Vorrei riallacciarmi all’articolo di Julia sull’endometriosi e raccontare la mia esperienza di donna affetta da sindrome dell’ovaio policistico. Niente informazioni mediche, solo la mia storia. Se cercate informazioni, potete trovarle qui: http://www.pcos-italy.org
Il mio incontro con la PCOS è stato tardivo: nonostante segnali importanti fin dalla pubertà, quali amenorrea, aumento di peso, ciclo molto doloroso, leggero irsutismo e nonostante io abbia frequentato con assiduità il consultorio fin da giovanissima, accompagnata da mia madre prima e da sola da ragazza poi, a nessuno dei medici che ho incontrato è mai venuto in mente che un’ecografia avrebbe svelato l’arcano che avvolgeva i miei disturbi.
In altre parole, anch’io mi sono scontrata con la superficialità del personale sanitario che ha incrociato la mia strada, che mi ha catalogata come ragazzina dalla lacrima facile, incapace di accettare la normalità del dolore che avrebbe accompagnato la mia vita di donna.
Un po’ perplessa, giovane e inconsapevole, ho accettato questo giudizio: evidentemente ero io che la facevo lunga.
Finché in età un pochino più avanzata e per ragioni di natura contraccettiva, mi sono avvicinata alla pillola anticoncezionale.
Mi si è aperto un mondo: un netto peggioramento delle mie emicranie, comparse già nella più tenera infanzia, ma dolori molto più accettabili, irsutismo regredito, molte meno difficoltà a mantenere un peso normale, senza considerare la tranquillità legata alla contraccezione.
Ma ancora a nessuno è venuto in mente che potesse esserci un problema diverso dalla mia insofferenza.
Sono passati anni relativamente tranquilli e a un certo punto io e mio marito, ormai ben adulti, abbiamo pensato che sarebbe stato molto bello avere un figlio e quindi niente più pillola.
E subito sono iniziati i guai: non solo non rimanevo incinta, ma il ciclo appariva e scompariva senza regole. Dopo anni passati a occuparsi di evitare una gravidanza che non volevamo, ci siamo trovati ad affrontare una gravidanza voluta che non arrivava.
A quel punto, interpellata la ginecologa del consultorio dove andavo da sempre a fare i normali controlli annuali, di fronte al problema dell’infertilità, ecco che la PCOS è venuta subito a galla: un’ecografia ha mostrato molto chiaramente che le mie ovaie sono fatte così, lavorano all’impazzata ma senza portare a temine l’ovulazione e contemporaneamente portandosi dietro tutta una serie di altre delizie.
Ma la cosa più penosa col senno del poi, perché in quel momento io stessa ero così concentrata sull’idea di avere un figlio che non ho pensato quasi a nient’altro, è stato che la mia ginecologa ci ha tenuto a precisare che la sindrome dell’ovaio policistico è appunto “solo” una sindrome, non una patologia, nonostante le conseguenze evidentemente patologiche che si porta dietro: insulinoresistenza col tempo, aumento di peso a causa della sua interazione con il metabolismo degli zuccheri, irsutismo e acne (che mi si dirà non essere patologici, ma vorrei fosse chiaro che in alcuni casi cresce letteralmente la barba e che non si parla dell’acne che tutti abbiamo affrontato durante la pubertà). Il commento della mia ginecologa è stato questo, e ha aggiunto di non preoccuparmi, che un figlio l’avrei avuto di sicuro, ero giovane e c’era tempo.
Non essendo sufficiente però la semplice ecografia per una diagnosi, mi sono stati ordinati una serie di esami del sangue, che hanno confermato la sindrome e messo in luce un altro problema alla tiroide. Insomma, le mie ovaie sono iperattive e tendono al superlavoro, la mia tiroide è debole e delicata, si infiamma spesso e quando lo fa impazzisce e tende allo stacanovismo più sfrenato, per tornare in condizioni normali a guarigione avvenuta.
Fare questa diagnosi è costato un’estate di esami del sangue a giorni alterni, numerosi altri accertamenti pesanti e continui che hanno escluso patologie innominabili e che mi hanno lasciata in sospeso: che fare? Per il momento la risposta è stata: nulla. Si tiene monitorata la situazione e si aspetta che peggiori al punto di doverla trattare nei sintomi.
Eh, già. Perché è bellissimo avere qualcosa che non si riesce a definire come patologico! La mia ginecologa ha candidamente affermato che l’ovaio policistico colpisce mediamente una donna su due (stima esagerata, ma queste sono state le sue parole). Si trattano i sintomi con la pillola anticoncezionale se non si desiderano figli, si stimola l’ovulazione attraverso la somministrazione di ormoni se si desiderano figli. Ma nessuno sa perché, che cosa determina la comparsa della sindrome; nessuno si preoccupa di identificarne le cause.
Stessa cosa per i problemi della tiroide: una donna su due nel corso della vita va incontro all’ipotiroidismo, che viene trattato somministrando la dose di ormoni che viene a mancare. Perché la tiroide scade in ipotiroidismo? Mistero.
Nel mio caso, la PCOS è stata identificata tardivamente e trattata solo come malattia della riproduzione.
Oggi ho due figli e considero soddisfatto il mio desiderio genitoriale e delle mie ovaie non si cura più nessuno: l’unica proposta che mi fanno è di riprendere la pillola, salvo sconsigliarmela per un aumentato rischio di tumore al seno, purtroppo frequente nella mia famiglia. E quindi? Quindi per rimanere normopeso dovrei limitare la mia dieta a 1100 calorie al giorno, fare sport e non mettere nemmeno un cucchiaino di zucchero nell’unico caffè che bevo al mattino; mi devo tenere il mio mal di pancia quando il ciclo si fa vivo un paio di volte l’anno, devo tenermi il doloretto continuo alle ovaie che mi accompagna ogni ora del giorno e della notte.
Ma tanto i figli li ho, che altre pretese potrei mai avanzare? Non sarò mica una di quelle donnette isteriche che vorrebbero una vita senza dolore fisico e senza sacrifici, magari tenendomi care le mie pur difettose ovaie?
Beh, sì.
Sarà mica chiedere troppo???