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- Scritto da Marco Valerio
- Categoria principale: Le nostre recensioni
- Categoria: Recensioni film in sala
- Pubblicato: 03 Aprile 2015
Reduce dall'insuccesso del suo debutto francese (il mediocre Il cecchino), Michele Placido si cimenta nuovamente con un dramma sentimentale a più di un decennio di distanza da un altro flop della sua filmografia, il discusso Ovunque sei.
Riadattando in maniera piuttosto libera L'innesto, testo teatrale tra i meno celebri di Luigi Pirandello, Placido racconta la storia di Laura (Ambra Angiolini) e Giorgio (Raoul Bova), marito e moglie che si amano intensamente e sono desiderosi di un figlio che sembra proprio non voler arrivare. Un dramma è destinato ad abbattersi sulla giovane coppia: dopo essere stata aggredita e violentata, Laura rimane incita, ma le possibilità che il figlio sia del suo stupratore sono altissime. La donna sarà così chiamata a scegliere se tenere o meno quel bambino tanto agognato, generato in circostanze a dir poco tragiche.
Refrattario da sempre ai mezzi toni, ai compromessi e alla moderazione (cinematografica e non solo), Placido dà vita a un melodramma sguaiato e sgangherato, eccessivo e ridondante come la cacofonica e opprimente colonna sonora o la recitazione sopra le righe dei suoi interpreti (tutti, a mani basse, alle peggiori prove delle rispettive carriere).
Al di là della discutibile scelta operata dalla protagonista (sia per ciò che comporta sia per come viene giustificata), a lasciare interdetti è il grossolano e sciatto approccio filmico di Placido, la cui regia esaspera le tonalità drammatiche dando al racconto una dimensione totalmente esiziale e respingente, abbandonandosi a un formalismo tanto gratuito quanto posticcio e sguazza tanto apertamente nel ridicolo (tra intermezzi onirici goffi e dilettanteschi time-lapsing) da lasciar intendere una consapevole deriva verso l'autoparodia.
In realtà il regista si prende maledettamente sul serio, cerca la profondità e il sentimentalismo con mano pesante e una virulenza spesso fuori luogo, accentuando così il senso di frustrazione e il disagio spettatoriale dinnanzi ad un'opera così maldestra, involontariamente grottesca, irritante, improbabile e per lunghi tratti improponibile. Un ulteriore passo falso per Michele Placido, certificazione di un'involuzione artistica che appare ormai irreversibile.
Voto: 1/4