La sarta di Shengen

Creato il 28 luglio 2010 da Danielevecchiotti @danivecchiotti

In un suo vecchio spettacolo, Beppe Grillo scherzava su un immagine pubblicitaria del Partito Democratico che, promuovendo le adozioni di bambini stranieri, mostrava un uomo e una donna sorridenti mentre tenevano in braccio un bimbo cinese. “Ma c’è un equivoco!” – gridava Grillo – “Quello non è il figlio adottivo: è il datore di lavoro!” Qualche settimana fa, la mia amica Marilina, che di mestiere fa la sarta, è stata protagonista di un piccolo episodio che fa pensare che quello sketch, come tanti altri del comico genovese, si stia rapidamente trasformando in una profezia. Rispondendo all’annuncio di una sartoria in cerca di una Responsabile di Negozio, Marilina si è infatti vista offrire da un signore orientale, titolare di una catena di negozi di abbigliamento e riparazioni, il posto di “copertura italiana per botteghe cinesi”. Nel senso che lei, più che tagliare e cucire, avrebbe dovuto far da toppa per la clientela, e vendere l’immagine di un’attività commerciale gestita al 100% da autoctoni, quando invece la forza lavoro è costituito da un nutritissimo esercito di formichine femmine arrivate dalla campagna di Pechino, probabilmente nutrite ad acqua e spaghetti di soia e private di qualunque diritto o dignità. In questo modo le clienti chic di buona famiglia avrebbero potuto far ricucire le loro gonne a prezzi ammazza-concorrenza convinte (o quasi) di aver a che fare con genovesi doc. In uno stato in cui la maggioranza di governo si preoccupa moltissimo di immigrati (anche se a intervalli intermittenti e in base alle necessità mediatiche), viene da chiedersi dove siano il Ministero del Lavoro, la Guardia di Finanza, l’Istituto di Igiene e gli altri organi deputati ai controlli sulle attività commerciali. E allo stesso tempo non può non saltare all’occhio come, curiosamente, in tutti i milioni di occasioni in cui si parla di clandestini, di espulsioni, di tolleranza zero, la comunità dei cinesi sembri sempre esente da dibattiti, polemiche o argomentazioni varie. Forse che sia anch’essa coperta dal Lodo Alfano? Forse che i vari Maroni, La Russa e Calderoli, avendo sentito che sono da considerarsi “stranieri” tutti i soggetti provenienti da paesi non inclusi negli Accordi di Shengen, hanno pensato che si trattasse di una città cinese? Io ho piuttosto l’impressione che ci possano essere patti e implicazioni tra mafia italiana e mafia orientale, e che una fitta rete di malavitosi e collusi, esattamente come fa da scudo alla classe dirigente italiana, metta al riparo anche un sistema economico che ha nell’illegalità la sua gallina dalle uova d’oro. All’ex Guardasigilli Castelli suggerirei di leggersi i primi capitoli di “Gomorra”, quelli sui legami tra mafia cinese e malavita partenopea, sulle importazioni illegali, sui traffici loschi tra pollo alle mandorle e mozzarella di bufala. Gli consiglierei di far caso a quante delle centinaia di migliaia di attività commerciali cinesi in Italia sono quelle che emettono regolare scontrino fiscale. E magari di aspettare un attimo, prima di decidere quale sia, il soggetto “accecato dai soldi”. In chiusura di questo post aggiungo solo che alla fine della storia, comunque, Marilina non ha ottenuto il lavoro. Come sarta di Shengen di facciata le è stata preferita una candidata più giovane. E anche questo, bisogna ammetterlo, fa molto governo della P3.


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