La sindrome di Stendhal. Un sera al MAXXI

Creato il 07 giugno 2010 da Labandadeibroccoli
Quella sera c'era nell'aria odore di gelsomino, un odore profondo, pieno, densissimo, avremmo detto “prepotente” se non fosse che è il nostro fiore preferito.Eravamo riusciti a prenotare i biglietti per l'ultimo ingresso, quello delle 23.30, ma già un'ora prima abbiamo parcheggiato e dopo 10 minuti aspettavamo, seduti a terra, davanti all'ingresso, che i gentili signori in giacca e cravatta ci dessero il permesso per entrare.Codice alla mano è bastato un cenno ed eravamo già in prima fila, emozionati come da bambini davanti al Luna Park.Quasi di corsa siamo arrivati davanti all'ingresso di quello che da lontano ci era sembrato un castello del futuro: il MAXXI – Museo delle Arti del 21° secolo, a Roma opera mirabile dell'architetto iranianiano Zaha Hadid. “Lo schiaffo estetico che sveglia Roma”, citando “Le Figaro”. Un “ossimoro temporale” in questo periodo di tagli alla cultura, l'apertura di uno spazio che è stato internazionalmente riconosciuto come uno degli spazi più belli d'Europa.Il primo mancamento, giramento di testa, brivido, ancor prima di entrare fisicamente nel museo.Il grande scheletro disteso all'ingresso più che addormentato pare aspettare il momento giusto per alzarsi. È “Calamitia cosmica” di Gino De Dominicis. Di lui diciamo solo che è stato un genio e che varrebbe la pena visitare il MAXXI solo per la sua personale. Il resto scopritelo da soli...Una chicca, pare che Zaha Hadid, la sera dell'inaugurazione non volesse scendere dalla macchina quando ha visto l'enorme scheletrone con il naso di Pinocchio disteso a terra...Ma ci conceda la Hadid di dissentire, l'opera di De Dominicis non è morte, ma immortalità.Il viaggio emozionale all'interno degli spazi ci ha portato ad incontrare artisti del calibro di Alighiero Boetti, Francesco Clemente, William Kentridge, Mario Merz, Gerhard Richter, Joseph Beuys, Giuseppe Penone, Anish Capoor e tantissimi altri che ci vorrebbe un post solo per scriverli tutti e un blog intero per descriverne i capolavori.Bisogna andare, prendersi una mattinata, un pomeriggio e perdersi tra scale, che sembrano portare in cielo, vetrate sospese nel vuoto, lasciare fuori dai cancelli la ragione e la logica ed entrare, ad occhi chiusi e trattendendo il respiro, nello specchio come Alice nel Paese delle Meraviglie.Perchè un po' questo ci è sembrato il MAXXI, un Paese delle Meraviglie dove, come scrive Stendhal, nel libro "Napoli e Firenze: un viaggio da Milano a Reggio" siamo giunti “...a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere.”.Ecco noi ci siamo sentiti proprio così...

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