Il biografo Eginardo riferisce che poco dopo il giorno di Natale dell’813 Carlo è colpito dai primi sintomi della malattia che mina la sua formidabile fibra. In gennaio, un attacco febbrile lo costringe a sospendere ogni attività e a rimanere a letto. Naturalmente, un’indole come la sua è la meno adatta a sopportare la forzata inattività e il senso d’impotenza che la malattia porta con sé.
I consigli e le premure dei medici gli sono insopportabili; per tutta la vita ha condotto un’esistenza da soldato, dura, disagiata, aspra; ha trascorso intere settimane a cavallo e intere stagioni in accampamenti militari: il suo fisico atletico non l’ha mai tradito.
“In questa tomba riposa il corpo di Carlo, grande e ortodosso imperatore, che accrebbe nobilmente il regno dei Franchi e lo governò felicemente per quarantasette anni. Mori settantenne, l’anno del Signore 814, settima indizione, il V dalle calende di febbraio.”
Questo l’epitaffio scolpito sulla tomba di Aquisgrana. L’impero passa nelle mani di Luigi il Pio. Luigi somiglia fisicamente al padre (è come lui alto e atletico, esperto cavaliere e cacciatore) ma ne è diversissimo nello spirito. È un nevrotico, un incostante, che passa continuamente dall’uno all’altro estremo, un passionale sprovvisto d’equilibrio e di autentica personalità. Dalla prima moglie Ermengarda ha tre figli: Lotario, Luigi, Pipino; dalla seconda e adorata Giuditta un quarto maschio: Carlo. Si preoccupa subito dei problemi ereditari e con l’Ordinatio Imperii assegna a ciascuno dei figli una parte precisa. Non segue affatto la tradizione carolingia; istituisce viceversa il principio della primogenitura, stabilendo che l’impero andrà a Lotario, mentre agli altri spetteranno, praticamente, le briciole: Aquitania, Marca di Tolosa e contee di Borgogna a Pipino; Baviera e Marche orientali a Luigi (il “Germanico”).
Nell’829 modifica l’Ordinatio in favore del quartogenito, cui assegna parte dei territori già destinati ai fratelli. Il tutto sembra organizzato apposta per scatenare rivalità acerrime. Il che puntualmente avviene, alla morte di Luigi il Pio. Dopo una serie di guerre civili (che iniziarono quando ancora il padre era in vita), i quattro fratelli si scontrano in una zuffa generale a Fontenay, che vede schierati aquitani, neustriani, alemanni e austriani. È il 28 giugno 841. Due anni più tardi, a Verdun, ogni traccia geopolitica dell’impero carolingio è cancellata dalla carta d’Europa. Nascono in suo luogo le tre nazioni che potremmo già chiamare francese, italiana e tedesca.
Ma torniamo a Carlo Magno.
È o non è la statua di Carlo Magno?
Prove dirette non ne abbiamo e non avremo mai, con grande gioia degli studiosi, i quali vi trovano materia di dotte discussioni. Ma noi preferiamo credere alla tradizione e affermare con lei che è proprio la statua di Carlo Magno, unica immagine autentica che ci rimane di lui, a impersonare l’ideale di giustizia sovrana che fu suo. Se la leggenda, infatti, s’impadronì dell’uomo sino a soffocarne la storia, non dimentichiamo quanto difficile sia stato il suo cammino. Almeno tre volte, nel 783, 793 e 802, la sua autorità fu messa in pericolo anche all’interno del regno. E a una congiura partecipò il primo figlio natogli dalle nozze morganatiche con Imiltrude, lo sventurato Pipino il Gobbo che morì monaco a Priim nell’811. Ma come riuscì a vincere i nemici esterni nella lunga serie di guerre che sono l’aspetto più appariscente ma non il più importante dell’opera sua, così Carlo Magno prevalse su quegli stessi che gli erano più vicini.
Francese per i francesi, tedesco per i tedeschi, Karl der Grosse, Crharlemagne, Carlo Magno è il solo re o imperatore che, almeno in lue lingue, veda l’appellativo che egli stesso si diede incorporato nel suo stesso nome.
L’hanno anche chiamato il padre dell’Europa.
E ogni anno in Aquisgrana, sua città palatina, viene assegnato un premio che a lui s’intitola a un uomo politico che si sia segnalato per le sue virtù europee; le quali virtù sono forse incerte e indefinibili oggi quanto al tempo di Carlo Magno, cosi come imprecisi e fluttuanti erano allora e sono oggi gli stessi confini d’Europa. Certo, nella cesura e nella successiva chiusura del Mediterraneo provocata dagli arabi, nel sopravvivere dell’idea imperiale solo a Oriente, in quella Bisanzio che era fatta seconda Roma, egli ripristinò l’impero d’Occidente. Un impero di fedeli, a lui legati da un duplice vincolo ch’era insieme religioso e politico.
Come ogni restaurazione innovatrice opera d’un uomo solo, quell’impero era, in pratica, destinato a scomparire con lui. Ma tuttora durano le conseguenze, che non sono di scarso rilievo. Per esse, a conti fatti, possiamo ben riconoscere e attribuire a Carlo Magno la paternità di questa nostra travagliata Europa.