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La sindrome dei trenta!

Creato il 25 maggio 2014 da Abattoir

Sono innumerevoli i post che parlano del famigerato avvento dei trent’anni. Quel momento in cui un picciotto si dovrebbe risvegliare dall’atavico sonno adolescenziale e mettere la testa a posto, proprio lì, tra le spalle, sopra il collo, dove è sempre stata e dove nessuno si è mai accorto che fosse.
In realtà, dopo una lunga gioventù, sempre più lunga e sempre meno gioventù, ci si rende conto che bisogna tirare le somme e fare un resoconto della propria esistenza.
Sono tanti i segnali che ci rendono partecipi della nostra esistenza, della nostra generazione. Adesso siamo noi che dobbiamo fare e non più dire. Smettere di lamentarci ed essere individui partecipi e produttivi di questa società, e che cazzo!
Quindi, inevitabile come l’amaro dopo il pranzo di Natale, arriva il tempo di salutare l’era da ventenne. Ineluttabile come i baci della nonna per il tuo compleanno arriva anche per noi il giorno in cui si festeggia il trentesimo natale. La tua personalissima conferma che, dopo dieci anni di comprensibili giustificazioni di gioventù, devi calarti nella parte dell’uomo maturo, riducendo al massimo le tue sparate da cazzone per darti una minima parvenza di persona adulta e vaccinata. 

È difficile rendersene conto ma sono infine gli altri che ti aiutano a ricordare che quella fatidica data si sta per compiere. In particolare però sono tanti i miti da sfatare. Ma è facile buttarsi giù quando, in una società come questa, a trent’anni sei ancora… un ragazzino.
Un ragazzino pelato e obeso magari, un ragazzino senza lavoro che vive ancora con i suoi, un ragazzino che non trova lavoro e non si vuole sposare. Un ragazzino che gira ancora in moto e fa il figo vestito, per l’appunto, come un ragazzino. Ad ogni modo ecco i falsi miti del trentenne:

Per esempio, il mito de: A TRENT’ANNI TI DANNO DEL “LEI”!
E beh… se a trent’anni sei grasso, pelato, con la barba sfatta, vestito come tuo nonno, puoi star certo che non ti direbbe “Ciao” nemmeno tua madre se ti incontrasse per caso al supermercato. In ogni caso non bisogna mai rilassarsi e la nostra apparenza è spesso il nostro essere. Una persona pigra già a trent’anni, sarà un brutto sessantenne a quarant’anni! E poi se un moccioso ti si avvicina chiedendoti: “Senta, mi scusi, ha una sigaretta!?” puoi tranquillamente rispondergli: “Vattele a comprare, pidocchioso bimbo minchia!” – vuoi mettere la soddisfazione?

Per esempio, il mito de: A TRENT’ANNI VAI AI MATRIMONI DEI TUOI AMICI!
Sì, effettivamente trent’anni fa ci si sposava presto, e mio padre a trent’anni aveva due figli, ma anche un lavoro a tempo indeterminato per poter mantenere la famiglia. Io fortunatamente non sono ancora stato invitato a nessun matrimonio, vuoi mettere lo sbatti per comprare il vestito, i soldi da tirare fuori per il regalo, no e no… molto meglio non essere invitato a nessun matrimonio, mi sono già bastati quelli dei miei fratelli. In ogni caso, puoi sempre rifiutare l’invito!

Per esempio il mito de: MA CHE MUSICA È QUESTA!?
Insieme all’età aumenta anche la chiusura verso il cambiamento. Si diventa più conservatori ed ermetici verso mode e costumi. Sicuri che la propria realtà sia la migliore, ci si rende fondamentalmente ostici verso le nuove tendenze, come la musica. E sì, paragonare i fantastici anni Novanta a quello che circola oggi è un po’ forzato, sì ma Skillrex spacca di brutto!

Per esempio il mito de: ADDIO AGLI AMICI!
Certo, se uno di questi famigerati amici ti ha invitato al suo matrimonio e non ci sei andato è chiaro che viene un po’ difficile uscirci insieme, ma anche in quel caso puoi stare sicuro che la vita da ammogliato (o da maritata) non implica necessariamente un esilio da eremita. La rimpatriata esiste ed esisterà per sempre, e sono la lontananza e la voglia di rivedersi dopo tanto tempo che mantengono i rapporti veri e sinceri!

Per esempio il mito de: ADDIO AI WEEK END!
Se hai la fortuna di avere un lavoro, anche se non hai trent’anni, di sicuro la voglia di uscire ogni sera verrà a mancarti, sennò come cazzo fai ad alzarti la mattina? Lo stress e la stanchezza mentale sono dietro l’angolo è vero, ma vuoi mettere una sbevazzata con gli amici o una bella mangiata ricreativa!? Sono queste le piccole cose che cambiano le grigi giornate di un impiegato trentenne. Ovvio che particolari esigenze casalinghe di coppia costringono i nostri neo-trentenni a lunghi periodi lontano dalle sale da ballo o dai bar. Ma anche in quel caso, avere una casa da curare o una compagna da soddisfare non è detto che sia un male! Esistono tra l’altro anche le ore diurne, fenomeno sconosciuto ai ventenni a quanto pare!

In buona sostanza, bisognerebbe approfittare di questo periodo anche se si arreda la propria stanza da Ikea e si passa tutto il sabato pomeriggio a montare un fottuto comodino, perché spesso basta accontentarsi di poco per essere felici, come dice l’economista francese Jacques Attali: tutto ciò che è ancora bello a trent’anni, è triste a cinquanta e grottesco a sessanta.

E se hai ancora paranoie post-adolescenziali ascolta il signor Pierre Baillargeon, giornalista canadese: a trent’anni non si hanno delle pene infinite, perché si ha ancora troppa speranza, e non si hanno più desideri esagerati, perché si ha già troppa esperienza.
Niente può tenerci lontano dall’idea di evadere e cambiare vita, se non la droga, l’amore e forse il tempo. Considerato che droga e amore scarseggiano di questi tempi, non resta che rassegnarci con l’avanzare del tempo. Ed è forse questo che genera una depressione generazionale, l’opporsi o il negarsi ad una incredibile situazione di piacere che si cercava di raggiungere da ragazzi.

L’età, si sa, è poi percepita in maniera diversa tra uomini e donne. Per buttarla sul frivolo, la grande e indimenticabile Coco Chanel metteva in evidenza un importante problema esistenziale dicendo che: a trent’anni una donna deve scegliere tra il suo didietro e il suo volto.

E poi c’è chi ha capito tutto e magari la butta sul ridere come il regista attore francese Sacha Guitry, che commentando lo stato da trentenni delle donne dice con un filo di humor nero: è fra i trenta e i trentuno anni che le donne vivono i dieci migliori anni della loro vita.

Ma il “problema dei trent’anni” è stato analizzato sotto vari punti di vista anche da cantanti come Jacques Dutronc, che sottolineava come non ci si debba mai rassegnare al passare del tempo perché: molti muoiono a trent’anni. E sono sepolti quarant’anni dopo.

In conclusione, come disse Martin Lutero: chi non è bello a vent’anni, forte a trenta, saggio a quaranta, ricco a cinquanta, non può sperare di diventarlo in seguito.
È giunto quindi il momento di essere forti e sicuri di se stessi come puntualizza il buon vecchio Martino: contare oggi più che mai sui propri mezzi e mettercela tutta per dare il massimo. Trent’anni non sono una vita, quasi sicuramente metà se tutto va bene, ed è già tanto esserci arrivati sani e salvi. È il giro di boa che ci fa guardare indietro la strada percorsa fino a quel momento.

I trenta non sono né un arrivo né una partenza, sono il rifornimento se vogliamo, il refrigerio dopo una lunga corsa sotto il sole, sono il ristoro dopo giorni di digiuno.

I trenta sono quel momento in cui ti guardi allo specchio e invece di vederti bello ti vedi interessante, e vuoi che anche il mondo si interessi di te, per quel poco che gliene possa fottere al mondo! Sai i casini che ha?!?


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