Quella appena finita è stata
una delle peggiori settimane per i mercati azionari mondiali,
travolti dall'inconsistenza degli aiuti presentati dalla Federal
Reserve e dalla presa di coscienza che la Grecia è spacciata,
checché ne dicano le dichiarazioni ufficiali dei vari leaders
europei.
Temo che questa settimana si proseguirà nel calo, col pericolo
che si rivivano i drammi di tre anni fa, quando, nel mese di settembre,
si concretizzò il fallimento ci Lehman, che non doveva
fallire, che nessuno voleva che fallisse, che tutti sapevano che
se fosse fallita avrebbe creato grossi guai. Eppure successe,
inesorabilmente, ed i guai arrivarono. Le conseguenze di quei
guai sono le cause di possibili nuovi guai. Se le autorità
ripeteranno con la Grecia lo schema Lehman, probabilmente avremo
nuovamente il contagio che abbiamo già visto nel 2008 e
lo stesso sistema finanziario mondiale rischierà un
nuovo tragico epilogo. Lo hanno chiaramente affermato Obama
e Geithner rivolgendosi all'Europa, invitandola ad agire contro
l'effetto domino che provocherebbe il default greco.
E' evidente che una serie di dichiarazioni così terrorizzate
non può che spingere i mercati al ribasso e gli investitori
a mettere tutti i loro quattrini sui pochi strumenti finanziari
ritenuti sicuri, cioè il debito di chi in tale marasma
fallirebbe per ultimo (Germania e USA).
Non si vedono per ora all'orizzonte soluzioni pronte. Si favoleggia
di un maxi-potenziamento del fondo salva stati europeo ESFS, che
dovrebbe essere portato dagli attuali 440 miliardi di euro di
dotazione alla cifra mostruosa di 3.000, e dovrebbe assumere l'incarico
di salvare stati e banche in crisi.
Non so quale probabilità di avverarsi abbia questa soluzione.
Il problema è chi metterebbe i soldi. Difficilmente
gli stati europei, che già si lamentano degli stanziamenti
che hanno dovuto fare per creare l'attuale fondo da 440 miliardi.
Dovrebbero tirar fuori un'altra enormità di soldi che non
hanno. La Germania, che ha una quota del 27%, dovrebbe apportare
altri 690 miliardi, la Francia 520, e l'Italia, udite udite, 460
milardi. E così via tutti gli altri.
In alternativa si vocifera di un massiccio intervento di Cina,
USA e FMI. Ovvero quelli che in questo momento sono considerate
le spalle più larghe. Ma che cosa vorrebbero in cambio,
in termini di potere? E quale credibilità avrebbe questo
intervento, che equivarrebbe evidentemente allo spostamento dell'immondizia
in un altro centro di raccolta più grosso? Nel breve periodo
darebbe ossigeno all'euro, alle banche e alle borse, e farebbe
parlare i giornali di crisi risolta, come nel 2009, quando gli
stati salvarono le banche. Ma nella realtà rappresenterebbe
soltanto il passaggio al quinto gradino della scalata verso
il nulla.
Ricordiamo i precedenti. Primo step: negli anni 2000-2007 si alimentò
l'indebitamento dei privati costruendo un micidiale effetto leva
con i titoli tossici, che furono piazzati a banche e fondi di
investimento. Il sistema finanziario greò la patata bollente
grazie alla deregulation selvaggia. Secondo step: nel 2007 si
capì che le banche avevano troppa porcheria e molte avrebbero
dovuto fallire. Perciò, dopo l'esperimento devastante di
lasciar fallire Lehman, si salvarono tutte le altre con denaro
pubblico tirato fuori dai singoli stati. La patata bollente passò
quindi dai bilanci delle banche ai bilanci pubblici e le banche
poterono ricominciare, ripulite, a fare quel che facevano prima.
Terzo step: nel 2010 si prese coscienza che gli enormi impegni
di denaro pubblico per salvare il sistema avevano generato l'esplosione
dei debiti degli stati e la necessità di finanziarlo. Gli
stati più solidi riuscirono con meno difficoltà
a reperire i capitali sul mercato, mentre quelli meno virtuosi
cominciarono a dover pagare interessi sempre più alti per
piazzare i loro bonds. A chi? Alle banche, che si riempirono di
bond statali. La patata bollente passò quindi di nuovo
alle banche, che finanziarono gli stati. Tutti. Anche la Grecia
e gli altri PIGS, da cui si ottengono rendimenti più alti
e ci si illude di fare affari, globalizzando così la tossicità
dei debiti.
Quarto step: oggi. Si capisce che qualche PIGS deve fallire,
poiché non si può continuare a salvarlo gonfiando
il suo debito. Si scopre che, se fallisce qualche PIGS, le banche
sono nei guai perché piene di titoli emessi da questi stati.
Allora si vuole sperimentare il "fallimento ordinato"
della Grecia. Sarebbe il primo caso nella storia: ogni fallimento
è per sua natura disordinato. Di ordinato c'è solo
il regolare adempimento dei propri obblighi. L'illusione del fallimento
ordinato porterà a scoprire che le banche sono di nuovo
da salvare. Ecco il quinto step prossimo venturo: dato che gli
stati le hanno già salvate una volta e poi hanno dovuto
essere salvati dalle banche, si troverà una "cupola"
di stati più solidi degli altri (USA, la vecchia superpotenza,
e Cina, la nuova) che salderanno loro il conto. Gli USA ingigantiranno
il loro debito già enorme e la Cina brucerà tutte
le riserve che ha accumulato in questi anni di globalizzazione
selvaggia.
Ma attenzione: l'immondizia è sempre lì e si distrugge
soltanto quando qualcuno si assume la responsabilità delle
perdite. Questo nuovo escamotage cercherà per l'ennesima
volta di imitare Re Mida, trasformando la monnezza in oro.
Abbiamo già visto che non si può, ma ci ostiniamo
a credere che qualcuno più grande degli altri ci riesca.
Quando, tra qualche tempo, anche Cina e USA arriveranno alla resa
dei loro conti (prima gli USA della Cina) si scoprirà che
sopra di loro c'è solo il Padreterno, che però non
sappiamo affatto se avrà intenzione di fallire per salvare
noi umani. Ed allora forse si comincerà ad affrontare il
problema, invece di passarlo continuamente in altre mani. Ma saranno
giorni terribili.
Nel frattempo non possiamo che assistere al sonno della ragione,
sperando che duri il meno possibile e che non generi troppi mostri.