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È davvero un peccato che Tocqueville decida di rivelarci l’intimità del suo animo solo in finale di carriera, dopo averci rifilato centinaia e centinaia di pagine. Lo leggevamo, non è che ci piacesse da morire ma ci sembrava un tipino sennato, forse un pochino frou-frou, ma insomma sempre meglio di un Chateaubriand. Ci metteva in guardia dalle derive violente della democrazia, e chi ama la violenza? Solo i bruti, via. Certo, ci stupiva che non riuscisse a trovare neanche una attenuante agli effetti collaterali della Rivoluzione – non è che l’aristocrazia puoi abolirla con un frego di penna, no? – ma ricacciavamo lo stupore nella simpatia, doveva essersi sporcato la redingote di sangue, poverino. Poi abbiamo letto quell’appunto e un dubbio ci ha trafitto: ma vuoi vedere che si trattava solo di uno furbo? Più elegante di un Talleyrand, senza dubbio, e soprattutto con un visino così pulito, un così bel periodare… No, via, furbo no. Diciamo che aveva un gran bel garbo. Com’è che mi tornava in mente ’sta cosa di Tocqueville? Ah, ecco, mi tornava in mente leggendo Massimo Adinolfi su Il Mattino: «C’è qualcuno che vuole provare a difendere la politica romana, dopo l’inchiesta Mondo di mezzo? Nessuno. Dunque proviamoci. […] Si tratta di questo: l’inchiesta condotta dai pm romani ha portato alla luce una fitta trama di illegalità in alcuni settori dell’economia della capitale, che prospera grazie alla corrotta complicità delle burocrazie locali, e investe anche esponenti politici di rilievo, secondo responsabilità che devono essere accertate. È evidente che, posta in termini così asciutti, non vi sarebbe sufficiente materia per una settimana di titoli da prima pagina, o per parlare di mafia capitolina, o per evocare il clima di Mani pulite, secondo l’allarmata testimonianza di Raffaele Cantone, che al Corriere racconta come gli capiti sempre più spesso che la gente lo fermi per strada e gli chieda (o forse gli urli): arrestateli tutti. Ma si possono arrestare tutti? O anche: siamo sicuri che si devono arrestare tutti? Tutti chi, poi? Tutti i politici in quanto politici? Se parliamo di clima, non v’è dubbio che il clima sia quello, che il solo fatto di appartenere alla classe politica attira oggi sospetti e dicerie. […] Ma chi o cosa alimenta questo clima? La corruzione, certo. Il malaffare: è indubbio. Ma al momento il clima lo fanno le intercettazioni che finiscono sui giornali. Per carità: decida il Ministro, decida il Parlamento come e quando intervenire sulla materia, nel rispetto di tutti gli interessi coinvolti. Ma intanto non è forse un fatto che, ancora una volta, sulla base di intercettazioni che finiscono nei verbali di polizia indipendentemente dal loro rilievo investigativo e che vengono sparate come notizie prima e indipendentemente da qualunque accertamento, si travolge un’intera classe politica […]? […] Ma non è solo una questione di civiltà o di garanzie giuridiche […] No: la domanda più spregiudicata, ma necessaria, è la seguente: conviene? O forse, più precisamente: a chi conviene? A chi conviene questo bagno di sangue, questo lavacro purificatore, questa continua drammatizzazione mediatica e, suo tramite, la messa in stato d’accusa di un’intera classe politica? Al Paese non conviene». Un gran bel garbo, no? E poi che c’è di più raccapricciante del Terrore? Leggevo e mi dicevo: «Bravo, Adinolfi!». Poi m’è tornato in mente l’appunto di Tocqueville. E allora mi son detto: «Bravo, ma pure furbo?». No, via, impossibile. Niente da fare, è la simpatia che mi fotte.