La schiuma dei giorni: sulle montagne russe con Boris Vian
Titolo: La schiuma dei giorni
Titolo originale: L'écume des jours
Autore: Boris Vian
Traduttore: Gianni Turchetta
Editore: Marcos y Marcos
Pagine: 272
Prezzo: €14,50






La schiuma dei giorni, anche se sostenuta a spada tratta da Raymond Queneau, che lo candida al prestigioso premio della Pleiade, non riesce a vendere più di 1.500 copie.
Io amo le montagne russe. Prima di provarle, da piccola, le temevo. Pensavo fossero un percorso spaventoso da cui si poteva uscire solo urlando a squarciagola per la paura. Poi le ho provate ed è nato l'amore. Andrei nei parchi giochi solo per fare giri sulle montagne russe a ripetizione. Il mio amore per questa incredibile giostra non è condiviso da mio marito, che al contrario di me le odia. Di fronte a esse, le nostre strade si separano momentaneamente: io salgo, lui resta a terra. Le montagne russe provocano reazioni così forti da spaccare il mondo in due: una parte prova pura eccitazione, l'altra puro terrore. La schiuma dei giorni è stato un grandioso giro sulle montagne russe che non potevo non apprezzare. Una lettura che ci acchiappa e ci fa volare alto, che all'improvviso frena bruscamente, che sale piano per poi buttarsi giù in picchiata, e poi di nuovo è tutto un frenare, svoltare, accelerare, capovolgere. Si diventa un frullato di sensazioni. Il mio giro tra le pagine di Boris Vian è stato qualcosa di inaspettato e folle. Si girano le pagine senza sapere cosa accadrà in quella immediatamente successiva: l'autore frenerà o accelererà? Ci sarà una ripida discesa o una lenta salita? Quando si crede di essere entrati lentamente nella storia e di riuscire a seguirne il filo conduttore, ecco che improvvisamente il mondo è sottosopra e non sappiamo se siamo noi, se sono le pagine, se è Vian. La schiuma dei giorni (che poi, non lo trovate un titolo stupendo? A me fa venire in mente la bellezza delle piccole cose, della quotidianità, dell'ordinarietà. E al tempo stesso mi fa pensare alla fugacità, all'impossibilità che tutti i giorni siano spumeggianti. Basta questo titolo a far capire che il romanzo nasconde un mondo intero di riflessioni dietro le parole stampate) è un giro bendati, un giro che siamo pronti a intraprendere solo se lasciamo fuori diffidenza e voglia di analizzare. È un romanzo che ha bisogno della fiducia del lettore: mettiamoci nelle mani di chi l'ha scritto e lasciamo che ci porti ovunque voglia. E fidatevi, ci porterà in un mondo assurdo e fiabesco, ma al contempo realistico e duro. Ci farà conoscere l'amore vero e la sofferenza. Ci farà assaporare cibi speciali e gustare cocktail musicali. Ci farà scoprire la noia del lavoro, ma il bisogno dello stesso. Ci darà libertà e prigionia, passione e dolore, vita e morte. E lo farà in maniera surreale. Onirica. Ci sembrerà di essere assaliti da suoni e colori. Ci abbaglierà. Se non vogliamo esserne rapiti, c'è bisogno di distacco, c'è bisogno di occhiali da sole. Fino a un certo punto. Poi quei colori scompaiono, i toni si abbassano: quando la giostra sta per terminare il suo giro, tutto diventa grigio. Spento. Morto.
Io non riesco a raccontarvi questo libro, non riesco a parlarvi dell'amore di Colin e Chloé. Un lui in cerca dell'amore. Una lei arrangiata da Duke Ellington. Due innamorati che si ritrovano a passeggiare a bordo di una nuvola. Una casa che si adatta ai loro stati d'animo. Un amore fiabesco. Ma anche tanto realistico. Una storia meravigliosa e folle, che diventa indimenticabile solo se trasformata in tragedia.
Ma non è solo la storia di un amore. C'è altro. Lo spiega benissimo Pennac in un'intervista alla fine del libro stesso quando dice che il libro può essere letto più volte nel corso degli anni traendone impressioni e suggestioni diverse. A diciott’anni prevale la griglia della passione amorosa, a quaranta quella della critica sociale, a sessanta quella del pessimismo della tragedia che tutto annulla. A me sembra di averle provate tutte, di aver vissuto queste pagine da diciottenne, da quarantenne, da sessantenne. E di averlo amato per ogni suggestione.
Quando si scende dalle montagne russe, se le si è amate, si è gasatissimi. E un po' tristi perché il giro è già finito. Un mix di esaltazione e disperazione. Di euforia e tristezza. E se la testa gira e lo stomaco è in subbuglio, si è contenti comunque di aver vissuto quell'esperienza.
Così è il romanzo, così la vita. Degno di essere letto e degna di essere vissuta anche se a un certo punto termina, e non come o quando vorremmo. Che capolavoro!