Troppo disinvoltamente cruento è il continuo appello ai sacrifici: parola che specie i cristiani dovrebbero avversare. Il cittadino immerso nel disagio non è bestia da immolare, e i diritti civili servono precisamente a questo: a farlo sentire padrone di sé, malgrado la pressura. La laicità, Rodotà lo spiega nel suo ultimo libro, non è solo tutela della res publica e della sua pluralità dalle ingerenze vaticane. È autonomia del singolo - in scelte che riguardano i suoi stili di vita, dunque anche di morire - da qualsiasi morale esterna: della Chiesa, del potere statale, di quello medico (Il diritto di avere diritti, Laterza 2012). L'uomo solo non è per forza impotente; e l'impotente - diceva Havel durante il comunismo - ha poteri che non sospetta. Berlusconi, dominus e beneficiario dell'odierno appeasement, non dice solo che la guerra è finita, inclusa quella morale. Dice che le decisioni cruciali concernenti le istituzioni, la Costituzione, i diritti, andrebbero discusse, se possibile sotto la sua guida, "nel chiuso di una stanza. Non possiamo tollerare veti alla mia persona imposti dai giornali".
Ben altro sarebbe intollerabile: che giornali e Rete accettino veti di occulti conciliaboli. Che la democrazia smetta d'essere polemica: all'aperto, non in una stanza. È sperabile che i giornalisti continuino le loro inchieste, difendendo la laica separatezza del Quarto Potere. Che denuncino la nomina del deputato Pdl Michaela Biancofiore, disgustata dai matrimoni gay, a sottosegretario alle Pari Opportunità: strafottenze simili le correggi, ma restano. O la scelta come rappresentante nell'Assemblea parlamentare Euromediterranea di Antonio D'Alì (Pdl), imputato per concorso esterno in associazione mafiosa. O la carica di sottosegretario alla Pubblica amministrazione conferita a Gianfranco Micciché ("grazie a Berlusconi e Dell'Utri", ha detto al Corriere). Sono gesti che spiegano i silenzi sui diritti. C'è chi dice: moriremo democristiani. Non credo. Andreotti collaborò con la mafia, e a tutti insegnò il potere per il potere. Ma si difese nei processi, non li schivò. Non così Berlusconi, che spregia laicità e diritti ma della Dc è falso erede. Che ha abituato gli italiani a temere i tribunali, a disperare della giustizia. Difficile dimenticare le parole di Enrico Letta, il 30 novembre 2009 sul Corriere, quando definì inopportuna ma legittima la fuga di Berlusconi dai processi. La politica oggi ha poco a vedere con la Dc, e molto con la perdita di potere sovrano dei cittadini. Vale assai più per loro che per i governanti il detto di Andreotti: "Il potere logora chi non ce l'ha".
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