Per noi cattolici l’argomento è poco interessante per diversi motivi: Dio non fa parte dell’Universo e non lo si trova studiando nei laboratori, uno scienziato e un muratore sono perciò sulla stessa barca. Gli scienziati che hanno scritto la storia sono in gran parte credenti ma tanti sono e sono stati anche i non credenti, questo perché Dio non è oggetto di scienza, la quale può confermare, semmai, le proprie posizioni. Inoltre, se anche rimanessimo in dieci a credere in Dio non cambierebbe assolutamente nulla, saremmo addirittura certamente più motivati e meno tiepidi di quanto lo siamo oggi (come accade nelle piccole ma brillanti comunità del Vietnam o della Corea del Nord).
In ogni caso essendo un argomento molto diffuso vale la pena affrontarlo ogni tanto. Nel 2010 uno studio della Rice University ha rilevato che su 1.700 scienziati d’elite, il 70% credevano in Dio (di cui il 20% deisti) mentre gli atei o gli agnostici dichiarati arrivano al 30%. Nel 2009 un sondaggio tra i membri dell’American Association for the Advancement of Science ha invece rilevato che il 51% di questi scienziati credeva in Dio o in qualcosa al di là del naturale.
Da entrambi gli studi, i più recenti a nostra disposizione, si evince che la maggioranza degli scienziati crede in Dio, tuttavia il numero di scienziati non credenti supera effettivamente la media dei non credenti nella popolazione (secondo un sondaggio del Pew Research Center, il 95% degli americani è credente). Sembrerebbe dunque che ancora abbiano in parte ragione coloro che sostengono che la formazione scientifica tenda a respingere la fede in Dio.
Ma le cose non stanno così. Innanzitutto occorre sottolineare che nonostante il progresso scientifico degli ultimi secoli, l’indagine del Pew Research Center ha mostrato che le percentuali di credenti/non credenti tra gli scienziati sono immutate da circa 100 anni. Ma sopratutto occorre riporta la conclusione della dott.ssa Elaine Ecklund (Rice University) al suo studio: «per la maggior parte degli scienziati che ho intervistato», ha spiegato, «non è l’impegno stesso con la scienza che li ha portati lontani dalla religione. Piuttosto, le loro ragioni per l’incredulità rispecchiano le circostanze in cui altri americani si ritrovano: non sono cresciuti in un ambiente di persone religiose, hanno avuto brutta esperienza con la religione o vedono Dio come troppo mutevole» (E. Ecklund, “Science vs. Religion : What Scientists Really Think: What Scientists Really”, Oxford University Press 2010, pag. 17).
Affermare dunque che la minoranza degli scienziati che non crede in Dio sia per motivi legati alla scienza è un errore logico post hoc propter hoc. La maggior parte degli scienziati non credenti, infatti, rifiuta Dio per motivi comuni ad altri non credenti che non sono scienziati. Il biologo George Klein lo ha spiegato sinteticamente: «Io sono un ateo. Il mio atteggiamento non si basa sulla scienza, ma piuttosto sulla fede. L’assenza di un Creatore, la non-esistenza di Dio è la mia fede infantile, la mia fede adulta, incrollabile e santa» (G. Klein, “The Atheist and the Holy City: Encounters and Reflections”, The MIT Press 1992, p. 203).
La redazione