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Scotland 6 - 24 Wales
La notizia è che il Galles è tornato a vincere: il 24-6 sulla Scozia al Murrayfield vuol dire aver svoltato almeno per una partita dopo le sette perse in precedenza e quella pareggiata contro le Fiji nel disastroso mese di novembre. Ed era un sacco di tempo che non espugnava Edimburgo. Non è l’unica notizia di giornata: c’è anche la Scozia che non ha brillato come a Parigi una settimana fa. Ha piuttosto sprecato e molto, soprattutto quando gli avversari sono rimasti in tredici per due gialli nella seconda parte del primo tempo, non racimolando nemmeno un piazzato. Le idee c’erano e c’era parecchia confusione. Non è stato qualitativamente una delle partite che passeranno alla storia del Six Nations.
Vincono i dragoni rossi, grazie ad un buon avvio e alla stitichezza – passateci il termine – offensiva dei padroni di casa. Errori da una parte e dall’altra, game plan così e così, la differenza l’hanno fatta le intuizioni dei singoli: James Hook per la prima meta gallese, Jonathan Davies per la seconda, Shane Williams per aver in entrambi i casi chiuso al meglio l’azione. Alla retroguardia di Warren Gatland va concesso il merito di aver imbragato gli uomini più pericolosi di Andy Robinson, come Joe Ansbro. Ma sempre agli uomini di Robinson andrebbero fatti ripassare alcuni fondamentali come passaggio e ricezione dell’ovale, tempi di inserimento e opzioni valide che non siano i cross kick dal piede di Dan Parks. E occhio, perché se è vero che agli scozzesi è sempre mancato l’ultimo passaggio buono, è altrettanto vero che quando muovono palla, bene o male, qualcosa si inventano e tengono vivo il possesso, nonostante la linea difensiva alta degli avversari.
La cronaca di per sé è spicciola, in termini di punteggio. La apre come detto il Galles, che attacca con consistenza, senza eccedere nelle frivolezze che ne hanno determinato tante sconfitte, ma badando al solito. E imbeccando la porta giusta al 7’, quando l’apertura Hook esplora il canale dove a fare da guardia c’è un concorrente più lento, il pilone Allan Jacobsen che se lo vede scappare via prima di servire il più facile degli ovali al folletto Shane Williams che schiaccia a terra. Hook converte, poi piazza tra i pali al 13’ e al 18’ per il 13-0 degli ospiti in questo derby celtico. La Scozia è in panne, come detto ipotizza che dopo diverse fasi di gioco il modo migliore per destarsi sia quello di servire attraverso il piede di Parks l’ala Nikki Walker, fisicamente più alto del diretto marcatore Williams, ma l’idea non va a buon fine. Esce l’estremo Hugo Southwell al 20’, colpito duro al volto. La sensazione è che i gallesi possano fare male di nuovo, da un momento all’altro. È in partita anche il centro Jamie Roberts, uno degli uomini più attesi al varco e che conquista il penalty del +16. Ma arrivano due regali inaspettati.
Mike Phillips perde un brutto pallone in avanti su una pedata alta di Walker e si scatena l’avanzata degli highlanders che arrivano ad un ciuffo dalla meta che riaprirebbe i giochi con Sean Lamont, entrato per Southwell. A quel punto, con l’accampamento nemico troppo vicino al forte, Bradley Davies commette fallo nel break down e si fa ammonire dall’arbitro George Clancy, quando siamo al 23’. La Scozia non ne approfitta, con cattive trasmissioni di ovali e venendo rispedita indietro, anziché avanzare. Ma quanto meno tiene il pallone e si rende pericolosa sulla corsia percorsa dall’altra ala Max Evans che viene presa al collo dall’estremo opposto Lee Byrne. E arriva al 27’ il secondo giallo: gallesi in tredici contro quindici. Alla fine, al 31’, visto che in meta non si va, Parks fissa la porta e smuove il risultato: 3-16.
La ripresa è concitata, nervosa, incasinata. Di fatto il Galles è di nuovo in parità numerica e placca soprattutto. Bella la prestazione della terza linea Danny Lydiate a tal proposito. Il pilone del Signore, lo scozzese Euan Murray, cede il posto al compagno Moray Low che garantisce costanza in mischia ordinata, conquistando un piazzato ai danni del rivale Paul James che al 58’ Parks trasforma per il -10, dopo tanti minuti spesi ad attaccare inutilmente. La Scozia procede per fasi, anche quindi; si affida a ball carrier esploratori come la seconda linea Alastair Kellock e all’open side flanker John Barclay; rischia di prendere meta di intercetto quando parte a razzo Roberts che viene agguantato ai pantaloncini di Lamont per un soffio, dopo essersi bevuto mezzo campo. Prima rischia, poi la piglia sul serio, dopo che Hook al 65’ era tornato a farsi vivo con un altro penalty mandato a buon fine, prima di cedere il testimone a Stephen Jones.
Scontro in mezzo al campo al 69’, Walker prova a riciclare al volo per Jacobsen che non controlla, Sam Warburton e Matthew Rees se ne impossessano, poi passa a J. Davies che calcia in avanti e arriva lesto Williams che corre a timbrare la doppietta che chiude definitivamente i giochi, con gli avversari che hanno il proprio estremo alto sulla linea dell’attacco e tutto il resto scoperto. Gli ultimi dieci minuti non regalano granché, se non davvero fasi confuse che sarebbe stato il caso di risparmiare allo spettatore, fischiando anzitempo la fine dell’incontro.
La faccia più che contrariata di Robinson nel gabbiotto dello staff scozzese valgono molto più di mille parole: i suoi hanno peccato di frivolezze, toh, giusto perché dall’altra parte c’era un Galles che ha saputo fare di peggio a volte. Agli scozzesi si addicono meglio le cose semplici, perché il Piano B faticano a metterlo in pratica. Quanto al Galles, ora pausa di riflessione perché viene a farci visita a Roma, il 26 febbraio, con una vittoria in cassaforte. Già li sentiamo: “Coraggio Italia, è ora di ripartire!” o “Italia, vendicati!”. Mica che si mettano a contrastarlo adottando la tattica a tutto gas inglese.
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