di Giulia Annovi
Credits: from Flickr – by thetaxhaven
L’articolo sottolinea quanto sia importante imparare dai propri errori: quanto affermato non è solo un detto popolare, è ciò che ci distingue dagli animali. Il più delle volte la rabbia impedisce questo processo di apprendimento. Piuttosto che arrovellarsi sul fatto di aver sbagliato, è molto più utile cercare di capire quale passaggio ci ha portato fuori strada. Del resto, non si fa così dopo un esperimento scientifico che non ha portato ad
alcun risultato? Lo scienziato che non si arrende ricontrolla tutti i passaggi ed esclude tutte le variabili che di certo non ha sbagliato. Solo così nell’esperimento successivo potrà modificare – rigorosamente uno per volta – quei passaggi che non lo convincono.
È dura ammettere di aver sbagliato? Sì, lo è perché, oltre alla vergogna, puoi anche dover fronteggiare due tipologie umane. La prima è positiva ed è quella del generoso, che si offre di aiutarti a riparare al tuo errore o che ti dà la seconda possibilità dal sapore così dolce; la seconda è il meschino, che sfrutta l’occasione per metterti in difficoltà, per sottolineare l’errore, per prendersi gioco di te in maniera sottile o per abbandonarti al tuo destino.
Tuttavia, chi è in grado di fare il grande passo di confessare il proprio errore è da me considerato un uomo forte e coraggioso.
Mettendosi dalla parte di chi si accorge che un altro ha commesso un errore, Dennett indica quale atteggiamento è meglio usare per far comprendere al nostro interlocutore cosa non ci convince. In effetti, indivisuato quanto controproducente sia il fatto di arrabbiarsi, perché provocare questo sentimento nel nostro ascoltatore? I punti da seguire sono le 4 regole di Rapoport:
1) Esporre quanto compreso dal discorso del nostro interlocutore (magari farà balzare anche al suo occhio qualche incongruenza);2) Elencare le cose su cui siamo d’accordo;
3) Mettere in evidenza le cose che abbiamo imparato dal suo discorso;
4)Solo a questo punto criticare o confutare qualcosa.
Non ho idea di quanto il metodo sia praticabile, in quanto gli errori altrui generano spesso quel fastisioso solletico di sottolinearli, o sono in grado di irritare anche noi stessi per la stupidità di quanto si sta affermando. Tuttavia, lo trovo costruttivo per noi e per gli altri, perché dà modo di riflettere a voce alta su un problema e permette di trasformare l’errore in dialogo e collaborazione.
Altra buona regola: prima di criticare è sempre meglio informarsi dalle fonti giuste e seguendo i suggerimenti di persone affidabili e preparate sull’argomento.