Anni prima, durante una festa aziendale, ero entrato nell’ufficio di Walter Faye a verificare certe voci che mi erano giunte riguardo a spogliarelli e bagordi vari, e ci avevo la signora Kling (la segretaria isterica e antipatica del capo, NdB), sola, ignara della mia presenza: irrigidita, scalza e senza camicetta, chiusa in un busto quasi dal collo all’ombelico come il caveau di una banca, piede sinistro proteso in avanti e pugni serrati a mezz’aria, con il sinistro a proteggere il volto, nella classica posa del boxeur di un attaccabrighe del porto. Era stato uno di quei momenti per i quali non si trova spiegazione, un’immersione subacquea trasfigurata dall’ebbrezza da profondità. Molto più tardi, vestita di tutto punto, la signora King era ricomparsa alla festa. E poi, come a dare pubblica dimostrazione dell’ottima qualità del suo apparato digerente, dell’efficienza triturante dei succhi gastrici, aveva vomitato su una scrivania ingombra di carte, creando così al tempo stesso una leggenda e un monumento a quella leggenda, la Scrivania Commemorativa di Thelma King.
[Americana, Don DeLillo, cit., p. 101]