanni, di lezioni ce ne sono così tante… Come sceglierne solo una? Ma se proprio dovessi, direi che è quella dell’amicizia. Penso che Il Signore degli Anelli sia una storia sull’inesauribile amicizia che gli Hobbit (e i nove membri della Compagnia dell’Anello) provano l’uno per l’altro, e sul sentimento di amicizia che li anima nei confronti della Contea. Noi umani abbiamo veramente bisogno di creare una Compagnia della Contea che sia grande quanto il mondo. Dobbiamo scendere in campo contro i tiranni e le macro-società di oggi, che vogliono perpetuare una macchina da guerra globale. E dobbiamo fare tutto quello che possiamo per fermare il ciclo del cambiamento climatico globale, che ci minaccia come specie. Magari la gente dirà che sono un ingenuo, ma è questo che io credo.
da filmofilia.com
Giovanni: Pensi che l’uscita del primo film della serie de Lo Hobbit, diretta da Peter Jackson, contribuirà decisivamente a una riconsiderazione dell’intera produzione letteraria di Tolkien?
Noble: Sì! E penso che qualunque cosa che crei entusiasmo nelle persone circa il fatto di leggere libri sia una buona cosa. Peter Jackson & Co. magari porteranno il racconto in una direzione diversa da quella originaria, e aggiungeranno dei tocchi personali alla storia di Tolkien. Non si può essere schiavi di un libro, se lo si sta adattando per il cinema. Ma spero che i ragazzi leggano il libro prima di andare a vedere il film, soprattutto perché è una tale gioia crearsi quel “film” nella mente, prima che qualcun altro imponga alla tua mente delle immagini. Io ho già letto ad alta voce due volte Lo Hobbit al mio figlio di otto anni. Perciò è pronto per vedere il film!
Giovanni: Tu sei anche un ottimo scrittore di narrativa. Ci puoi dire qualcosa della tua The Warrior Trilogy, ambientata nella Grecia antica, e anche degli altri tuoi libri e del resto della tua attività di scrittore e autore teatrale?
Noble: The Warrior Trilogy è ambientata nell’antica Grecia all’inizio della Guerra del Peloponneso. È la storia di un giovane e impetuoso lottatore olimpionico impegnato nei suoi allenamenti, che si ritrova a dover salvare la sua famiglia, la sua città-stato e la donna che ama da invasori genocidi. Si basa sul resoconto autentico dell’attacco a sorpresa contro la città-stato indipendente di Platea. Uscirà negli Stati Uniti solo nell’estate del 2013. E spero che un editore in Italia acquisti i diritti. Magari potresti fare tu la traduzione?! E spero anche che tu possa tradurre il tuo libro Sentieri di notte in inglese, così che io possa leggerlo. Amo la narrativa speculativa e la fantascienza!
Giovanni: Beh, Noble, grazie davvero, queste due cose sarebbero entrambe fantastiche! È stato emozionante e e profondamente arricchente leggere e tradurre il tuo saggio La saggezza della Contea, per cui spero davvero di poter tradurre la tua trilogia. E grazie anche per aver ricordato il mio romanzo. Attualmente lo sto traducendo in inglese e in spagnolo, e presto avrò una prima bozza tradotta in ceco dalla mia collega Lucie Huskova!
Noble: Grandioso! Dev’essere forte per te sapere che qualcuno è il tuo traduttore!
Giovanni: Permettimi di chiederti qualcosa sull’Italia e su Firenze, in particolare. Che cosa ti affascina di più, della mia città, e quando pensi di tornarci?
Noble: Firenze è una città così speciale. Ovunque ti giri, vedi storia e arte. Immagina di essere cresciuto nella periferia di una piccola cittadina sulla costa ovest dell’America. Nessun museo. Gli edifici più antichi risaliranno forse a centocinquant’anni fa. Un posto che ha una terribile fame di cultura. Quando potei allontanarmene e viaggiare in Europa, da giovane, rimasi estasiato dai musei. Perciò andare a Firenze, per un amante dell’arte e della storia quale io sono, è come il paradiso. Mia moglie e io ci abbiamo passato la nostra seconda luna di miele. Siamo andati fino a Fiesole e a San Miniato (un giorno rovine etrusco-romane, e quello dopo affreschi medievali del XIII secolo!). Siamo andati in ogni museo e abbiamo mangiato il cibo più straordinario che ci sia. Sono stato esaltato dal vedere i dipinti del Botticelli negli Uffizi. Durante il liceo avevo un manifesto de La Primavera alla mia parete. Ma salire in cima al Duomo è stato il momento più speciale della mia visita. Voi fiorentini lo fate? Se no, beh, dovreste. Ti toglie il fiato.
Giovanni: Ancora una volta, grazie di tutto, Noble!
Noble: Grazie a te, Giovanni! È stato veramente bello poter parlare insieme. Per usare le parole di Aragorn, “Possa la Contea vivere per sempre intatta!”