La scienza, soprattutto quella moderna, è sempre più concentrata e settorializzata; ogni scienziato si occupa solo della sua piccola porzione di sapere perché ormai le conoscenze sono così estese ed ampie da rendere praticamente impossibile il gestire ai massimi livelli più campi. Questo atteggiamento è sicuramente giusto ed è conseguenza di una visione corretta ed etica. Tuttavia, in questo articolo, senza alcuna pretesa di completezza, voglio occuparmi di un problema interessante che riguarda il rapporto intercorrente tra la “specializzazione” e l’ “olismo”, intendendo questo termine come la capacità di abbracciare la comprensione del “tutto” per potere spiegare nuovi fenomeni (o meglio “epifenomeni”) e nuovi comportamenti che altrimenti non sarebbero individuabili occupandosi di un solo campo. In ogni caso, non mi interessa parlare dell’olismo in sé e per sé, che tanto è stato scritto e lo sarà ancora sull’argomento (con spesso discutibili sconfinamenti nella new age), quanto indagare il rapporto tra la “profondità della conoscenza” e la “generalità” della stessa, nel senso di una ricerca di un valore massimizzante entrambe. In altri termini, puramente matematici, la domanda è: “si può trovare un valore ideale che massimizzi contemporaneamente la profondità della conoscenza e di generalità del sapere al fine di conoscere nuovi fatti e giungere a nuove scoperte?”. Io penso che la risposta sia affermativa; nel senso che, anche matematicamente, deve esistere un valore ideale di estensione e profondità del sapere. Leggi tutto, su Estropico.org.