La doppia sfida degli ottavi di finale di Champions League tra Inter e Bayern Monaco ha permesso di diagnosticare ufficialmente la sindrome dell’“anti-Buffon” occorsa a Julio Cesar Soares Espìndola. Se non fosse stato per il suicidio calcistico dei tedeschi sul 2-1 in casa dopo la vittoria di San Siro, l’Inter avrebbe salutato la competizione proprio a causa di due clamorosi errori del portiere brasiliano di cui ha beneficiato l’attaccante Mario Gomez.
Le precedenti “papere” nel corso della carriera di Julio Cesar, come il gol concesso su un tiro non irresistibile di Brocchi nel 2006 o il fallito dribbling fuori area di rigore che permise un bel pallonetto a Zalayeta nel 2008, furono isolati episodi di un percorso in crescendo che dalla sponda Flamengo di Rio de Janeiro, passa da sei mesi di panchina nel Chievo Verona, per poi esplodere all’Inter. Da qualche anno è arrivata anche la consacrazione come miglior portiere al mondo, da parte di pubblico e critica, nonostante l’Istituto internazionale di storia e statistica del calcio gli preferisca da tre anni lo spagnolo Iker Casillas (e non si capisce proprio il motivo a parte l’ultimo mondiale) in quello che è il pallone d’oro dei portieri.
Da un anno però le papere e soprattutto le continue incertezze, o meglio la perduta perfezione, fanno di ulteriori episodi sfortunati non più casualità ma sintomo di un calo generale, tecnico, psicologico e fisico. A partire dal gol di Kalou nell’andata dei quarti di finale in Champions League contro il Chelsea, la rete di De Rossi nella sfida scudetto a Roma, per culminare nella doppietta concessa a Mario Gomez.
Come fu per il connazionale Nelson Dida, colpito da un fumogeno nel 2005 nei quarti di finale di Champions contro l’Inter che diede il via a una clamorosa inversione di marcia nella carriera di quello che era considerato il miglior portiere al mondo in quel momento, molti imputano la causa della débâcle di Cesar a un incidente stradale nel febbraio 2010 quando si schiantò contro un muro a bordo della sua Lamborghini. Gli effetti, per fortuna dei tifosi interisti, sono ancora ben lungi dall’essere gli stessi, ma forse non è un caso che si faccia già il nome di Emiliano Viviano, giovane promessa del Bologna in comproprietà proprio con il club nerazzurro, per il futuro anche immediato.
Per due motivi non deve ingannare la straordinaria abilità con cui il Julio Cesar continua a parare molti rigori. Il primo è che sia Javier Pastore che Andrea Caracciolo, gli ultimi in ordine di tempo, hanno calciato due pessimi tiri, non abituati forse alla pressione che un rigore decisivo per la vittoria nei minuti finali contro la squadra più forte del campionato può dare. Il secondo è che, nonostante ciò che può pensare chiunque non abbia mai provato a giocare in porta con un certo impegno, l’abilità nei calci di rigori è solo uno degli ultimi parametri con cui si misura la bravura e l’efficacia di un portiere (ciò che vale per il Nino degregoriano vale anche per il ragazzo che aveva di fronte). Nemmeno le spettacolari parate del brasiliano sono esenti da questa considerazione perché semplicemente applica i suoi punti di forza, tempo minimo di reazione, esplosività e grande spinta delle gambe, oltre alle conclusioni dalla distanza anche ai tiri dal dischetto. Punti di forza che lo avvantaggiano rispetto a Gianluigi Buffon in questo fondamentale.
Del capitano azzurro si ricordano solo due rigori parati in carriera, entrambi all’Europeo del 2008: il pessimo tiro di Adrian Mutu e il timido tentativo di Daniel Guiza. Nonostante questo è senza dubbio il miglior portiere al mondo in attività e uno dei migliori della storia. Grande reattività supportata da intelligenza tattica, capacità tecniche illimitate e straordinaria eleganza sono le caratteristiche che permettono a Buffon di rimanere il portiere più affidabile al mondo, nonostante il suo declino fisico e psicologico sia cominciato già da qualche anno, esattamente dopo la fine di quello sfortunato Europeo, acuito da una serie impressionante di infortuni.
La scuola “portieristica” brasiliana è ormai la migliore. Manca però ancora la tradizione, la poesia e la genialità del ruolo che tutta una nazione riconosce e tributa. È da pochi anni che i brasiliani si accorgono che esistono anche i portieri in campo. Albertosi, Zoff e Zenga invece erano idoli di molti ragazzini italiani anche più di parecchi attaccanti. Buffon è il retto e il metodico che eccelle in una base di genialità e abnegazione nella sacralità del ruolo che il portiere incarna come ultimo baluardo della difesa. Essere abituati a reggere la pressione e la responsabilità ultima di tutta una partita costruita sulla solidità difensiva, sentirsi degli eroi perché sei la base del castello di carte che trema ad ogni pallone vagante in area di rigore e che grazie a te non crolla. Questo significa essere portieri italiani.
Buffon rimane più forte di Julio Cesar proprio perché non para i rigori. L’interista è l’ultima vittima della sindrome dell’“anti-Buffon”. Gigi non aver paura di non parare un calcio di rigore.