Prima la finanza è stata salvata dagli stati, poi questi ultimi sono stati messi sotto accusa per i bilanci scassati proprio dagli esborsi in favore del più sfacciato profitto privato e in ogni caso dediti a vizi deplorevoli come il welfare e le tutele: la macchina del fango dell’ideologia liberista con la crisi da lei stessa indotta, si è scatenata cercando di dare la spallata finale al modello democratico. E bisogna dire che dopo trent’anni di egemonia culturale è riuscita ad ottenere un certo successo: negli Usa ha bloccato la riforma sanitaria e creato un movimento ultraconservatore, in Europa, con la complicità di malintesi interessi nazionali è riuscita a privare i Paesi della sovranità di bilancio, ora gestiti da organismi non elettivi e di natura essenzialmente finanziaria.
Ma non basta, occorre sfruttare fino in fondo il momento favorevole. Così in America i fratelli Koch, miliardari da chimica e petrolio, 50 milioni di dollari pagati per devastazioni ambientali e incidenti industriali, supportati da un’ incredibile schiera di multimilionari hanno deformato il partito repubblicano attraverso la creazione del Thea Party e sostenuto con stratosferiche sovvenzioni una galassia di oltre 30 associazione “amiche” tra cui Heritage Foundation, Manhattan Institute, George C Marshall Institute, Reason Foundation e American Enterprise Institute. Lo scopo dichiarato è stato quello di impedire qualsiasi tentativo di distribuire la ricchezza, sia pure attraverso i servizi. Tuttavia in Usa le cose sono più facili, si tratta di impedire a tutti i costi la creazione di uno stato sociale, anche a costo del default, In Europa invece si tratta di demolire ciò che è stato già creato e qui si agisce attraverso i tink thank, i media, l’infiltrazione dei partiti tradizionali, la creazione dal nulla di personaggi politici telecomandati, lo sfruttamento degli apparati dello stato che si vuole “ridurre” per il controllo sociale. Su entrambe le sponde dell’Atlantico il metodo è però sostanzialmente identico, anche se gli strumenti per attuarlo sono diversi: far sì che siano le stesse vittime a chiedere il loro deguello. In inglese questo metodo si chiama “campagna di erba sintetica” e si riferisce alla capacità di sollevare correnti di opinione popolare in favore degli interessi delle élite economiche : i “patrioti” americani che pensano alla riforma sanitaria come a una forma di comunismo, non sono molto diversi dalle piccole borghesie europee tenute per le palle dalla paura e favorevoli all’austerità che le sta distruggendo.
Ora però occorre raccogliere i frutti di queste campagne e l’occasione è a portata di mano attraverso l’apparentemente innocuo Transatlantic Trade and Investment Partnership, vale a dire il trattato per l’abbattimento delle barriere doganali tra Nord America ed Europa che ha già fatto accendere i turiboli della commissione europea: ”il più grande affare del commercio nel mondo” lo ha definito questo gruppo di scarti continentali (vedi qui ). Dietro le messe cantate alle nuove prospettive del mercantilismo, oggetto proprio in questi mesi di trattative segrete, c’è ben di più: la commissione ha fatto sapere che non si tratta solo di abbattere barriere doganali ma di ”affrontare gli ostacoli dietro il confine doganale, come differenze di regolamentazioni tecniche, normtive e procedure di approvazione” ( vedi qui ) in altre parole di mettere mano alle leggi e di trasformarle secondo le esigenze delle multinazionali. Non è una interpretazione capziosa visto che un documento pubblicato lo scorso anno da due grandi gruppi di pressione industriali, la Camera di Commercio statunitense e la Business Europa- Stati Uniti , spiega gli obiettivi del trattato: dovrà avere un “requisito proattivo”, dirigendo i governi a cambiare le loro leggi e anzi di riscriverle. “Mettere le parti interessate al tavolo con i regolatori ed essenzialmente scrivere insieme le normative” significa in sostanza che gli stati dovranno farsi dettare le condizioni dalle corporation .
Nuove leggi sulla proprietà intellettuale a cui finora gli stati hanno resistito grazie anche alle mobilitazioni che ci sono state, deregolamentazione degli appalti pubblici, assoluta libertà di manovra per le banche e gli istituti finanziari, controllo pervasivo della rete, eliminazione di ogni presenza pubblica nell’economia, strumenti di polizia sovranazionale, sono solo alcune delle clausole segrete in discussione. Un vero assalto diretto alla sovranità e alla democrazia per il quale si cerca di ottenere un consenso da parte dei cittadini ignari: aspettiamoci nuove “campagne di erba sintetica” a suon di Europa, libero mercato, crescita e quant’altro, magari condite da opportune dosi di paura centellinate dalle istituzioni finanziarie. Ed è in questo quadro che va inquadrata la fretta di cui parlavo ieri (vedi qui) nel voler mettere mano alla Costituzione, proprio per eliminare gli ostacoli che si frappongono alla legislazione dettata dalle multinazionali e sterilizzare definitivamente il fastidioso ruolo del Parlamento. Tutto questo mentre i salotti della sinistra si gingillano con i beau geste o la raccolta delle figurine e gli economisti si chiedono come mai si adottino linee di azione controproducenti, quasi fossero ignari che la scienza economica è in realtà opinione politica presentata come realtà oggettiva. Tutte cose che contribuiscono a disarmare e sconcertare in vista dell’attacco finale.