Non sarebbe male poter arrivare anche a definire lo Spirito, in modo da avere più chiaro di cosa è intermediaria l'anima ed aiutarci quindi nella sua definizione. Ma questa cosa è veramente fuori dalle intenzioni sia di questo post che di questo blog. Invitiamo perciò i lettori a porsi il problema in luoghi a ciò finalizzati. Però se qualcosa è intermediario di qualcos'altro, si può affermare che questo qualcos'altro le è, appunto, altro. Cioè esterno. Sembrano aver ragione i creazionisti e gli animisti quando affermano che, almeno per quanto riguarda le possibilità dell'anima, Dio è ovunque. Il mondo stesso essendo sua creazione è pregno del Suo Spirito. Insomma laddove lo volesse l'anima potrebbe fare tesoro delle esperienze terrene a un livello ben superiore a quello della coscienza ordinaria. Ricordiamo infine il concetto già espresso di schema neuronale che, sebbene sia legato alla fisiologia del cervello dell'uomo, o almeno del suo sistema nervoso, non può che influenzare il nostro mondo interiore, la nostra coscienza e di conseguenza la parte "al di qua" della nostra anima.
Vorremmo arrivare a dire che se l'anima può sostituire l'esposizione al “sole dello Spirito” con determinate esperienze per essa illuminanti, è proprio a questo punto che si inserisce la Sinestesi. E' infatti qui che l'arte torna alla sua antica e nobile definizione. Perché per avere esperienze reali, veramente formanti, l'anima può solo legare alla coscienza più profonda la successione, e quindi la gestione, delle apateporie. Deve cioè inserire il "dolore del vivere" in un contesto ultraterreno che lo giustifichi, anzi di più, che lo inquadri. Eviterà così la dinamica mutantroposnoblotica, innescando invece processi mutantrogenici evolutivi che portino il soggetto interessato sulla via del Metantropo. Già, ma la realtà di oggi è urbana, grigia, disturbata da comunicazione vacua, rumorosa e incessante, da continui fruscii di bias psichico. Il simbolo si perde, la disgregazione regna sovrana, l'olografia viene negata o parcellizzata e vanificata.
La Sinestesi, almeno nelle sue intenzioni, pone l'uomo in un ambiente altro, tranquillo e interiore. L'approccio all'opera lo predispone all'apertura, le suggestioni artistiche sciolgono i paradigmi, permettendo all'anima di percepire oltre la ragione. Ma ecco che interviene l'archetipo, riconosciuto almeno a livello inconscio, quindi efficace, che attiva lo schema neuronale ancestrale a mo' di universale culturale, iscritto in ogni psiche. Non è detto che l'effetto sia necessariamente "positivo", ovvero porti quello che si chiama "benessere", lusinga dell'ego oggi abusata all'inverosimile. Potrebbero verificarsi shock, delusioni, apateporie, perché la coscienza può arrivare a confrontarsi con propri aspetti irrisolti.
Però evocare un archetipo induce nell'anima un orientamento verso gli stati superiori dell'essere, che possono comprendere anche quelli spirituali. Nessun manufatto solo culturalmente connotato, come un dipinto figurativo o un oggetto di design, può garantire nulla di simile (per quanto nell'arte nulla si possa escludere). Ed etimologicamente ciò che unisce è simbolo, così come ciò che divide è diavolo. Speriamo sia inutile sottolineare che parliamo d'etimo, non di sanzione teologica.
L'anima, comunque vogliamo definirla, ha quindi modo di fare esperienze reali nei linguaggi che essa comprende per sua natura, fuori dal frastuono materiale del quotidiano. Certo, non equivalgono a un'esposizione al “sole dello Spirito”, ma ad esso preludono e soprattutto predispongono.
A condizione che l'archetipo sia rispettato e che l'ego dell'artista non intervenga ai suoi fini, la Sinestesi può risvegliare un’anima dormiente e riportarla a quell'orientamento che le permetta di svolgere la delicata intermediazione di cui essa sola può farsi carico.
Questa è la sfida che la Sinestesi lancia all'epoca d'oggi, perchè, anche dal misero punto di vista di questo secolo, che cosa dovrebbe fare l'Arte? Aprire gli occhi delle società a verità considerate altre, come se non facessero parte del ciclo normale dell'uomo, della vita e dell'universo. Tecnologica, archetipica, ana-egoica, la Sinestesi è la poetica di questo millennio che riporta l'arte alla sua formula Originale.