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La sindrome della formichina

Creato il 22 giugno 2011 da Albino

E’ incredibile il quantitativo di ciarpame che uno puo’ accumulare anche solo in un anno e mezzo di vita. E’ nel momento in cui capita di dover traslocare che ce ne si rende conto.

In Giappone spesso vige la regola del doppio armadio. Nel primo si mettono le cose che si sono usate nell’ultimo anno, nel secondo quelle che non si usano piu’. Se una cosa dell’armadio numero 2 viene usata, passa all’armadio numero 1. Ogni anno si esamina l’armadio numero 1, e si sposta nel 2 tutto quello che non si e’ usato nell’ultimo anno. Ma prima di far questo, si butta via tutto il contenuto dell’armadio numero 2. O lo si mette in scatole, per poi buttarlo via l’anno dopo. In questo modo si riesce a sopravvivere in case piccole come quelle giapponesi, dove se si accumulano le cose per anni come facciamo noi italiani, alla fine si viene sopraffatti dalla merda.

Quante volte ho sentito dire (e detto io stesso): e’ un peccato buttarlo, e’ ancora nuovo, magari torna di moda. L’ho detto per una giacca larghissima che si usava anni fa, mentre da anni va l’attillato. E’ li’, ferma dai tempi dell’Australia, e non ricordo neppure l’ultima volta che l’ho messa. L’ho detto per quei jeans con la caviglia larga, che non vanno piu’ da tempo, “ma magari tornano di moda”. Solo che la moda torna simile, ma mai uguale a se stessa. Si diceva che c’era un ritorno degli anni ’70, ma io vedo tutto nuovo, a parte qualche alternativo o pancabbestia che sia, nessuno e’ andato a rovistare tra gli scatoloni di mamma e papa’ alla ricerca di blue jeans anni ’70. Perche’ e’ simile ma diverso: sono diversi i materiali, sono diversi i particolari.

Ma non sono solo i vestiti che si accumulano negli armadi. Appunti, bollette vecchie di anni, biglietti di auguri, scatole e scatolette, vecchi occhiali da sole, vari ricordi gia’ dimenticati, chiusi in un armadio a prender polvere.

Solo che la vita continua, e quando si trasloca e’ il momento di decidere cosa e’ davvero importante e cosa non lo e’. E si capisce, o almeno io capisco, quanto siamo abituati ad accumulare solo per il gusto di farlo, come se la vita non fosse altro che cio’ che possediamo, come se i ricordi fossero negli oggetti che mettiamo via e non nella nostra memoria.



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