Era finito tutto. A Palazzo di Giustizia si era chiusa la rogatoria chiesta dagli inquirenti americani. Esaurito il suo compito, Ambrosoli era rilassato, dopo anni di tensione e preoccupazioni. In effetti Ambrosoli aveva finito di “nuocere” a Sindona. Ma allora perché ucciderlo?
Sindona agisce anche per vendetta. Ma attenzione a guardarlo come qualcuno che si muove d’impeto. Qualcun altro deve aver giudicato opportuna la sua scelta, rinunciando a fermarlo. Magari per punire l’esempio di un uomo che, con pochi amici, aveva messo in crisi un sistema fatto di mafia, partiti e massoneria. Come nasce il libro, e con che tipo di progetto?
Nel 2010 ero presente a una premiazione del libro di Umberto Ambrosoli, “Qualunque cosa succeda”. L’autore rivelò in anteprima la frase di Andreotti: “Ambrosoli era uno che se l’andava cercando”. La reazione della platea fu piuttosto blanda, e così pensai che quella storia avesse ancora bisogno di essere raccontata. Nello stile volevo essere neutro, perché la vicenda già da sola contiene tutti i dati necessari per crearti un’opinione. Qual è stato il personaggio più complesso da rendere?
Sindona. Non avevo voglia di disegnarlo. Poi ho capito che sarebbe stato un grosso errore sottovalutare la resa del suo volto. La bibliografia in fondo al volume è sterminata. Ma avrà sentito anche qualcuno che Ambrosoli lo ha conosciuto.
In realtà no. Ma Novembre, Gusmaroli, Sarcinelli e Coda sono vivi e ho spedito loro il volume. E dopo aver disegnato tutto mi sono confrontato con Umberto Ambrosoli, che mi ha suggerito di togliere un “purtroppo” e un pertiniano “perdio” che avevo messo in bocca a suo papà. Giustamente, perché tutto il libro doveva essere il più possibile privo di commenti, auspici, invettive. Ambrosoli, nonostante minacce e pressioni ricevute, non fece denunce in tv, uscite sui giornali, non cercò il pubblico. Un comportamento che oggi apparirebbe quasi singolare.
Delle minacce parlò con Banca d’Italia: essendo chiarissima la provenienza si sentiva tutelato dalle registrazioni, pensando che Sindona non avrebbe mai fatto qualcosa di cui sarebbe stato subito sospettato. E invece… Nel fumetto vediamo Sindona che chiama Cuccia a New York e lo minaccia in modo esplicito, aggiungendo di voler far “scomparire” Ambrosoli. Il colloquio è autentico?
È ricavato dalla testimonianza di Cuccia al processo contro Sindona. “Ma perché non avvertì Ambrosoli?”, gli chiesero, e lui rispose che temeva di ricevere una denuncia per calunnia da Sindona. Lì la vedova Ambrosoli ebbe una reazione emotiva fortissima. Una cosa rara, quasi unica, per lei. Che cosa c’è di attuale nella storia di Ambrosoli?
Il fatto che ritorna. La storia del giusto perseguitato e ucciso si ripete con frequenza matematica in Italia, quasi di 20 anni in 20 anni. E quella di Ambrosoli ci interroga con questa domanda: perché riviviamo continuamente gli stessi problemi, abbiamo la memoria corta o fingiamo di non capire? È attuale anche l’insegnamento di un uomo che ha tolto tutti gli alibi a chi dice “Ma che vuoi fare contro l’andazzo generale, contro la crisi, contro le mafie?”. Una della sue frasi nel fumetto è questa: “Avessi ricevuto dieci lire ogni volta che mi sono sentito ripetere ‘Ma chi te lo fa fare?’, ‘Lascia perdere’, ‘Pensa alla famiglia’, ora potrei pagare personalmente il debito lasciato da Sindona”. Ambrosoli non ha cercato alibi. E ha dimostrato che non ci sono poteri imbattibili.