Siede sul consueto trenino diretto a Montebello, carica come uno sherpa nepalese. Sulle sue ginocchia campeggiano un sacchetto di tela e due borse, una delle quali mi provoca un certo straniamento: rosa e fucsia, pelosa, con un pupazzo sul davanti, mi pare difficilmente associabile alla donna che vedo di fronte a me. Mentre le lezioni liceali su Pirandello e il suo sentimento del contrario tornano a turbare la mia quiete pendolare, mi accorgo della legittima proprietaria dell’oggetto: una bambina che chiede alla mamma di poter fare un’altra partita al giochino che rumoreggia dal cellulare che tiene in mano. “Una e poi basta”, è la risposta della donna, che torna ad immergere il naso nel volume spiegazzato, su cui compare il timbro di una biblioteca comunale.
La lettura de La sirena dura poco: a Due Ponti il telefono passa dalle mani della bambina a quelle della madre. È il momento di avvertire il terzo membro della famiglia che il treno sta per arrivare a destinazione.
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