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La Sardegna e il Golfo di Cagliari dalla preistoria alla storia - 2° e ultima parte - Giuseppe Mura
Creato il 11 novembre 2011 da PierluigimontalbanoLa presenza nel Mediterraneo: aspetti costruttivi, ceramica e manufatti in bronzo
di Giuseppe Mura
Siamo di fronte, evidentemente, ad un fenomeno di stretta sorveglianza della costa che ricorda quello predisposto da Pilo nello stesso periodo in attesa di un attacco proveniente dal mare. Propongo una mappa della B. N. Francese, disegnata nel 1682, dalla evidente funzione strategica: chi intende sbarcare militarmente nella Sardegna meridionale deve dirigersi all’interno del golfo di Cagliari: altrove risulta impossibile per via dei monti a ridosso della costa. Pertanto i Nuragici, ormai organizzati in un sistema politico-economico espansionistico che prevedeva la navigazione, predisposero un sistema di controllo delle coste cautelandosi per eventuali controffensive che, come mostra l’intensità dei nuraghi, proveniva in particolare dall’Oriente.
Aspetti costruttivi:
Affinità della tecnica ciclopica con: Corsica, Baleari, Sicilia, Pantelleria, Grecia (Micene e Tirinto), Hattusa (Anatolia), Ugarit (Siria), Israele (Megiddo, Hazor e El Ahwat), Creta, Lipari, Cicladi, Tracia, Anatolia e Bulgaria. Queste esperienze edilizie comuni provano la presenza nel Mediterraneo degli antichi Sardi, i quali, navigando in proprio, le acquisirono, probabilmente nel Tardo Neolitico, migliorandole. D’altra parte, come mai nell’Isola gli edifici ciclopici sono migliaia mentre in altri luoghi sono sole alcune decine? Come mai solo la Sardegna archeologica dimostra la chiara presenza di un’evoluzione nella tecnica costruttiva?
Ceramica nuragica tradizionale e grigio-ardesia, prodotta nella Sardegna meridionale (1250-1150 a.C.):
Le prima è rinvenuta in Sicilia, Spagna (Huelva, Cadice, Malaga e Tarragona), Cartagine, Etruria e El Ahwat (Israele); la seconda a Creta, Lipari, Cannatello, Tirinto e El Ahwat. Il rinvenimento di ceramica nuragica nel Mediterraneo è un elemento fondamentale per tentare di ricostruire i movimenti e la navigazione dei Nuragici, eppure risulta generalmente trascurato (salvo G. Ugas). Un esempio: col rinvenimento in Sardegna di ceramica micenea (Sarroch-Arrubiu) si parlò senza problemi di insediamenti orientali e di colonizzazione; tuttavia la datazione di questi reperti anticipava di oltre un secolo la presunta espansione occidentale di Micene. Per giustificare questa differenza fu coniato il termine di “precolonizzazione”, ma rimane ancora oggi il problema dell’assenza del vettore: chi trasportò in Sardegna quel tipo di ceramica se Micene ancora non si inoltrava in Occidente?
Usando la stessa logica dei reperti micenei in Sardegna, la ceramica nuragica dell’Oriente dovrebbe portare alle medesime conclusioni: non intendo parlare di colonizzazione, ma si ammetta almeno l’evidenza: i Nuragici navigavano, anzi, a mio parere furono loro a portare nell’isola la bella ceramica di Micene come una sorta di “suvenir”. Tanto è vero che una parte di quella rinvenuta a Sarroch, sottoposta successivamente ad analisi chimica, ha rivelato un aspetto sorprendente: risulta prodotta con terre locali! Invece, a proposito di vettori navali, ecco come la pensa uno specialista (2009): “Considerevoli tracce, costituite per la maggior parte da ceramica di tipo nuragico, disseminate lungo la rotta da Oriente a Occidente, sono state lasciate soprattutto da naviganti originali dell’isola, forse imbarcati su navi orientali, sfatando il mito moderno che le popolazioni nuragiche non navigassero.” Nuragici inventori della nave-stop, ma non naviganti con mezzi propri.
Infine abbiamo i manufatti in bronzo di tipologia nuragica, rinvenuti in: Spagna (varie località), Sicilia, Grecia, Creta, regno Ittita, Ugarit, Egitto.
Insomma, trascurando certi pareri poco coerenti, gli antichi Sardi navigavano, e navigavano alla grande proprio nel periodo in cui, nell’EdB, sul mare si svolgeva il grande commercio del tempo in assenza di strade praticabili. D’altra parte, come mai tutti gli approdi mediterranei che hanno restituito elementi di cultura nuragica si trovano nelle rotte che dalla Sardegna conducono all’Oriente e all’Occidente e viceversa?
Ma, al di là dell’archeologia, le cronache greche ed egiziane (quelle più
importanti) relative all’EdB, registrano la presenza dei Sardi in Oriente?
Le prime, specie con Erodoto e Tucidide, narrano dei famosi pirati Cari-
Fenici che si insediano nelle Cicladi, girano sempre armati, inventano lo
scudo piccolo (rotondo) e il copricapo a pennacchio simili a quelli nuragici.
Questi Cari-Fenici insidiano addirittura il regno di Minosse e, a conferma della
probabile identificazione con i Nuragici, i racconti greci su Talo narrano di
un attacco portato da Sardi a Creta.
Successivamente i Cari-Fenici si trasferiscono in Anatolia, dove fondano la
Caria e partecipano alla guerra di Troia (Omero).
Attenzione: questi Fenici appaiono nella storia molti secoli prima di quelli del
Canaan, mentre la radice Car la ritroviamo a Caralis, l’antica Cagliari il cui
nome, non fenicio, significa rocca o porto. Vedremo più avanti l’importanza di
questo nome.
L'unica raffigurazione esistente dei Cari-Fenici dal copricapo a pennacchio è visibile nella foto e proviene dal palazzo reale di Nestore, a Pilo. Il copricapo dei bronzetti nuragici è simile.
Le cronache egiziane dello stesso periodo narrano dei PdM, genti di etnia diversa adibite alla pirateria. Tra questi i famosi Sherden, genti isolane provenienti dall’Occidente; abili guerrieri raffigurati con fogge identiche a quelle dei bronzetti nuragici (elmo cornuto, scudo rotondo e grande spada di bronzo). Sherden sono segnalati, sin dal XIV secolo a. C., in Egitto (come guardia del corpo del faraone), in Ugarit, Biblo, Sidone e Acco.
Dopo alcuni secoli di tattica “mordi e fuggi” i PdM si organizzano in coalizioni e attaccano ripetutamente l’Egitto (ricchezze). All’inizio del XII secolo a.C. portano una sorta di “guerra lampo” alle principali potenze orientali del tempo. In rapida successione distruggono: le principali città greche (Corinto Micene e Tirinto), dell’Anatolia (Tarsus, Marsin), del Canaan (Ugarit ) e di Cipro. Quindi portano un attacco all’Egitto nel 1174 a.C.
Le fonti egiziane, oggi confermate dall’archeologia, ci informano anche sulla direzione occidentale e progressiva degli attacchi e confermano l’esistenza di una vera e propria guerra condotta dai PdM nei confronti delle maggiori potenze orientali del tempo. Si tratta di un conflitto perfettamente organizzato che, come suggeriscono diversi aspetti, poteva essere condotto solo in presenza di un paese-guida. Ebbene, questa guida poteva svolta solo dai Sherden-Nuragici (conoscenza dei luoghi per le frequentazioni precedenti, possesso marineria e metalli e relativa tecnologia per produrre armi efficienti per certi alleati (es. spada), ecc.
Tutto ciò, naturalmente, esclude la presenza, tra i PdM, di forze ufficiali appartenenti ai regni Greci, Ittiti, del Canaan, di Cipro e dell’Egitto; d’altra parte proprio quelle che erano considerate le maggiori potenze del tempo subiscono le conseguenze peggiori del conflitto. Insomma, le fonti orientali narrano di una Sardegna che, nell’EdB, partecipa, navigando, ai processi innovativi e alle vicende che caratterizzano questo periodo preistorico del Mediterraneo. Ma rientriamo in Sardegna per chiederci ancora: le fonti antiche che la riguardano direttamente, confermano o no l’esistenza di una potenza marinara nel loro Occidente?
Quelle greche, nate dopo gli insediamenti della Magna Grecia, quindi frutto di conoscenze dirette, descrivono la Sardegna come una grande isola felice.
Lo Ps. Aristotele narra dell’esistenza di numerosi edifici e tholoi “modellate con straordinaria simmetria” e di un’isola “prospera e abbondante di ogni prodotto”. Erodoto la ritiene capace di ospitare gli emigranti della Ionia in modo che potessero godere di “una vita felice”. Diodoro Siculo, riferisce che i Tespiadi (figli di Eracle), arrivati nell’Isola, avrebbero vissuto per sempre liberi, che Aristeo amava la Sardegna per la sua bellezza e che Eracle la scelse come rifugio per i propri figli. Questi, guidati da Iolao, ripartirono in lotti “la parte più bella dell’Isola e particolarmente la regione pianeggiante che ancora oggi viene chiamata Ioleo, mentre le popolazioni si chiamano Iolee”. Pausania propone una Sardegna che, per grandezza e prosperità, è simile alle isole più celebrate. Inoltre vi fa arrivare Sardo figlio di Eracle, Aristeo e Dedalo, gli Iberi guidati da Norace (figlio di Ermes ed Erizia) e i Troiani reduci della famosa guerra. Solino fa arrivare Norace “dall’ispanica Tartesso” e fa fondare Caralis da Aristeo.
Naturalmente tutti questi arrivi portano alla Sardegna tanti benefici: il nome, la conoscenza dell’agricoltura nel Campidano-Ioleo, la costruzione di edifici alla maniera ellenica e la fondazione di città importantissime come Caralis e Nora . Per secoli ci siamo imbevuti di queste presunte verità, oggi la ricerca storica e archeologica mostra le prove che il nome Sardegna era preesistente, che l’agricoltura era sviluppata sin dal Neolitico, che gli edifici esistevano un millennio prima dell’arrivo dei Greci e che il Campidano di Cagliari, compresa la regione affacciata sul mare, erano intensamente abitati ed evoluti, senza soluzione di continuità, dal Neolitico sino ad oggi.
Questo quanto dicono le fonti classiche greche, ma quello che qui interessa maggiormente è il periodo precedente: quello dell’EdB. Esistono riferimenti greci sulla Sardegna di quel periodo? E, se esistono, cosa dicono? Intanto va detto che dell’estremo occidente, posto al loro tramonto del sole, i Greci più antichi ignoravano quasi tutto. Tuttavia le fonti che narrano le vicende degli eroi del passato, quindi riferibili ad una memoria storica propria dell’EdB, propongono anch’esse l’esistenza di un’isola felice, temuta e rispettata, posta nel mare Oceano dell’Occidente e ai confini del mondo da loro conosciuto, quindi nel Mediterraneo occidentale. Insomma, a differenza della Bibbia, l’Eden dei Greci più antichi era collocato in Occidente e in un’isola felice che fanno visitare da varie divinità e dai loro eroi più famosi.
Prima di analizzare le fonti più antiche dei Greci, uno sguardo alla geografia per capire quali possono essere, tra le isole del mare occidentale, quelle candidate a diventare la tanto agognata isola felice. Naturalmente la cerchia si restringe se teniamo conto anche dell’aspetto archeologico: l’isola che cerchiamo deve avere caratteristiche ben precise: presentare ancora oggi le antiche vestigia di una fiorente civiltà risalente all’EdB.
Le fonti greche: luoghi, divinità ed eroi in Occidente
Omero propone la visita di Odisseo all’isola di Scheria dei Feaci e all’Ade,
nonché quella di Menelao in una strana e antichissima Sidonia dell’Occidente.
Esiodo propone un felicissimo regno di Crono presso le colonne di Atlante
(quindi in Occidente), con la città turrita, le Isole dei Beati e l’isola di Erizia.
Stesicoro e Apollodoro narrano di Eracle che raggiunge l’isola bellissima
degli dei e l’isola di Erizia, collocata nei pressi e quasi di fronte al fiume
d’argento Tartesso, dove sottrae i buoi e pomi d’oro da Gerione e dalle sorelle
Ninfe che risiedono nel loro splendido Giardino.
Apollonio Rodio fa visitare da Giasone l’isola dei Feaci e Giard. delle Esperidi.
Platone propone l’esistenza di un’isola ideale che chiama Atlantide e pone la
residenza di Atlante nel monte che diventa isoletta e piccola Atlantide.
Avieno descrive minuziosamente il paesaggio del territorio tartessico, con
l’isola Erizia che fa visitare da Eracle.
Diverse vicende, quindi, ma ambientate generalmente in un’isola felice che
accorpa luoghi, divinità e personaggi, suggerendo così l’esistenza di
un’unica destinazione.
All’interno di questi racconti altri aspetti comuni: le varie descrizioni del luogo di arrivo all’Isola felice presentano un particolare paesaggio, nel quale i singoli elementi risultano sempre esposti nelle medesima sequenza. Questi gli elementi paesaggistici: attraversato il Mare Oceano si arriva in un golfo e presso un promontorio, oltre il quale uno stretto conduce ad un lago con isole interne e porto. A sua volta il lago riceve le acque da alcuni fiumi che attraversano una vasta pianura; presso la riva orientale del lago si trova un piccolo monte. Ebbene, questa sequenza paesaggistica corrisponde esattamente alla morfologia del golfo e della regione di Cagliari, ovvero quella sottoposta, nell’EdB, ad uno stretto controllo.
La regione di Cagliari oggi, trasformata dalla mano dell’uomo. Fiumi, laguna, saline, porto canale, porto moderno, riempimenti, stagno e fiumi sul Molentargius.
La regione di Cagliari nel 1870: golfo, promontorio, stretto, laguna, isole e porto interno, fiumi, pianura e monte corrispondono perfettamente alle varie descrizioni degli antichi racconti, compresa la sequenza. La situazione non era molto diversa 3500 anni fa, salvo l’assenza di fabbricati moderni che rendevano la regione ancora più affascinante.
Accettando quest’identificazione, resta da chiarire il perché gli scrittori Greci del periodo classico (quelli che, conoscendone le meraviglie, le attribuirono alla loro cultura) non riuscirono a collegare la Sardegna all’isola felice dell’EdB descritta dai loro grandi predecessori come Omero, Esiodo e Stesicoro. Ricordo che i racconti di questi autori, proprio perché riferiscono le gloriose avventure dei loro eroi più famosi dell’EdB, sono stati scritti oltre cinque secoli dopo i fatti reali, riportando le notizie tramandate per via orale da racconti provenienti da antichissimi naviganti. Al termine di questo periodo avviene il cosiddetto “crollo dell’EdB” che coinvolge tutti i paesi del Mediterraneo. In Grecia il fenomeno è noto come Dark Age, in quanto si caratterizza per l’assenza totale di qualsiasi notizia: buio completo. In una situazione come questa risultava davvero difficile tramandare il nome Sardegna, anche perché gli antichissimi marinai che la conobbero la identificarono con nomi del tutto diversi.
Gli studiosi hanno accertato che il crollo dell’EdB non avvenne esclusivamente a causa del grande conflitto tra Oriente e Occidente. Così, pur in assenza di prove certe, hanno ipotizzato l’esistenza contemporanea di terremoti, carestie o lunghi periodi di siccità. Di certo l’archeologia registra, nello stesso periodo e in tutti i paesi dell’area mediterranea, lo spopolamento e l’abbandono di moltissimi siti. Ancora oggi siamo di fronte ad uno dei grandi misteri della preistoria e dell’EdB.
Le fonti orientali del periodo segnalano la presenza di epidemie di peste o vaiolo in Grecia, a Creta, nel regno Ittita, nel Canaan e in Egitto. Ebbene, contemporaneamente la Sardegna nuragica, pur esente da conflitti, registra l’abbandono, ancora oggi misterioso, di un numero considerevole di nuraghi e villaggi. Probabilmente l’epidemia raggiunse anche la nostra isola e contribuì alla trasformazione dei noti aspetti culturali. Altri misteri insoluti dell’EdB potrebbero essere risolti prendendo atto di una semplice verità: l’esistenza in Occidente di una grande potenza capace di navigare per tutto il Mediterraneo. Viste in quest’ottica globale, altre vicende oscure dell’EdB potrebbero essere chiarite e riservare molte sorprese.
Ad esempio, non escluderei che fossero proprio i marinai nuragici che, per primi, illustrarono all’esterno le magnificenze della loro isola, contribuendo così alla stesura dei racconti Greci sull’esistenza di un’isola felice posta nel loro Occidente. Probabilmente nacquero così le narrazioni relative all’isola dei Feaci, all’isola bellissima degli Dei, all’isola dei Beati, a Tartesso e Atlantide. In questo contesto la regione di Cagliari sarebbe il sito visitato dai loro eroi più famosi, ovvero dove Odisseo incontra Nausicaa, dove Eracle, facendo sosta a Tartesso ed Erizia, sottrae i buoi e i pomi d’oro (fatiche 10 e 11) e dove Giasone si addentra nel Giardino delle Esperidi.
Nelle loro descrizioni, i diversi autori, identificano così i singoli elementi paesaggistici della regione di Cagliari: il Mediterraneo occidentale diventa il Mare Oceano dei Greci, mentre il Golfo assume i nomi di golfo generico e golfo tartessico.
Nell'immagine si vede l'alba sul mare vista da Cagliari.
Il Capo S. Elia è identificato come alto bastione di pietra, Rube Bianca, promontorio di Macride, roccia scoscesa e rocca di Gerione, nomi davvero appropriati per i marinai che lo avvistavano e lo avvistano da lontano.
Lo stretto che conduce alla laguna di Santa Gilla è identificato come uscita stretta, stretto, Porte del Sole, Collo, Colonne d’Eracle e stretto tartessico.
La Laguna di Santa Gilla è identificata come: mare di bonaccia, lago Acheronte, lago Tritonide, piccolo mare e lago Ligustino
Nella penultima immagine si nota il tramonto osservabile da chi si avvicina a Cagliari in direzione dello stretto di accesso alla laguna di Santa Gilla, definito da Esiodo “Le Porte del Sole”.
Nell'ultima immagine, Sa Iletta è identificata come nave pietrificata, Eritheia, Erizia, isola Fla, isola di fronte alla foce del fiume d’argento, ancora Erizia e isola “cerchiata”. La foto mostra l’isoletta al tramonto vista dall’area dell’antico porto: meritava e merita l’epiteto di Erizia, ovvero “la rossa”?
I fiumi Cixerri e Mannu sono identificati come fiume di Nausicaa, Piriflegetonte e Cocito, fiume Tritone, fiume Tartesso
La pianura del Campidano è identificata come pianura, prato asfodelo, pianura fertile, sacra pianura, pianura oblunga e pianura degli Ileati. Il fiume Cixerri, il “Caralitanum Flumen” di Tolomeo, nasce nel bacino piombo argentifero più ricco d’Europa, attraversa la pianura del Campidano e sfocia di fronte a Sa Iletta: esattamente come il fiume d’argento Tartesso, la cui foce si trova “nei pressi e quasi di fronte” all’isola di Erizia, cioè Sa Iletta.
Monte e porto: il colle S. Michele è identificato come luogo alto, monte Abante, monte di Atlante, monte Argentario. Il porto è identificato come doppio porto, porto di Illo e piccolo porto.
Insomma, la Sardegna era l’isola felice dei Greci dell’EdB e la regione di Cagliari, grazie alla felice posizione che consentiva l’accesso immediato alle ricchezze di tutta l’Isola, rappresentava il punto di approdo più conosciuto. L’importanza assunta da Cagliari e dal suo territorio risulta confermata dalla storia: nessuna, tra le grandi potenze straniere che hanno occupato la Sardegna nell’arco degli ultimi due millenni, ha osato mettere in discussione il suo ruolo di capitale. Neppure Roma, sia come capitale politica, sia come capitale religiosa, può vantare questo primato.
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