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La scintillante Abu Dhabi: internazionale per chi?

Creato il 27 maggio 2013 da Chiarac @claire_com_
La Sala Stampa dell'ADIBF!

La Sala Stampa dell’ADIBF!

Come chi segue il blog si ricorderà, lo scorso mese sono volata ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, per la Fiera Internazionale del Libro che si è tenuta nel capoluogo emiratino dal 24 al 29 aprile.

Dal punto di vista umano e professionale è stata un’esperienza davvero unica, che però mi ha dato anche molto su cui riflettere. L’esito delle mie riflessioni lo trovate su ResetDoc, di cui di seguito do un’anticipazione.

Come al solito, la sezione commenti è libera e aperta a chiunque voglia discutere (con garbo!) dei contenuti o proporre una lettura diversa degli eventi.

Buona lettura!

* Le foto sono state scattate dal fotografo ufficiale della Fiera, non da me! Le altre le trovate sulla pagina Facebook ufficiale qui.

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Per descrivere il mercato editoriale arabo alla fine degli anni Sessanta venne coniata un’espressione, poi diventata famosa, che così recitava: “L’Egitto scrive, il Libano stampa e l’Iraq legge”. A cinquant’anni di distanza, quella frase andrebbe aggiornata con l’aggiunta di una postilla: “…e gli Emirati investono”.

Negli ultimi decenni il panorama editoriale arabo è infatti molto cambiato: se l’importanza dei mercati di Iraq, Sudan, Libia e Algeria (gli Stati più popolosi del mondo arabo) è lentamente venuta meno per i problemi di politica interna di questi Paesi, è aumentata la dipendenza delle capitali dell’editoria araba, Beirut e Il Cairo, dai mercati della penisola arabica, Arabia Saudita ed Emirati su tutti. E tra gli Emirati spicca senza ombra di dubbio la monarchia di Abu Dhabi, micro-Stato con ingenti capitali da investire, la cui potenza si esercita non solo attraverso il potere economico, ma anche tramite quello culturale. E le ultime fiere del libro lo hanno dimostrato.

Nata nel 1981 come “fiera del libro islamico”, la fiera del più grande Stato emiratino diventa un appuntamento annuale nel 1993, ma è solo nel 2007, grazie alla creazione di una più che proficua partnership con la Fiera di Francoforte, la più grande ed importante del mondo, che quella di Abu Dhabi si trasforma da semplice “suq” di libri in evento dal respiro internazionale. I numeri di quest’anno ne danno un’idea: 500.000 titoli in esposizione in più di 30 lingue diverse; 1.000 espositori (in aumento del 13% rispetto al 2012) provenienti da 50 paesi; 90 sessioni in cui sono intervenuti 130 partecipanti (tra scrittori e professionisti) da 34 nazioni, di cui 15 arabe.

Ma è stata davvero una fiera “internazionale” come i numeri danno a intendere?

In un Paese come gli Emirati Arabi Uniti, in cui gli “indigeni” rappresentano solo il 20% su una popolazione di 1,6 milioni di persone, la domanda è più che pertinente e la sua risposta conduce necessariamente a porsi degli interrogativi. Gli avventori infatti, erano in maggioranza emiratini.

La Fiera dunque è internazionale per chi?
Fino a 60 anni fa gli Emirati erano poco più che oasi e villaggi dediti alla coltivazione delle perle mentre oggi, Dubai e Abu Dhabi in testa, si presentano come delle realtà scintillanti e iper tecnologiche, a metà strada tra l’Occidente, il mondo arabo e lo stile dinamico delle tigri asiatiche. Quasi dei non-luoghi che, grazie alla presenza di ingenti capitali, hanno attirato espatriati e lavoratori dai quattro angoli del globo.

Ad Abu Dhabi, lo skyline del centro città strizza l’occhio a quello di New York e Singapore; le scritte dei cartelli sono in arabo e inglese; sulle nuovissime super strade a 10 corsie sfrecciano SUV guidati da manager occidentali, taxi con conducenti bengalesi e pulmini sgangherati, che portano al lavoro le centinaia di migliaia di lavoratori asiatici che affollano gli innumerevoli cantieri edili sempre all’opera.

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