L'italiano sta scomparendo. O meglio, migra verso forme indefinite ed anarchiche. Dall'indagine Invalsi (che ha l'obiettivo di verificare la competenza degli studenti riguardo l'italiano scritto), emerge che dal riesame dei temi di maturità 2008-2009, questi sono assolutamente insufficienti per i seguenti motivi: 63% per lessico, 59% per competenza ideativa, 54% per competenza grammaticale e 58% per competenza testuale. In parole povere, la maggior parte dei diplomati ha uno scarsa padronanza e ricchezza lessicale, non sa organizzare un ragionamento scritto e fa errori di grammatica. Valeria Della Valle, docente di lingua italiana a "La Sapienza", punta il dito verso le scelte politiche: "Inutile gridare al lupo al lupo quando sono scomparse le scuole di specializzazione in linguistica per insegnanti. Non è detto che chi si laurea in letteratura abbia piena padronanza della lingua e delle sue regole. E la recente riforma ha abbassato il numero delle ore di italiano..."
Immaginare un giovincello alle prese con errori linguistici gravi è una realtà tristemente accettabile; cambiare il soggetto interessato e scoprire incompetente un laureato in lettere è ben altra cosa. Soprattutto se poi questo laureato siederà dietro una cattedra. L'italiano in poche parole è più a rischio dei Gorilla del Congo. Gli errori e l'incompetenza dilagante interessano la maggior parte della popolazione alfabetizzata o semi-alfabetizzata. Non si conosce il significato di parole come obsoleto, non si sa usare l'apostrofo e la lettera h è un mero optional. Scompare la punteggiatura, punto e virgola e due punti vanno in villeggiatura. Per non parlare del congiuntivo, sul quale la stessa Della Valle ha scritto un fortunato saggio dal titolo "Viva il congiuntivo". Ma a rischio non c'è soltanto il congiuntivo, anche il tempo è frutto di rivisitazione: partendo dal concetto di relatività si sta progressivamente dicendo addio al passato remoto (lo usai).
Dove ricercare le cause? Sicuramente il padroneggiare dell'intrattenimento televisivo è al primo posto. La tv infatti, essendo mezzo di massa, adotta un linguaggio più scarno di quello scritto. Povero, senza orpelli, secco e comprensibile a tutti. Poche parole standard (tra cui milione) che contribuiscono ad impoverire il linguaggio in maniera generalizzata, specialmente tra coloro abituati a passare molte ore davanti allo schermo.
Un'altra causa può rinvenirsi nell'uso di internet. Oggi internet offre la possibilità a tutti di poter scrivere, vuoi tramite un blog, una chat o facebook. Purtroppo questo causa la trasposizione di forme abbreviate e sgrammaticate, dapprima in uso sugli Sms (dove però la cosa si giustificava dal poco spazio e dal costo), ora trasportate in rete (dove pertanto viene a decadere la giustificazione di cui sopra). Allora dilagano sgrammaticature, verbi inventati, abbreviazioni oltre il limite della comprensibilità scientifica, modificazioni scritturali per medesimi suoni(k per ch) oltre i soliti accenti sostituiti da apostrofi (per la è maiuscola accentata correttamente basta fare Alt+212) o del tutto inesistenti. Infine, lo scarso interesse per la lettura. Quest'ultimo punto legato certamente da un sottile filo rosso agli altri due: in una società dove la centralità è l'immagine, perde significato la parola nella sua forma scritta. Ma una società che non sa argomentare, parlare o capire, è una società che diventa barbara.
Queste sono le cause (insieme a quelle di ordine politico) che intuitivamente si possono individuare. Ma c'è un qualcosa che il quotidiano ragionare ignora: non potrà mai esserci un popolo di dotti. Dai l'alfabeto alle masse e queste ne faranno l'uso meno appropriato. Un tempo pochi potevano seguire gli studi. Oggi si ritiene un bene l'alfabetizzazione. Eppure questo potrebbe rivelarsi ancor peggio dell'analfabetismo. Come? I letterati buoni sono sempre stati pochi. Pertanto un tempo questi potevano contare su un piccolo numero di potenziali lettori.
Ma, essendo la capacità di scrivere o di leggere un privilegio di pochi, esistevano buona letteratura e buoni lettori; la lingua scritta, usata da grandi scrittori, non correva grossi rischi di sabotaggio in quanto strumento privilegiato. Dare alle masse la possibilità di leggere e scrivere, in un'epoca appunto massificata, produce più effetti negativi che positivi: la schiera dei potenziali lettori si allarga, ma non quella dei lettori buoni. I buoni scrittori sono sempre pochi, ma la loro arte lungi dall'essere una forma privilegiata (e tutelata), inizia ad assumere i connotati dell'incomprensibilità, della noia, riscuotendo un basso interesse a livello di massa. In un'epoca dove vincono i grandi numeri anche nell'editoria, il grande letterato soggiace agli interessi del mercato e viene spazzato via dai Moccia o dai Fabio Volo. Il numero di pessimi lettori si allarga dando spazio a pubblicazioni trush che riscuotono successo. Le pubblicazioni trush offrono pochi spunti di riflessione ed un linguaggio povero in linea col concorrente televisivo. Lo scrittore buono rimane ai margini, non viene promosso perché non vende, non porta soldi: ed oggi i soldi sono tutto. La cultura barbara e di massa investe la cultura buona (e per certi versi elitaria), spingendola sempre più ai margini. Per ultimo sopraggiunge la morte: i letterati cercano di difendere la lingua, ma sulla spinta delle masse esigenze e regole si fanno sempre meno stringenti fino a portare verso un nuovo sistema, senza regole, senza sinonimi, senza significati. Ripensare l'istruzione obbligatoria? Oggi risponderei di sì. Meglio una cultura elitaria che una massificazione dell'ignoranza e della mediocrità.
Nota: non sfuggono certo i libri universitari, tra cui cito il libro "Mercati di capitali e intermediazione finanziaria" di P.Giovannini, docente a "La Sapienza", che ha un'infinità di errori grammaticali oltre che un layout pessimo. Edizioni Kappa.
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